Mentre gli italiani stringevano la cinghia per far quadrare i conti pubblici il fisco si perdeva la metà dei soldi per strada. Se qualcuno ha ancora difficoltà a capire come ha fatto Equitalia ad accumulare dal 2000 al 2016 ben 817 miliardi di crediti fiscali, di cui 765 non più esigibili per vari motivi, è utile sfogliare la delibera 7/2017/G della Corte dei Conti dello scorso 20 giugno relativa agli effetti del contenzioso tributario dal 2011 al 2016, proprio gli anni dell’austerity di bilancio inaugurata da Mario Monti e mai più cessata. Il rapporto, come scrive Italia Oggi, prende in esame gli accertamenti sostanziali emessi dall’Agenzia delle entrate nel quinquennio. Ebbene, su una maggiore imposta accertata di 87,5 miliardi di euro, il 20% è stato definito da cittadini e imprese tramite una serie di strumenti definitivi. Dall’adesione, alla mediazione, fino alla conciliazione giudiziale. Un altro 31,47% è invece finito sui tavoli delle commissioni tributarie, oggetto di contestazioni formali e sostanziali. Si arriva così al 51,47% della somma complessiva.
Al principio fu creato l'universo. Questo fatto ha sconcertato non poche persone ed è stato considerato dai più come una cattiva mossa. (Douglas Adams)
mercoledì 28 giugno 2017
Quasi un milione di cartelle esattoriali non riscosse: 93 miliardi in fumo
L'Inps paga in ritardo: lei si dà fuoco
Dal 24 gennaio al 26 giugno.Sei mesi senza lavoro e senza indennità di disoccupazione. Concetta Candido, che ieri esasperata fino all’inverosimile dalle lungaggini burocratiche e dalla difficoltà di vivere senza un soldo, ha deciso di darsi fuoco nella sede Inps di Torino, non è la prima e non sarà l’ultima, purtroppo, a dover fare i conti con la lentezza della macchina assistenziale.
martedì 27 giugno 2017
Le pensioni dei politici? Costano più dei vitalizi
La toppa peggiore del buco. La smania dei partiti (Pd e Cinque stelle in testa) di mostrare agli italiani il proprio vigore nel combattere i privilegi della casta rischia di giocare un brutto scherzo ai contribuenti. Dopo vari stop and go, agguati, fughe in avanti e ripensamenti, il testo base adottato dalla commissione Affari costituzionali della Camera per spazzare via defintivamente dall’orizzonte normativo italiano i vitalizi dei parlamentari, a meno di ulteriori colpi di scena, dovrebbe approdare a giorni nell’Aula.
domenica 25 giugno 2017
Il governo se la prende comoda sul decreto affossa-risparmio
Alla fine, tra le esigenze dei risparmiatori e quelle del sistema creditizio hanno prevalso gli interessi di bottega. Ovvero evitare che 4 milioni di italiani oggi si recassero alle urne per il secondo turno dei ballottaggi con le prime pagine dei giornali occupate dall’ennesimo pasticcio del governo sulle banche. Dopo una giornata di attesa e di indiscrezione, in serata Palazzo Chigi ha fatto sapere che per il decreto sulla liquidazione delle banche venete ci vuole ancora un po’ di tempo. Il Consiglio dei ministri inizialmente previsto per ieri all’ora di pranzo si terrà probabilmente questa mattina.
venerdì 23 giugno 2017
Per i sindacati ogni motivo è quello giusto: dagli orari di lavoro alla conquista del potere
Dal rinnovo dei contratti all’orario di lavoro, passando per le ristrutturazioni aziendali, la competizione fra sigle e le decisioni politiche. In altre parole, in Italia quasi ogni motivo è buono per incrociare le braccia. I numeri snocciolati ieri dal Garante per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali, Giuseppe Santoro Passarelli, nel corso della sua relazione annuale alla Camera parlano chiaro. Nel 2016 sono state proclamate ben 2.352 (2.261 nel 2015) agitazioni, di cui 1.488 (1.471 nel 2015) effettivamente realizzate per un numero complessivo di 840 giornate interessate dalle azioni di protesta.
martedì 20 giugno 2017
Dieci milioni di clienti in più per la tivù cinese di Giglio
Il campione italiano dell’ecommerce prosegue la sua corsa. Dopo l’accordo con Amazon in Europa, che ha permesso al suo canale tematico Nautica Channel di sbarcare anche (già è presente in 42 Paesi e 4 continenti con programmi in sei lingue diverse) sulla piattaforma di Jeff Bezos (una pay tv dedicata agli utenti “Prime”) in Germania, Regno Unito ed Austria, Giglio Group è tornato a muoversi sul territorio cinese, dove già domina il settore delle vendite on line del made in Italy di lusso.
venerdì 16 giugno 2017
La beffa degli appalti Consip: i costi per lo stato sono più alti
L’Accademia aeronautica di Pozzuoli ha registrato un incremento delle spese di 35mila euro al mese nel 2013 e di 410mila euro l’anno nel 2014. La Scuola sottuficiali di Caserta ha speso 178mila euro in più a semestre nel 2013 e 335mila euro l’anno nel 2014. Per il 28° Reggimento “Pavia” l’aggravio è stato di 363mila euro in un triennio. Sono solo alcuni esempi dell’effetto perverso del modello Consip applicato alla manutenzione degli immobili pubblici: nato per snellire, migliorare e risparmiare ha prodotto sprechi, inefficienze e burocrazia.
giovedì 15 giugno 2017
I crediti marci vanno in Borsa
DoBank ha rotto gli indugi. Bruciando le tappe e smentendo chi prevedeva uno slittamento del dossier a settembre, per evitare il rallentamento estivo dei mercati, la società attiva nella gestione di portafogli di crediti in sofferenza, ha presentato ieri a Borsa Italiana la domanda di ammissione a quotazione sul Mercato telematico azionario.
mercoledì 14 giugno 2017
Più romeni e meno italiani. La Penisola cambia connotati
Diminuisce la popolazione. Ma diminuiscono soprattutto gli italiani, sostituiti a ritmi frenetici da 5 milioni di cittadini stranieri di oltre 200 nazionalità, che rappresentano l’8,3% dei 60.589.445 residenti. Il saldo complessivo del 2016 è negativo per 76mila unità (-0,13%). Una cifra determinata da una flessione massiccia della popolazione italiana (-97mila) e da un aumento consistente di quella straniera (+21mila).
martedì 6 giugno 2017
Il governo vende l'Ilva a chi mette meno soldi
Malgrado gli appelli di governatori, sindaci e sindacati, i rilanci migliorativi di AcciaItalia e la prospettiva di un ingarbugliato contenzioso a colpi di ricorsi e rilievi Antitrust, il governo è andato dritto per la sua strada. In serata il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, ha firmato il decreto di aggiudicazione del Gruppo Ilva, accordando la vittoria della gara ad Am Investco Italy, la joint venture composta da ArcelorMittal (85%) e Marcegaglia (15%), che secondo i commissari aveva ottenuto il punteggio più elevato.
domenica 4 giugno 2017
Renzi come Totò. Vuole venderci la fontana di Trevi
Non bastavano i prestiti sotto forma di Bot e Btp. Ora gli italiani dovranno pure acquistare pezzi di immobili pubblici per aiutare lo Stato ad abbattere il debito. «Presenteremo un’iniziativa», ha annunciato Matteo Renzi al Sole 24 Ore, «che consenta ai cittadini di avere forme di rendimento sicure e solide anche attraverso la partecipazione ai beni immobili e mobili che costituiscono il patrimonio di amministrazione centrale ed enti locali».
L’operazione, ha assicurato il segretario Pd in perfetto stile Totò (ricordate la famosa vendita della Fontana di Trevi al povero Decio Cavallo?), «è potenzialmente win win». In altre parole, vincono tutti. Lo Stato perché «riduce i costi del debito e aumenta la credibilità del Paese», i cittadini perché potranno avere «una forma di rendimento sicura».
Sul beneficio per lo Stato ci sono pochi dubbi. Quello dei contribuenti, però, è tutto da vedere. L’idea di una grande Siiq pubblica (un fondo immobiliare quotato) a cui conferire gli asset delle varie società del Tesoro che oggi si occupano della valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico (Invimit sgr, Cdp Investimenti Sgr e Cdp Immobiliare) era già circolata un paio di anni fa. Renzi aveva messo sul dossier i due manager della Cassa depositi e Prestiti, Fabio Gallia e Claudio Costamagna. E l’ipotesi fu esplicitamente confermata, alla fine del 2015, dall’allora ad di Cdp Immobiliare, Giovanni Paviera: «Per adesso ci stiamo lavorando internamente, senza l’ausilio di advisor».
Ieri l’ex premier ha di nuovo tirato in ballo la spa controllata dal Tesoro: «La Cdp avrà un ruolo strategico in questo disegno. Stiamo seguendo questo progetto con professionalità di prim’ordine». Di sicuro tra queste professionalità non ci sarà Aldo Mazzocco, che dopo appena un anno come capo del real estate di Cdp, a marzo ha preferito fare rotta verso il porto più sicuro delle Generali. Si diceva fosse lui l'uomo giusto per la grande holding del patrimonio pubblico, ma le cose sono andate diversamente. Nell’ultimo esercizio la Cdp ha dovuto effettuare un taglio sugli asset della controllata Immobiliare portando il patrimonio da 500 a 322 milioni. Una svalutazione seconda solo a quella di 294 milioni (sui 500 investiti) operata in Atlante. E sui conti pesa anche un indebitamento bancario di 750 milioni, tutto ascrivibile alle 14 joint venture di Cdp Immobiliare, che altro non è che la Patrimonio dello Stato spa creata nel 2002 da Giulio Tremonti, poi transitata in Fintecna prima di approdare alla Cassa depositi. Per capire cosa è successo basta leggere il bilancio di Cdp, che definisce il rilevante patrimonio immobiliare in pancia alla controllata «non generatore di alcun reddito, fonte di elevati costi ricorrenti e in gran parte non collocabile sul mercato nello stato di fatto in cui si trova e senza consistenti investimenti». Chiara la posizione del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che ieri si è scagliato contro i «luoghi comuni». Quelli secondo cui «ci sono scorciatoie, si può abbattere il debito domani o si possono ottenere 300 miliardi di introiti dal patrimonio immobiliare».
© Libero
L’operazione, ha assicurato il segretario Pd in perfetto stile Totò (ricordate la famosa vendita della Fontana di Trevi al povero Decio Cavallo?), «è potenzialmente win win». In altre parole, vincono tutti. Lo Stato perché «riduce i costi del debito e aumenta la credibilità del Paese», i cittadini perché potranno avere «una forma di rendimento sicura».
Sul beneficio per lo Stato ci sono pochi dubbi. Quello dei contribuenti, però, è tutto da vedere. L’idea di una grande Siiq pubblica (un fondo immobiliare quotato) a cui conferire gli asset delle varie società del Tesoro che oggi si occupano della valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico (Invimit sgr, Cdp Investimenti Sgr e Cdp Immobiliare) era già circolata un paio di anni fa. Renzi aveva messo sul dossier i due manager della Cassa depositi e Prestiti, Fabio Gallia e Claudio Costamagna. E l’ipotesi fu esplicitamente confermata, alla fine del 2015, dall’allora ad di Cdp Immobiliare, Giovanni Paviera: «Per adesso ci stiamo lavorando internamente, senza l’ausilio di advisor».
Ieri l’ex premier ha di nuovo tirato in ballo la spa controllata dal Tesoro: «La Cdp avrà un ruolo strategico in questo disegno. Stiamo seguendo questo progetto con professionalità di prim’ordine». Di sicuro tra queste professionalità non ci sarà Aldo Mazzocco, che dopo appena un anno come capo del real estate di Cdp, a marzo ha preferito fare rotta verso il porto più sicuro delle Generali. Si diceva fosse lui l'uomo giusto per la grande holding del patrimonio pubblico, ma le cose sono andate diversamente. Nell’ultimo esercizio la Cdp ha dovuto effettuare un taglio sugli asset della controllata Immobiliare portando il patrimonio da 500 a 322 milioni. Una svalutazione seconda solo a quella di 294 milioni (sui 500 investiti) operata in Atlante. E sui conti pesa anche un indebitamento bancario di 750 milioni, tutto ascrivibile alle 14 joint venture di Cdp Immobiliare, che altro non è che la Patrimonio dello Stato spa creata nel 2002 da Giulio Tremonti, poi transitata in Fintecna prima di approdare alla Cassa depositi. Per capire cosa è successo basta leggere il bilancio di Cdp, che definisce il rilevante patrimonio immobiliare in pancia alla controllata «non generatore di alcun reddito, fonte di elevati costi ricorrenti e in gran parte non collocabile sul mercato nello stato di fatto in cui si trova e senza consistenti investimenti». Chiara la posizione del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che ieri si è scagliato contro i «luoghi comuni». Quelli secondo cui «ci sono scorciatoie, si può abbattere il debito domani o si possono ottenere 300 miliardi di introiti dal patrimonio immobiliare».
© Libero
sabato 3 giugno 2017
La Cina rischia l'overdose da energia pulita
È una strana coppia quella che si erge a difesa dell’ambiente globale contro il cinico e insensibile Donald Trump, considerato che ieri Europa e Cina non sono riuscite nemmeno ad accordarsi per uno straccio di dichiarazione congiunta sul commercio internazionale. La realtà è che il patto d’acciaio tra il Vecchio Continente e il Paese asiatico «per favorire l’accordo sul clima e accelerare la transizione globale all’energia pulita» è per Pechino nient’altro che una strada obbligata.
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