giovedì 30 dicembre 2010

Caso Battisti: legati al Brasile da un intreccio di affari miliardari

Finmeccanica, Fincantieri, Fiat, Trenitalia, Telecom, Eni, Saipem, Impregilo. Sono numerose e importanti le aziende che fanno affari nel Brasile di Lula e Battisti. Alcune di esse hanno legami profondi con il Paese sudamericano. Il Lingotto produce tanto (obiettivo un milione di auto) e investe ancora di più (4,4 miliardi nei prossimi 5 anni). L’ex monopolista italiano delle tlc, con una quota di mercato del 25%, è praticamente il secondo gestore nazionale di telefonia mobile. Altre sono in attesa di stringere accordi, di aggiudicarsi commesse, di rafforzare la loro presenza. Per tutte, in ogni caso, le conseguenze del duello sull’estradizione del terrorista si faranno sentire. A subire l’impatto maggiore saranno chiaramente le partite ancora aperte. Come quelle messe sul piatto dal presidente brasiliano la scorsa estate durante la visita a San Paolo del premier Silvio Berlusconi.
Un business di grandissime proporzioni, che va ben al di là dell’impegno di incrementare l’interscambio commerciale tra i due Paesi che già oggi viaggia sui 10 miliardi di dollari l’anno. In agenda ci sono infatti gli interventi previsti dal grande piano di modernizzazione varato da Lula che si andranno ad incrociare con le opere per le Olimpiadi del 2016 e i Mondiali del 2014.
Tra le principali poste in gioco ci sono sicuramente quelle che riguardano Finmeccanica. Il colosso italiano dell’aerospazio e della difesa è ancora in corsa, con le controllate Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, per la mega commessa da 13 miliardi per l’alta velocità e per il progetto della metropolitana di Rio de Janeiro.  Delicata è poi la questione delle fregate Fremm, su cui la scorsa estate sembrava che tra Berlusconi e Lula fosse scoppiata la pace. In ballo ci sono commesse per diversi miliardi euro per la fornitura di pattugliatori realizzati da Fincantieri e Finmeccanica. 

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mercoledì 29 dicembre 2010

I soprusi delle banche costano 45 miliardi alle microimprese

Quarantacinque miliardi persi nel 2010. Non per colpa della crisi, ma delle dimensioni. Già, perché essere piccoli in Italia costa caro. E quando sei piccolissimo, come le microimprese, il prezzo è così salato da diventare spesso insostenibile. A lanciare l’allarme è Comitas, associazione promossa dal Codacons, che si è presa la briga di puntare la lente di ingrandimento sulle storture che il sistema Italia riserva alle aziende con meno di nove dipendenti. I risultati sono clamorosi e preoccupanti. E non tanto per i 45 miliardi complessivi di perdite improprie che l’esercito delle microimprese (oltre 5 milioni di soggetti che producono il 40% del pil) ha dovuto sostenere nel 2010. Alla cifra si arriva, infatti, considerando anche i costi della burocrazia e delle mancate riforme, che pesano su tutto il sistema imprenditoriale.

giovedì 23 dicembre 2010

Il regalo di Natale più sgradito. Ci aumentano il canone Rai

Un bel balzello per le feste natalizie non poteva mancare. A non lasciare gli italiani a bocca asciutta ci ha pensato, questa volta, Paolo Romani, che sotto l’albero ci farà trovare la più classica, e più contestata, delle imposte: quella per il possesso di un apparecchio televisivo, meglio conosciuta come canone di abbonamento alla Radiotelevisione di Stato.

Consumatori ottimisti. Ma non consumano

Malgrado i segnali poco incoraggianti che arrivano da Eurolandia e le previsioni fosche di Confindustria, i consumatori italiani non hanno perso la fiducia. Anzi, l’ottimismo di dicembre sull’evoluzione del Paese, del mercato del lavoro e sulla convenienza di acquisto dei beni durevoli ha addirittura raggiunto livelli che non si vedevano dallo scorso gennaio. Quando ancora la seconda fase della crisi, quella che ha travolto in successione Grecia e Irlanda e continua a far tremare l’euro, non si era manifestata in tutta la sua violenza.

mercoledì 22 dicembre 2010

Tremonti non tradisce. Spuntano i soldi per il 5 per mille. E sulla rivolta studentesca: «Da giovane mai sceso in piazza»

Passato il guado del voto di fiducia il viso è disteso e l’umore ottimo. Giulio Tremonti si concede un brindisi con la stampa a Via XX Settembre prima di portare a casa l’ultimo tassello di finanza pubblica con l’approvazione del milleproroghe, che dovrebbe arrivare oggi nel corso del Consiglio dei ministri. Delle indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi il ministro dell’Economia conferma solo il rifinanziamento delle risorse per il terzo settore. «È Natale, vi dò una buona notizia», dice Tremonti ai cronisti, «c’è il 5 per mille». Si tratta dei 300 milioni promessi più volte dal governo dopo le vibranti proteste del mondo del volontariato che si aggiungeranno ai 100 stanziati in Finanziaria. Un atto dovuto, considerate le grandi manovre in corso della maggioranza verso l’area cattolica.

martedì 21 dicembre 2010

Le famiglie italiane valgono il doppio del Pil. Il 60% ha una ricchezza netta superiore a quella del 90% dei nuclei di tutto il mondo. Mentre sono meno indebitate di Germania, Francia e Stati Uniti

Case, libretti postali, ma anche investimenti finanziari e capital gain. Con una ricchezza complessiva che riconquista il terreno perso con la crisi finanziaria e si piazza ai livelli più alti dell’intero occidente. Potra non piacere a Giulio Tremonti, viste le frequenti schermaglie con il numero uno di Via Nazionale, Mario Draghi, ma a leggere la fotografia scattata da Bankitalia nel supplemento al bollettino statistico sembra quasi di sentire le parole del ministro dell’Economia.

lunedì 20 dicembre 2010

Troppe frodi sugli incidenti. Assicurazioni in fuga dal Sud

Troppi costi, pochi incassi. Assicurare gli automobilisti del Sud non conviene più. E le compagnie scappano. Qualche mese fa fece scalpore la circolare con cui Ina Assitalia (gruppo Generali) annunciava l’avvio di una campagna massiccia di disdette dei contratti nelle agenzie di Puglia, Calabria e Campania con profitti inferiori al 30%. Ora è il turno di Unipol.

giovedì 16 dicembre 2010

L’onda lunga degli incentivi auto azzoppa ancora le vendite della Fiat

L’onda lunga delle agevolazioni di Stato continua a produrre effetti distorsivi sul mercato dell’auto. Anche a novembre la Fiat ha infatti scontato pesantemente i vantaggi ottenuti lo scorso anno grazie agli ecoincentivi.
Le nuove immatricolazioni in Europa hanno subito un crollo del 23,7%, attestandosi a 74.194 vetture, contro le 97.301 del novembre 2009. Ad ottobre le vendite avevano registrato un calo del 32,7% a 73.774 unità. Complessivamente, nei primi 11 mesi dell’anno, la flessione del gruppo torinese si è attestata in Europa al 16,9%. Il risultato è che la quota di mercato del Lingotto è scesa al 6,7%, rispetto all’8,2% registrato un anno fa e rispetto al 6,9% di ottobre.

mercoledì 15 dicembre 2010

Per i pm il padrone della Thyssen è un assassino

Sette morti sul lavoro valgono settantanove anni e mezzo di carcere? Per i parenti delle vittime, giustamente, il prezzo dovrebbe essere molto più alto. Nessuna condanna, del resto, potrà mai restituire ciò che è stato tolto nel tragico inferno della Thyssenkrupp. Ma è giusto che il sistema giudiziario si pieghi alle ragioni del dolore, della sofferenza? La domanda sembra retorica, ma non lo è. Non, almeno, per i pm del processo che vede alla sbarra i sei manager imputati per il rogo del dicembre del 2007.

martedì 14 dicembre 2010

Bonanni ancora contestato e la Fiom rompe con Fiat

La strada per Mirafiori si fa sempre più stretta. Mentre a corso Trieste, nella sede romana della Uilm, la Fiom sbatte l’ennesima porta, poco lontano, a via Rieti, un gruppo di contestatori fa irruzione nell’auditorium della Cisl e mette in scena l’ennesima aggressione al segretario Raffaele Bonanni. Copioni già visti, che non fanno che accrescere le diffidenze di Sergio Marchionne e rendere sempre più complicato l’accordo per il rilancio della Fiat in Italia e la salvaguardia occupazionale del gruppo.

lunedì 13 dicembre 2010

Effetto Marchionne anche a Piazza Affari. Nel 2010 Fiat, Exor e lusso trascinano i listini. Precipitano banche e assicurazioni

Che le cose nell’ultimo anno a Piazza Affari non siano andate bene non è un mistero. Strozzate dalla crisi economica e sballottate tra le intemperie dei mercati finanziari sono moltissime le imprese che hanno lasciato sul terreno una bella fetta della loro capitalizzazione.

Truffati 60 miliardi a 5mila americani. È ancora caccia ai complici di Madoff

Tra i 60 e i 65 miliardi di dollari rastrellati con il trucco più vecchio del mondo. Chi parla bene lo definisce lo schema Ponzi, dal nome dell’italiano Carlo Ponzi, ex postino di Parma, che a cavallo tra ’800 e ’900 si imbarcò per gli Stati Uniti e svuotò le tasche a circa 40mila americani. Ma il giochino messo in piedi da Bernard Madoff è più comunemente conosciuto come catena di Sant’Antonio ed altro non è che coprire le perdite dei vecchi clienti con i soldi dei nuovi. Un sistema che funziona finché, come è accaduto con la crisi dei mutui subprime, i nuovi sottoscrittori delle quote del fondo d’investimento non bastano più a garantire i guadagni promessi (ma in realtà inesistenti) dal broker a chi gli ha già affidato i suoi soldi.
Un meccanismo semplice semplice, gestito dall’ex bagnino di Long Island (la spiaggia dei newyorkesi facoltosi) con abilità diabolica, al punto da farla sotto il naso ai vecchi lupi di Wall Street, ai veterani della City di Londra e alle banche di mezzo mondo. Oltre naturalmente alle autorità finanziarie e a quelle di vigilanza. L’attività criminale di Bernie Madoff si è definitivamente conclusa due anni fa. Arrestato l’11 dicembre del 2008 con undici capi di imputazione e condannato a 150 anni l’estate successiva, il broker 72enne non troverà più nessuno disposto a farsi raggirare neanche tra i compagni di cella.
Ma gli effetti della truffa più colossale della storia non si esauriranno così facilmente. Anzi, per certi versi la bomba deve ancora esplodere. Proprio in questi giorni il liquidatore dei fondi Madoff, Irving Picard, che sta tentando di recuperare somme in giro per il mondo per risarcire almeno parzialmente le 5mila vittime del broker, ha citato in giudizio la banchiera austriaca Sonja Kohn, accusata di complicità con Bernie. Una maxi causa da 19,6 miliardi di dollari che si va ad aggiungere alle altre già avviate, per complessivi 54 miliardi. Picard, che ha già recuperato 2,5 miliardi, è convinto che siano in molti ad aver tratto profitto dalla “catena” di Madoff. Principalmente banche, su cui il liquidatore sta stringendo l’assedio attraverso richieste di risarcimento sparse per i cinque continenti. Non poteva mancare all’appello, chiaramente, l’Italia, da cui tutto sommato prende origine lo schema Ponzi. Ad inciampare nella mega truffa, tra i principali istituti di credito europei e americani, ci sarebbe anche la nostra Unicredit, collegata agli affari della Kohn attraverso Bank Austria. Accuse, ovviamente, tutte da dimostrare. Dall’istituto di Piazza Cordusio hanno fatto sapere che si difenderanno «con vigore». Considerata l’entità delle somme in gioco, c’è da scommettere che le vittime di Madoff non saranno meno combattive. 

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sabato 11 dicembre 2010

Anche i gufi di Bruxelles celebrano l’Italia

Niente finanziaria bis. L’Italia tornerà ai livelli di crescita pre-crisi entro il 2012. Ad annunciare la lieta novella non è il solito Giulio Tremonti, che da mesi non perde occasione per spiegare che i conti sono a posto e che la tempesta europea non travolgerà il nostro Paese. A scacciare i corvi che aleggiano sui cieli italiani è niente meno che Olli Rehn, il severissimo commissario Ue agli affari monetari, lo stesso che, solo qualche giorno fa, aveva lanciato l’allarme sulla tenuta delle nostre finanze pubbliche scatenando le voci sulla necessità di un ulteriore intervento correttivo.

Asse Merkel-Sarkò contro gli eurobond

No agli eurobond, si alla condivisione dei rischi con i privati e al fisco unico europeo. È un asse d’acciaio quello che si sta creando tra la Germania e la Francia contro gli euro-deboli, i Paesi in affanno con le finanze pubbliche. La sintonia tra i due mostrata ieri in una conferenza stampa congiunta al termine del summit tra i due Paesi che si è tenuto ieri a Friburgo è praticamente totale. Con Nicolas Sarkozy che è sceso in campo non solo per sostenere tutte le proposte e i “no” di Angela Merkel, ma anche per difendere la cancelliera dalle accuse che le sono piovute addosso negli ultimi mesi. «Non vedo quanto la Germania possa essere egoista», ha detto il presidente francese, «alla fine la Germania è il primo contribuente nella Ue». Al di là della convergenza sulle questioni più recenti, compreso il rifiuto di aumentare l’entità del fondo europeo anti-crisi, l’obiettivo dell’asse Merkel-Sarkozy è quello di fare pressioni sul summit europeo in calendario la settimana prossima per avere l’ok ad alcune modifiche dei Trattati europei per creare un meccanismo permanente di salvataggio all’interno della zona euro. Secondo la proposta franco-tedesca in discussione, il fondo permanente salva-stati prevedrebbe la possibilità di ristrutturazioni del debito sovrano, ammettendo, in alcuni casi, perdite dei creditori privati su titoli di debito sovrano nei loro portafogli. Una proposta su cui, a sorpresa, ieri è arrivato anche il sostegno di Mario Draghi. A riconoscere le virtù dell’idea franco-tedesca è stato il vicedirettore generale di Bankitalia, Ignazio Visco, secondo il quale la partecipazione dei creditori privati alle perdite dello Stato potrebbe favorire una pressione da parte del mercato che aiuterebbe a prevenire situazioni di insostenibilità del debito sovrano. 

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venerdì 10 dicembre 2010

Rotelli tenta l’assalto al fortino di Rcs. Il patto dovrà concedere un posto nel cda

Il patto di sindacato continua a restare off limits, ma dopo anni di attesa per Giuseppe Rotelli sembra finalmente arrivato il momento di mettere piede nella stanza dei bottoni. Il primo tassello dell’operazione, di cui si parla da diversi mesi, è stato ufficializzato ieri con le dimissioni dell’avvocato Marco De Luca.

Il Tar boccia il ricorso di Alstom. Sull’alta velocità nessun trucco di Fs contro i francesi

La telenovela non è ancora finita, perché i francesi sono infuriati e hanno immediatamente annunciato ricorso al Consiglio di Stato. Ma il verdetto arrivato ieri dal Tar sul duello tra Alstom e Ferrovie dello Stato per la fornitura dei treni ad alta velocità è netto e inequivocabile.

giovedì 9 dicembre 2010

Guai per la cancelliera Merkel. Anche i tedeschi faticano a piazzare i titoli di Stato

Chissà ora cosa dirà Angela Merkel. Dopo aver passato gli ultimi mesi a bacchettare mezza Europa, il super cancelliere signornò sarà costretta ad ammettere che pure la formidabile locomotiva tedesca, ogni tanto, perde colpi. A portare l’affondo sono stati gli stessi investitori che nelle scorse settimane si sono accaniti contro Irlanda, Spagna, Portogallo. Questa volta ad andarci di mezzo sono i titoli di Stato tedeschi, quelli, per intenderci, con cui si misura la solidità delle obbligazioni del resto d’Europa. Ieri, infatti, il Tesoro è riuscito a collocare solo 4 miliardi di titoli a due anni (gli schatz) rispetto ai 5 offerti. Si tratta della terza volta consecutiva che la Germania non riesce a collocare l’intero ammontare. Nei giorni scorsi la domanda si è rivelata debole anche per le aste di titoli a 5 e 10 anni.  La conseguenza è che i solidissimi bund, per la prima volta dal 10 maggio scorso, in piena bufera greca, hanno tirato il freno a mano, registrando un rialzo del tasso di interesse sopra il 3%. Il che significa che nella fase di turbolenza anche il titolo tedesco per restare sul mercato ha dovuto, seppure di poco, ritoccare all’insù i margini di guadagno per chi lo acquista. Gli indicatori economici, tuttavia, continuano a dirci che la Germania è saldamente sul treno della ripresa. Gli ordini industriali a ottobre sono saliti dell’1,6% rispetto al -4% di settembre e la produzione è balzata del 2,9% rispetto al -1%. Eppure, anche qui, non tutto procede a gonfie vele. Del tutto inaspettato, ad esempio, è il crollo dell’export, che ad ottobre ha registrato un calo dell’1,1% rispetto al +3% di settembre. Per un Paese punta tutto sulle esportazioni il segnale non è da trascurare. Che questa basti ad ammorbidire le spigolosità della Merkel, ovviamente, è tutt’altra storia.

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venerdì 3 dicembre 2010

Colosseo Della Valle. Mister Tod’s restaurerà il simbolo di Roma

Da Mister Tod’s a Mister Colosseo. Dalle scarpe ai gladiatori. Diego Della Valle vuole rimettere a nuovo l’Anfiteatro Flavio e vuole farlo da solo, senza cordate o consorzi. «Il gruppo Tod’s è pronto a finanziare l’intero importo dei lavori di restauro del Colosseo». Vale a dire 25 milioni di euro.

giovedì 2 dicembre 2010

A Mirafiori la Fiom imbavaglia la Cisl

La democrazia del bavaglio. Parte con i peggiori auspici il confronto nelle fabbriche sul piano della Fiat per Mirafiori. Qualcuno, nei giorni scorsi, aveva letto nelle parole meno dure del solito pronunciate da alcuni esponenti della Fiom-Cgil, timidi segnali di discontinuità rispetto alla strategia del muro contro muro messa in atto precedentemente sia su Pomigliano sia sulle deroghe al contratto dei metalmeccanici. Una speranza coltivata sia dall’ala moderata del sindacato, sia da lavoratori sia dal ministro del Welfare, che solo sabato scorso, nel giorno della manifestazione nazionale a Roma della Cgil, aveva lanciato un appello per la ricomposizione delle fratture con Cisl e Uil.

Paradossi. È proprio nel debito il punto di forza dell’Italia

Può sembrare un paradosso, ma è proprio nel debito il punto di forza dell’Italia. Sia  per la composizione di quello pubblico, che per la solidità di quello privato. Sul primo punto i numeri che compensano l’elevatissima consistenza complessiva, più di 1.850 miliardi di euro pari a quasi il 116% del pil, sono quelli relativi ai possessori dei titoli di Stato, con cui il Tesoro copre attualmente circa l’82% dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni.

Il Cavaliere snobba il gossip e protegge gli affari dell’Eni. Trattativa col Kazakhistan

In attesa di volare oggi a Soci, stazione climatica sul Mar Nero, per stringere altri accordi e rafforzare ancora un po’ l’asse Roma-Mosca finito nel mirino delle ambasciate americane, ieri Silvio Berlusconi ha messo altra carne al fuoco per gli “spioni” di Wikileaks. La partecipazione al vertice Osce di Astana è stata infatti l’occasione per un bilaterale con il presidente del Kazakhistan, Sultan Nazarbayev.

mercoledì 1 dicembre 2010

Più giovani, meno parenti. Gli atenei cambiano faccia

Mentre gli studenti di ogni ordine e grado mettono a ferro e fuoco le piazze italiane la Camera dà il via libera a quello che, piaccia o no, è il primo provvedimento organico di riforma dell’intero sistema universitario. Il principio alla base del ddl è che l’autonomia delle università deve essere coniugata con una forte responsabilità finanziaria, scientifica e didattica. Le università restano autonome ma risponderanno delle loro azioni. Se saranno gestite male riceveranno meno finanziamenti. Altri punti centrali riguardano la riforma delle modalità di reclutamento del personale e della governance delle università secondo criteri meritocratici e di trasparenza. Ecco le principali novità che gli atenei dovranno recepire negli statuti entro sei mesi dall’approvazione della legge.