sabato 31 marzo 2018

L'Inps paga le terme agli scrocconi

Nella Gestione degli interventi assistenziali dell’Inps, simpaticamente chiamata Gias, c’è di tutto: dagli interventi a sostegno della famiglia, agli sgravi contributivi, dalle coperture figurative agli assegni sociali, fino alle pensioni di invalidità e alla indennità di accompagno per i non autosufficienti. Rientrano in questo enorme e confuso calderone tutte le spese che non sono coperte dai contributi dei lavoratori e devono, quindi, essere finanziate dalla totalità degli italiani attraverso il prelievo fiscale. Per consentire le elargizioni dell’Inps, infatti, ogni anno lo Stato versa all’Inps oltre 100 miliardi di euro. Molti di questi soldi, tutti inspiegabilmente conteggiati dall’Istat (e di conseguenza da Eurostat) come spesa previdenziale, vanno a finire nei vari ammortizzatori sociali previsti dalla legge, altri vengono utilizzati per coprire i buchi delle varie gestioni in deficit e una bella fetta copre le spese per i vitalizi mensili di invalidi e indigenti. Quello che resta viene usato per mille scopi diversi, nessuno legato anche lontanamente al sistema pensionistico.

venerdì 30 marzo 2018

La bomba sui conti dell'Inps. Ecco perché sono sull'orlo del baratro

Certo, c’è il 70% dei trattamenti che è scivolato sotto la soglia dei 1.000 euro. Ci sono 11,1 milioni di pensioni, il 62,2% del totale, inferiori a 750 euro. E l’età media di uscita si è attestata, alla faccia della Fornero, a 63 anni e mezzo (rispetto ai 66,7 anni previsti per la vecchiaia). Ma quello che balza agli occhi sfogliando il rapporto sulle pensioni dei lavoratori privati diffuso ieri dall’Inps è il numero impressionante di assegni versati a chi non ha mai versato un contributo.
Le pensioni erogate dall’Inps con esclusione del settore pubblico e di quello dello spettacolo erano a inizio 2018 nel complesso 17,88 milioni per una spesa di 200,5 miliardi di euro (+1,57% sul 2016). All’interno di questa montagna di trattamenti, quelli relativi agli assegni sociali e all’invalidità, prestazioni di carattere puramente assistenziale, ovvero finanziate dai contribuenti, sono 3,9 milioni.

giovedì 29 marzo 2018

Boeri: quest'uomo paga chiunque tranne che i pensionati

Il reddito di cittadinanza c’è già. Va in gran parte al Sud. E a pagarlo sono i pensionati. È questo il messaggio inviato ieri da Tito Boeri ai partiti usciti vincitori dalle urne, che tra i nodi da sciogliere hanno anche quello di conciliare le promesse elettorali sui sussidi di povertà con la difficile situazione dei conti pubblici. Perché, ha suggerito il presidente dell’Inps presentando il primo bilancio del Reddito di inclusione (Rei), starsi ad arrovellare su dove trovare le risorse per interventi costosissimi quando una soluzione a basso costo è già pronta per l’uso?
L’idea di Boeri, che con una mano continua a chiedere austerità per gli assegni previdenziali e con l’altra continua ad elargire valanghe di bonus a chi non ha mai versato un contributo, è che il Rei sia qualcosa di molto vicino alla versione base del reddito minimo o di dignità proposto in forme diverse sia dai grillini sia dal centrodestra. «È un primo passo, ancora sottofinanziato, ma c’è», ha detto. Conti alla mano, l’economista della Bocconi voluto da Renzi alla guida dell’Inps ha spiegato che il costo del reddito di cittadinanza proposto dal M5S è «di 35-38 miliardi», mentre con il Rei «si potrebbe fare tantissimo già con 5-7 miliardi, raggiungendo tutte le persone in povertà assoluta».

sabato 24 marzo 2018

La precompilata è un rebus

Ernesto Maria Ruffini, qualche tempo fa, ha confessato che il termine «fisco amico» non gli piace: «Gli amici si scelgono, il fisco può essere al massimo un parente». Ma la semplificazione, su quella il direttore dell’Agenzia delle entrate non ha mai avuto dubbi. È una priorità, un obbligo morale, un dovere verso i contribuenti.
Del resto, fu proprio parlando di deregolamentazione e snellimento burocratico che il tributarista aveva folgorato l’ex premier Matteo Renzi, presentandosi alla Leopolda del 2010. E il tema è sempre nei suoi pensieri. Al punto che lo scorso novembre ha annunciato: «Entro 5 anni non si farà più la dichiarazione dei redditi».

venerdì 23 marzo 2018

Lavoratori beffati nel nome dell'austerity. L'Inps si tiene 2 anni il Tfr degli statali

Ventisette mesi per ricevere la prima rata. E altri due anni per avere il saldo. Chi lavora per lo Stato e decide di utilizzare la liquidazione per togliersi un sfizio, per aiutare i figli, per fare un regalo ai nipoti o semplicemente, come sempre più spesso accade, per sopravvivere, avrà una brutta sorpresa. Le misure introdotte a partire dal 2012 per fronteggiare l’emergenza dei conti pubblici, che hanno dilazionato a dismisura il pagamento dei trattamenti di fine servizio, sono, infatti, ancora lì. E nessuno sembra intenzionato a cancellarle. Almeno con le buone.
Lo Stato non ha i soldi e non può più pagare le liquidazioni nei tempi previsti. È questo, in estrema sintesi, il motivo che ha spinto il governo Monti prima e quello Letta poi, a scippare la liquidazione agli statali.

giovedì 22 marzo 2018

Sette miliardi nostri buttati nel cesso del Montepaschi

Alla presidenza del Senato andrà Paolo Romani o Anna Maria Bernini? Alla Camera toccherà a Roberto Fico o a Riccardo Fraccaro? Mentre i partiti usciti vincitori dalle urne sono alacremente impegnati a riscuotere il bottino, piazzando i fedelissimi ed occupando le prime poltrone, ieri il Monte dei Paschi di Siena ha perso un altro 3% in Borsa, toccando i nuovi minimi storici.
Certo, la politica c’entra poco, o almeno così dovrebbe essere, con Piazza Affari. Ma questa volta dietro ogni decimale in meno che la banca senese si ritrova sul titolo ci sono un po’ di soldi che se ne vanno dalle nostre tasche.
Già, perché l’unico modo che il premier Paolo Gentiloni e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, hanno trovato per salvare la banca mandata a picco dalla malagestio degli amministratori scelti dai boss locali della politica, è stato quello di far acquistare l’istituto dai contribuenti. Per giunta, non a prezzo di favore, ma ad un costo completamente fuori mercato. Per avere un’idea, le azioni sono state comprate a 6,49 euro, mentre le quote in mano ai possessori di bond a 8,65 euro. Oggi il titolo, dopo un crollo del 39% da quando è stato riammesso in Borsa (il 25 ottobre scorso), vale 2,78 euro.

sabato 17 marzo 2018

L'Inps taglia le pensioni ai vecchi ed elargisce ferie agli ex statali

Il più intrigante sembra la “Spagna caliente”. Ma ci sono anche il “Tour della Russia” e il “Gran tour del Portogallo”. E poi la Grecia, la Francia, una crociera nel mediterraneo, decine di resort, villaggi, hotel in ogni parte d’Italia e del mondo. Insomma, per i pensionati che vogliono fare una bella vacanza c’è solo l’imbarazzo della scelta. Una volta deciso, si prenota e si parte. Paga l’Inps.
Possibile che l’istituto guidato da Tito Boeri, che ogni anno deve chiedere oltre 100 miliardi di euro allo Stato per far tornare i conti della spesa assistenziale, che con l’ultima legge di stabilità ha ricevuto circa 30 miliardi in dono e che si prepara a chiudere il bilancio 2018, secondo le previsioni certificate qualche giorno fa dal Civ, con un disavanzo di 7,5 miliardi, possa regalare viaggi ai pensionati?

venerdì 16 marzo 2018

Debito pubblico da suicidio grazie a economisti del piffero

Certo, il reddito di cittadinanza e la flat tax possono anche non piacere. Le proposte economiche del centrodestra o quelle dei grillini possono anche essere considerate astruse, irrealizzabili o, addirittura, dannose per il Paese. Ma accettare lezioni o, peggio ancora, legittimazioni da chi non si è limitato ai proclami e alle promesse, ma ha messo alla prova sul campo la sua abilità, diventa sempre più difficile, ogni giorno che passa.
Anche perché ogni giorno che passa c’è un numero che ci riporta sotto gli occhi il fallimento delle politiche messe in atto dai governi Renzi e Gentiloni sotto la sapiente regia del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan.

martedì 13 marzo 2018

Con la sinistra al governo i poveri sono al massimo storico

Difficile capire se la notizia arrivata ieri da Bankitalia dipende dal fatto che il Pd sia stato al governo fino a ieri oppure, con un po’ di malizia, dal fatto che non ci sia più. Sta di fatto che appena si è chiusa la stagione della sinistra da Via Nazionale ci hanno comunicato che in Italia non ci sono mai stati così tanti poveri.
Nel 2016, infatti, per quanto il reddito medio equivalente sia tornato ad aumentare, il rischio povertà è salito al 23% (era 19,6% nel 2006), il massimo storico mai toccato prima. Ma non è tutto. Manco a farlo apposta, anche la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi è aumentata, accentuando ancora di più una dinamica ben nota secondo cui un’esigua elite di Paperoni da sola continua a detenere una grossa fetta del patrimonio complessivo (nessuno ricorda mai che la stessa elité è quella che ogni anno riempie, quasi da sola, le casse dell’erario).

Zitta zitta l'Europa sta facendo di tutto per alzarci l'Iva

Non è uno sconto, purtroppo, quello che si sta prospettando a Bruxelles sui conti pubblici italiani, ma una vera e propria trappola per le tasche dei contribuenti. Che potrebbe far scattare una tagliola da oltre 12 miliardi di tasse già dal 2019.
Qualche giorno fa la Commissione Ue, tra sorrisi ed espressioni rassicuranti, ha comunicato all’Italia che per la formazione del governo non c’è alcuna fretta. Certo, ci sarebbe una correzione dello 0,2% di deficit che manca, circa 3,4 miliardi, ma i conti veri si faranno a maggio, con le previsioni di primavera, e in ogni caso non c’è bisogno che se ne occupi l’esecutivo uscente, intervenendo sul Documento di economia e finanza da presentare entro il 10 aprile. È una questione, hanno lasciato intendere gli euroburocrati, che si potrà anche affrontare a settembre con la nota di aggiornamento al Def.

giovedì 8 marzo 2018

L'Europa ci fa lo sconticino

Gli «squilibri macroeconomici significativi» persistono per il quinto anno successivo. La crescita è troppo «debole». E il debito pubblico «molto elevato» resta «la maggiore vulnerabilità del Paese». Il che, tradotto dall’europolitichese, significa che l’Italia ha bisogno dell’ennesima stangata fiscale per raddrizzare i conti.
A salvare le tasche dei contribuenti ci pensa, per ora, lo stallo post elettorale. Malgrado la voglia, apertamente dichiarata, del ministro dell’Economia uscente Pier Carlo Padoan di vergare ad aprile  il Documento di economia e finanza che traccerà il percorso dei conti pubblici per i prossimi tre anni, il neo senatore del Pd non potrà mettere le mani nel bilancio dello Stato. Padoan, di fatto «licenziato» da Bruxelles, dovrà limitarsi a fotografare l’andamento macroeconomico del Paese e a ripresentare l’impegni già presi. In altre parole, dovrà fare un bel copia e incolla dell’ultima legge di stabililità.

mercoledì 7 marzo 2018

L'Italia continuerà a crescere alla faccia di questa politica

Il quadro è talmente positivo che la Cgil si è addirittura lanciata in una proposta di aumento degli stipendi. «C’è lo spazio per il miglioramento del valore delle retribuzioni», sostengono dalla federazione guidata da Susanna Camusso. A scatenare l’ottimismo del sindacato rosso è la nota mensile dell’Istat sull’andamento dell’economia italiana, da cui emerge un Paese che senza un esecutivo dotato di pieni poteri sembra aver finalmente ingranato la marcia. E continuerà a correre anche nei prossimi mesi, malgrado lo scenario di stallo politico scaturito dal voto.
Un po’ di anni fa l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, diceva spesso che non sono i governi a decidere le sorti dell’economia. A molti adesso viene il sospetto che non siano solo ininfluenti, ma addirittura deleteri. Dopo i casi di Spagna, Germania e Olanda, che hanno passato mesi con esecutivi di transizione senza alcuna ripercussione, ora anche l’Italia sembra confermare il teorema: l’assenza di iniziativa politica fa bene al Paese.

martedì 6 marzo 2018

Padoan non si è accorto della batosta e sta già preparando un'altra tassa

Sono passate solo poche ore dalla pesantissima batosta presa dal governo e dal suo azionista di maggioranza. Ma per il ministro dell’Economia uscente, e ora pure sfiduciato, Pier Carlo Padoan, che ha già annunciato di voler anche scrivere il Documento di economia e finanza nelle more delle trattative per la formazione del nuovo esecutivo, è una giornata come un’altra. Lui, del resto, il  suo seggio con il Pd a Siena se l’è preso. E poco importa se dietro quei pochi voti che gli hanno permesso di superare l’economista della Lega, Claudio Borghi, (36,2% contro 32,5%) ci siano anche i miliardi dei contribuenti utilizzati per salvare Mps.

I guai col fisco affossano i conti di De Benedetti

Gedi ha chiuso il 2017 con ricavi in crescita dell’8,2% a 633,7 milioni e un ebitda di 53,2 milioni significativamente maggiore rispetto al 2016 (43,7 milioni), anche a perimetro equivalente (46,1 milioni) . Sale anche il risultato operativo consolidato, a quota 28,7 milioni (era di 22,4 milioni l’anno scorso). A pesare sui conti sono, però, i guai col fisco. Il gruppo ha infatti dovuto pagare un vecchio conto con Agenzia delle Entrate, che ha portato in perdita il risultato netto per 123,3 milioni, a fronte di un utile di 10,4 milioni nel 2016.

sabato 3 marzo 2018

Il governo risolve il caso Embraco. Lavoratori in salvo coi soldi nostri

La Embraco va via, ma i lavoratori restano. E a pagargli gli stipendi, con tutta probabilità, saranno i contribuenti italiani. Non è stato difficile per il governo disinnescare la bomba che rischiava di esplodere a poche ore dalle elezioni. L’uovo di Colombo, manco a dirlo, sono i soldi pubblici. Quelli inseriti due giorni fa nel cosiddetto Fondo anti-delocalizzazioni, con il via libera del Cipe ad una dotazione iniziale di 200 milioni. A gestire i quattrini sarà Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa controllata dal ministero dell’Economia.
È solo grazie all’entrata in campo della partecipata che il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, è riuscito a sciogliere la matassa. Fino a qualche settimana fa, infatti, la controllata della multinazionale Usa Whirlpool sembrava tutt’altro che intenzionata a mollare sul piano di delocalizzazione in Slovacchia. E nessuno, ovviamente, sembrava disposto a rilevare l’impianto di Riva presso Chieri (Torino) permettendo ai 497 dipendenti di restare al proprio posto.

giovedì 1 marzo 2018

Alle Ferrovie si scusano, ma nessuno si dimette

«Sono stati commessi degli errori, che non ripeteremo. E dobbiamo delle scuse ai passeggeri». Renato Mazzoncini, manager che Matteo Renzi ha fortemente voluto alla guida delle Ferrovie dello Stato, ha deciso di affidare la sua versione alle pagine di Repubblica. L’ad ha spiegato che a Roma ci sono 600 scambi, di cui solo 150 attrezzati con le scaldiglie (le resistenze elettriche che permettono di sbloccare i deviatori), che ci si è messa pure la sfortuna per un guasto ad un treno Italo, che negli ultimi 6 anni la circolazione è passata da 16 milioni di treni per chilometro a 33, che se avessero bloccato tutto il servizio questo non succedeva.