giovedì 2 dicembre 2010

Il Cavaliere snobba il gossip e protegge gli affari dell’Eni. Trattativa col Kazakhistan

In attesa di volare oggi a Soci, stazione climatica sul Mar Nero, per stringere altri accordi e rafforzare ancora un po’ l’asse Roma-Mosca finito nel mirino delle ambasciate americane, ieri Silvio Berlusconi ha messo altra carne al fuoco per gli “spioni” di Wikileaks. La partecipazione al vertice Osce di Astana è stata infatti l’occasione per un bilaterale con il presidente del Kazakhistan, Sultan Nazarbayev.

Sul tavolo, il delicato dossier Kashagan, l’immenso giacimento petrolifero del Mar Caspio da cui, a regime, dovrebbero uscire fino a 1,5 milioni di barili di greggio al giorno. Il campo è sviluppato da un consorzio chiamato  North Caspian Sea Production Sharing Agreement formato da 7 compagnie. Eni, Exxon, Shell, Total e KazMunaiGas partecipano con il 16,81%, ConocoPhillips con l’8,4% e Inpex con il 7,56%. Quote che prima erano ben diverse. Inizialmente il Cane a sei zampe aveva la leadership unica del consorzio. Guida persa dopo un duello tra l’Eni e le autorità del Kazakhistan a colpi di accuse e di penali per i presunti ritardi nel progetto, che ha portato all’aumento della quota di KazMunaiGas (la società pubblica kazaka) e alla gestione in joint venture del giacimento da parte delle principali società. Tra queste, anche l’americana Exxon, che ha messo più di uno zampino per detronizzare l’Eni. Ma la sensazione è che sull’affaire si siano intrecciate moltissime partite. Il boccone del Kashagan oltre ad essere ghiottissimo (13 miliardi di barili di riserve) per le compagnie petrolifere ha anche un ruolo centrale per la politica energetica dell’area.

Il progetto prevede per ora la costruzione del Kazakh Caspian Transport System (KCTS), un oleodotto di 700 chilometri che dovrebbe trasportare il petrolio kazako attraverso il Mar Caspio fino alla costa azera, per poi immettersi nell’oleodotto BTC (Baku-Tbilisi-Ceyhan), che si trova sotto l’influenza di Washington e non di Mosca. In qualche occasione, però, il ministro kazako dell’energia non ha escluso che il greggio possa prendere anche altre vie, come quella che passa per l’ESPO, l’oleodotto che la Russia sta costruendo per collegare la Siberia Orientale al Pacifico. E qui tornerebbe ad agitarsi lo spettro dell’asse Berlusconi-Putin che tanto spaventa i diplomatici Usa. 

La realtà è che il premier più che amicizie o patti d’acciaio deve difendere il business dell’Eni che fino ad ora il governo kazako ha fatto di tutto per mettere a rischio. Solo dieci di giorni fa le autorità hanno accusato il Cane a sei zampe di frodi fiscali per 110 milioni di dollari. Mentre da sei mesi è in carcere Flavio Sidagni, manager Eni, accusato di spaccio di droga e condannato a 6 anni. Lo stesso ad del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni, martedì ha auspicato il vertice bilaterale. Minacciosa, come al solito, la dichiarazione offerta alla stampa ieri dal premier Karim Masivo: «Le società hanno promesso la produzione nel 2012. Se lo faranno, bene. Altrimenti torneremo al tavolo delle trattative».

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