martedì 6 giugno 2017

Il governo vende l'Ilva a chi mette meno soldi

Malgrado gli appelli di governatori, sindaci e sindacati, i rilanci migliorativi di AcciaItalia e la prospettiva di un ingarbugliato contenzioso a colpi di ricorsi e rilievi Antitrust, il governo è andato dritto per la sua strada. In serata il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, ha firmato il decreto di aggiudicazione del Gruppo Ilva, accordando la vittoria della gara ad Am Investco Italy, la joint venture composta da ArcelorMittal (85%) e Marcegaglia (15%), che secondo i commissari aveva ottenuto il punteggio più elevato.

La giornata si era aperta con la protesta in piazza dei lavoratori di Genova e il quasi contestuale avvertimento del ministro per il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, che, ribadendo quanto già detto nei giorni scorsi da Calenda, ha chiuso la porta a «improvvisazioni dell’ultima ora». A nulla è servita l’ennesima lettera della cordata formata da Jsw (Sajjan Jindal) e Delfin (Leonardo Del Vecchio) per chiedere un parere dell’Avvocatura di Stato sui «rischi Antitrust incombenti» in caso di vittoria di Am Investco e la discesa in campo delle istituzioni locali, con il presidente della Liguria, Giovanni Toti, e il sindaco di Genova, Marco Doria, che insistono nel chiedere il rispetto dell’accordo di programma su Cornigliano, e il governatore della Puglia, Michele Emiliano, che ha accusato Palazzo Chigi di essere al servizio della «lobby del carbone», spiegando che la Regione si «prende tutti i rischi, i morti e il dolore, senza poter dire una parola».

Accuse, critiche e proteste che nei prossimi giorni continueranno ad alimentare roventi polemiche. Per ora, però, la palla passa ai commissari straordinari, Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba, i quali, come previsto dalle regole di gara, «apriranno immediatamente una fase negoziale in esclusiva con l’aggiudicatario finalizzata ad eventuali miglioramenti dell’offerta vincolante». Alcuni, dovuti anche al pressing serrato di AcciaItalia, sono arrivato in tempo reale. Am Investco ha dato, infatti, la disponibilità «a maggiori impegni sul piano occupazionale» portando a 10mila i posti di lavoro (oggi sono 14.220) previsti per tutta la durata del piano, rispetto ad una offerta iniziale di 9.407 occupati nel 2018, destinati a scendere a 8.480 nell’arco del piano.

Su questo terreno, quello evidentemente più caldo, il premier Paolo Gentiloni si è impegnato a vedere i sindacati in settimana e il Mise ha tenuto a precisare che nessuno verrà licenziato o lasciato «privo di protezione». I lavoratori che non verranno assunti, si legge in una nota, «rimarranno in capo all’amministrazione Straordinaria per tutta la durata del programma e potranno essere impiegati nelle attività di bonifica e decontaminazione che saranno eseguite dalla procedura». Il termine del programma dei commissari coincide con quello di ultimazione del Piano ambientale dell’Ilva, nel 2023. Fino a quella data l’amministrazione straordinaria potrà anche fare ricorso alla Cig.
Arcelor e Marcegaglia si sono poi impegnati a «non modificare il piano industriale e i connessi livelli occupazionali» e a non ritirare l’offerta, anche a fronte di eventuali richieste di dismissione di asset o vincoli di produzione da parte dell’Antitrust. L’offerta prevede un prezzo di acquisto di 1.800 milioni di euro e un canone di affitto annuo di 180 milioni. Per il Piano ambientale sono previsti investimenti per 1.137 milioni. Mentre 1.250 milioni sono gli investimenti promessi sul fronte tecnologico.

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