Dal rinnovo dei contratti all’orario di lavoro, passando per le ristrutturazioni aziendali, la competizione fra sigle e le decisioni politiche. In altre parole, in Italia quasi ogni motivo è buono per incrociare le braccia. I numeri snocciolati ieri dal Garante per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali, Giuseppe Santoro Passarelli, nel corso della sua relazione annuale alla Camera parlano chiaro. Nel 2016 sono state proclamate ben 2.352 (2.261 nel 2015) agitazioni, di cui 1.488 (1.471 nel 2015) effettivamente realizzate per un numero complessivo di 840 giornate interessate dalle azioni di protesta.
Si tratta di 4 scioperi al giorno, con una crescita del 4% rispetto al 2015. Tranne quello di marzo dei taxi, «in dispregio di tutte le regole», il garante ha spiegato che le agutazioni avvengono in larga parte nel rispetto delle normative vigenti. Il tasso di adeguamento agli interventi preventivi della Commissione, infatti, è stato del 96%. Tuttavia, ha proseguito Santoro Passarelli in Italia c’è «una conflittualità fisiologicamente elevata e non paragonabile a quella di altri Paesi europei di comprovata democrazia sindacale». Molti scioperi, come quelli nel settore dell’igiene ambientale (200 stop), delle tlc (96), del trasporto aereo (118) e ferroviario (81), trovano origine nelle vertenze per il rinnovo contrattuale, che il garante considera uno dei motivi principale alla base delle agitazioni sindacali. C’è poi chi incrocia le braccia per il mancato pagamento degli stipendi, come accade spesso in occasione dei cambi di appalto nel settore delle pulizie e dei servizi (124), o per le numerose ristrutturazioni aziendali provocate in questo periodo dalla crisi. Ma accanto alle motivazioni più «nobili» ci sono anche 59 scioperi nella sanità pubblica contro l’organizzazione interna del lavoro, 29 nel comparto scolastico contro la buona scuola, 86 nei servizi postali per le modifiche all’articolazione dell’orario di lavoro, 47 scioperi nazionali e plurisettoriali per motivazioni economico-politiche.
Poi c’è il caso del trasporto pubblico locale, che solo qualche giorno fa ha visto l’Italia andare in tilt per le proteste incrociate di una serie di sigle minori. In questo settore, ha spiegato il garante, la conflittualità è lievemente scesa, ma con i 368 stop proclamati e i 250 effettuati (erano rispettivamente 377 e 281 lo scorso anno) le aziende del tpl restano le regine incontrastate dello sciopero. Circostanza che, secondo Santoro Passarelli, «suggerisce necessariamente una riflessione», visto che alla fine del 2015, dopo una assenza durata otto anni, è stato firmato il rinnovo del contratto collettivo.
Il dato significativo è l’assenza di proclamazioni di scioperi nazionali. Il che dimostra la presenza di quella che il garante definisce una microconflittualità a livello locale, ma alimenta anche il sospetto che «alcune organizzazioni sindacali dall’incerta rappresentatività» ricorrano alla protesta «per avere autolegittimazione e visibilità piuttosto che in reale funzione di autotutela degli interessi collettivi». In altre parole, l’astensione dal lavoro sarebbe originata più da una sorta di competizione interna alle sigle che da vertenze contrattuali. Fenomeno che per Santoro Passarelli riguarda anche il trasporto ferroviario e che impone al legislatore di mettersi seriamente al lavoro sul tema della rappresentanza.
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