«Non temiamo le nuove regole». Giulio Tremonti non ci sta a fare il sorvegliato speciale dell’Europa. Il commissario agli affari monetari, Olli Rhen (che giovedì ha puntato il dito sull’enorme debito pubblico italiano), può sbraitare quanto vuole. Ma, ha spiegato il ministro dell’Economia a margine dell’Ecofin, «visto che la crisi è venuta dalla finanza privata e non da quella pubblica, siamo convinti che per l’Italia un conteggio algebrico tra attivi e passivi ci metta in zona di sicurezza». La tesi, non nuova, è che malgrado le apparenze (un debito pubblico al 118,2% ben oltre la soglia del 60% prevista dal nuovo patto di stabilità) l’Italia abbia una solidità sul fronte del risparmio privato che la mette al riparo dai terremoti che hanno scosso l’Europa. Non si può, ha spiegato Tremonti, «guardare in una tasca e non in un’altra». Anche il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha ricordato che il problema del debito «non riguarda solo l’Italia» e che comunque il nostro Paese «non è a rischio sanzioni». Rehn non ha rinunciato alla controreplica: «Mi dovrei comprare una giacca italiana ben tagliata per capire come funziona il meccanismo della doppia tasca».
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