sabato 30 novembre 2013

Beffa Imu: la pagherà una famiglia su due

Gira che ti rigira, la stangata è arrivata puntuale pure questa volta. La quota di extragettito scaricata sui contribuenti scende dal 50 al 40%, ma le abitazioni coinvolte passano da 3,5 a 10 milioni. Dopo due giorni di fibrillazioni governative e, si racconta, di pressanti ed insistenti richieste dell’Anci che avrebbero portato a piccole ma rilevantissime riscritture, il testo finale sull’Imu è arrivato. E le brutte sorprese non mancano. È bastata una parolina piazzata al posto giusto per trasformare il decreto per l’abolizione della seconda rata sulla prima casa in un altro appuntamento con l’erario. Gli importi sono minimi, ma la platea dei contribuenti colpiti si è allargata al punto da trascinare nuovamente nell’incubo Imu circa la metà dei contribuenti che hanno pagato il balzello nel 2012. Alla faccia degli impegni presi da Letta.


venerdì 29 novembre 2013

Il governo inventa i cassintegrati di serie B

Vista la crisi, il governo non ha trovato di meglio che fare cassa sulla pelle delle Pmi. Penalizzando, inoltre, le aziende del Nord. È questo, sostanzialmente, il risultato dell'operazione messa in piedi congiuntamente dal ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, e da quello del Welfare, Enrico Giovannini, nel provvedimento dedicato alla ridefinizione degli ammortizzatori sociali.

Ecco i comuni dove l'imu si paga

Altro che impegni mantenuti. L’Imu sulla prima casa si pagherà anche nel 2013. E il balzello, tanto perché alle beffe non c’è mai fine, colpirà in alcuni casi anche chi si era salvato nel 2012.
La brutta sorpresa è contenuta nel decreto approvato in tutta fretta dal Consiglio dei ministri di mercoledì. Sulla carta il provvedimento ha abolito, come aveva promesso la scorsa estate il premier Enrico Letta, la seconda rata dell’imposta municipale sulla casa. Nella realtà, il governo ha deciso di assecondare gli appetiti dei Comuni. In particolare di quelli che nell’anno in corso, per coloro che non sono rientrati nell’esenzione, hanno di nuovo messo mano alle aliquote, sfruttando la forbice del 2 per mille (dal 4 fino al tetto massimo del 6 per mille) prevista dalla legge varata dal governo Monti.

giovedì 28 novembre 2013

Il motore della crescita è nella Difesa

Tecnologia militare e crescita. È questo il binomio su cui il premier Enrico Letta dovrebbe puntare al prossimo consiglio Ue del 20 dicembre, dove si discuterà principalmente di investimenti nella difesa. A quantificare la posta in gioco è uno studio realizzato da Prometeia per Finmeccanica. Dal lavoro presentato ieri emerge che il colosso dell’aerospazio sforna valore aggiunto, occupazione e gettito fiscale per l’Italia con moltiplicatori più alti degli altri settori industriali e, in alcuni casi, anche dei principali Paesi europei. Per avere un’idea basti pensare che ogni occupato di Finmeccanica produce un valore aggiunto diretto di 83mila euro, il 47% in più rispetto alla media italiana. Ancora più elevati gli impatti indiretti. Ogni occupato del gruppo produce altri 2,1 posti di lavoro nell’intera economia, ogni euro di tasse genera altri 1,8 euro di gettito, mentre ogni euro di valore aggiunto ne crea altri 1,6 per il sistema Italia. Complessivamente Finmeccanica ha generato nel 2012 lo 0,6% del pil, con una produttivita più alta del 65% rispetto alla media italiana. Il tutto grazie a massicci investimenti in ricerca e sviluppo. Il gruppo da solo copre il 12,3% della spesa delle imprese e il 6,6% di quella totale. Il problema è che tale spesa (1,2% del pil) resta ancora molto al di sotto della media Ue (1,9%). L’occasione per il cambio di passo potrebbe arrivare dai programmi comuni della Ue, da cui il nostro Paese rischia invece di restare fuori. In palio non c’è solo la crescita economica. Come ha spiegato il presidente di Finmeccanica, Gianni De Gennaro, «aerospazio, difesa ed elettronica sono la frontiera più avanzata sulla quale nei prossimi mesi si andranno a consolidare i nuovi equilibri socio-politici dentro e fuori dell’Europa».

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Generali: più dividendi. E il numero uno Greco se la prende con S&P

È infuriato contro Standard & Poor’s, Mario Greco, ma non perde di vista gli obiettivi. Quelli verso cui le nuove Generali procedono a testa bassa, bruciando i tempi e battendo le stime. Il creditwatch negativo dell’agenzia di rating, piombato martedì sera sul debito del Leone, è l’unica nota stonata dell’investor day di Londra, in cui l’ad ha potuto fare il punto sui risultati raggiunti a dieci mesi dalla presentazione del piano triennale non solo confermando gli impegni presi, ma anche annunciando il miglioramento dei target. In particolare sul taglio dei costi, dove l’obiettivo al 2015 sale dai 600 milioni di risparmi dichiarati a gennaio a 750 milioni, che diventeranno un miliardo nel 2016, di cui il 40% nel business vita e il 60% in quello danni e altre attività. Complessivamente, i benefici operativi lordi arriveranno a quota 1,6 miliardi già nel 2015. Restano, invece, invariati gli obiettivi di un roe operativo al 13% e di un indice solvency I al 160%, contro il 152% di fine ottobre.

martedì 26 novembre 2013

Da Imu a Iuc, cambia solo il nome

Sulla casa si cambia ancora. Mentre prosegue la telenovela sulla seconda rata dell’Imu, con il decreto per l’abolizione slittato di nuovo, dal cilindro della commissione Bilancio del Senato è spuntato l’ennesimo groviglio linguistico-fiscale. La tanto discussa Trise, così come prevista dalla versione originaria della legge di stabilità, non c’è più. Al suo posto arriverà la Iuc, che dovrebbe, almeno nelle intenzioni, semplificare la materia e alleggerire un po’ il peso del fisco sugli immobili. Ma che, a ben guardare, lascia i balzelli quasi invariati e aggiunge ulteriore confusione.


venerdì 15 novembre 2013

Pil in calo da 27 mesi. Altra stangata in arrivo?

«Non c’è bisogno di manovre aggiuntive». Preoccupa un po’ la dichiarazione con cui ieri Fabrizio Saccomanni ha commentato i dati Istat sul pil. L’ultima volta, a settembre, in cui il ministro dell’Economia, sempre sull’onda delle preoccupazioni sollevate dall’Istituto di statistica, ha smentito la necessità di interventi correttivi parlando di «aggiustamenti minimi e gestibili» poi è arrivata una manovrina da 1,6 miliardi per far tornare il deficit sotto il 3%.

Air France molla Alitalia: basta soldi

E ora? È questa la domanda che circola con più insistenza dopo la fuga dei francesi dalla pratica Alitalia. All’indomani della presentazione del piano industriale da parte dell’ad Gabriele Del Torchio Air France ha ha espresso ufficialmente il suo cortese ma fermo rifiuto. La compagnia «conferma il suo impegno a restare un partner leale e serio di Alitalia, nella continuità della partnership industriale in corso», si legge in una nota diffusa ieri mattina dal gruppo transalpino, «ma non parteciperà all’aumento di capitale». I francesi bocciano il piano Del Torchio, sostenendo che non «contiene le indispensabili misure di ristrutturazione», ma ci tengono a dire che non hanno alcuna intenzione di «distruggere Alitalia». A questo proposito fanno sapere che convertiranno le obbligazioni per consentire alla compagnia italiana di «migliorare i mezzi propri, mantenendo allo stesso tempo legami stretti con la partecipazione». Ma la sostanza cambia poco. La quota parte dell’aumento da 300 milioni (75 milioni) non arriverà e il pacchetto di azioni detenuto dal gruppo franco-olandese verrà diluito dall’attuale 25 a circa l’8-10%.

mercoledì 13 novembre 2013

Il Pd è all'ultima spiaggia. Si spacca sulle concessioni balneari

«Ridurre ai ricchi la tassazione sulla casa svendendo i tesori ambientali di tutti». L’Unità sintetizza così il bieco tentativo della «destra berlusconiana» di scardinare l’architettura della legge di stabilità. In realtà, più che l’assalto al Pdl, ieri sull’ipotesi della vendita delle spiagge è andato in scena un grottesco scontro interno al Pd.

Così la Tuc ci salva dai sindaci

Ici, Imu, Tarsu, Tares, Trise, Tasi, Tari. L’ultima sigla arrivata a turbare i sonni degli italiani si chiama Tuc, tributo unico comunale. L’acronimo è il perno intorno a cui ruota la riforma della tassazione immobiliare targata Pdl. Il Tuc, contenuto in un emendamento alla legge di stabilità presentato da uno dei due relatori al Senato, Antonio D’Ali, si propone di ridurre il peso complessivo del fisco sulla casa e di semplificare la vita al contribuente.

martedì 12 novembre 2013

Saccomanni prende un altro vaffa

Il governo è l’economia reale continuano ad essere sintonizzati su due frequenze differenti. Malgrado le stime errate fatte sull’anno in corso (solo qualche settimana fa Palazzo Chigi ha accettato l’idea che il pil scenderà dell’1,8%), Fabrizio Saccomanni continua a credere (o a farci credere) nel grande recupero, con il pil in deciso rialzo dell’1,1% nel 2014 e vicino al 2% nel 2015. «Dopo una crisi grave e prolungata gli ultimi dati congiunturali segnalano che l’attività economica si sta stabilizzando e che il paese si sta avviando verso una graduale ripresa», ha detto il ministro dell’Economia durante un intervento alla Scuola di polizia tributaria della Guardia di Finanza ad Ostia. Un dato, quello citato dall’ex dg di Bankitalia per il prossimo anno, che è stato già smentito la scorsa settimana da Istat e Commissione Ue (che prevedono 0,7%), ma che, soprattutto, non trova alcun riscontro nel tessuto produttivo del Paese.

Niente tasse sotto i 12mila euro. Fassina contro: aiuta i ricchi

C’è un parlamentare a Berlino. Anzi ce ne sono due, Anna Cinzia Bonfrisco e Gian Carlo Sangalli. La prima è del Pdl, il secondo del Pd. Ma per una volta sono entrambi d’accordo nel tagliare le tasse. Portano la loro firma, infatti, due emendamenti, a cui si aggiunge anche quello del senatore Remigio Ceroni, sempre del Pdl, che prevedono l’estensione della no-tax area (attualmente a 8mila euro per i dipendenti e 7.500 per i pensionati) ai redditi sotto i 12mila euro. In pratica, dal primo gennaio 2014 tutti i contribuenti italiani inizierebbero a pagare l’Irpef solo a partire da quella soglia. Un salvavita per le classi meno abbienti, una boccata d’ossigeno per il ceto medio.

Il Pd boccia il Pdl sulla vendita delle spiagge. Ma la proposta era del governo (e del Pd)

La vendita delle spiagge per fare cassa, proposta dal Pdl con un emendamento alla legge di stabilità, «non è nell’interesse del paese». E non è neanche «in linea» col programma del governo, spiega il viceministro all’Economia (del Pd), Stefano Fassina. Per il presidente della commissione Bilancio (del Pd), Francesco Boccia, «la vendita delle spiagge non è oggetto di mediazione tra la maggioranza, anche perché ricorda l’affare tentato da Totò con la vendita di Fontana di Trevi oppure la proposta della Lega di vendere le Dolomiti». Peccato che la bislacca proposta del Pdl arrivi direttamente da Via XX Settembre. L’idea di «sdemanializzare» il tratto di spiaggia dove si trovano le infrastrutture degli stabilimenti e venderlo in prelazione ai gestori era stata avanzata lo scorso settembre dal sottosegretario all’Economia (del Pd) Pier Paolo Baretta ad un tavolo ministeriale con le categorie, il direttore del Demanio, Stefano Scalera, e parlamentari di tutti i partiti. «Se questa è la serietà del governo», dice l’on del Pdl, Ignazio Abrignani, che era presente, «allora ha ragione Berlusconi, meglio stare all’opposizione».

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giovedì 7 novembre 2013

Alfano azzera Saccomanni: «L'Imu non si deve pagare»

L’Imu torna. Anzi no, salta. Mentre i tecnici del Tesoro sono ancora alle prese con numeri e tabelle per tirare fuori dal cilindro le risorse necessarie e i commercialisti lanciano l’allarme per le scadenze troppo ravvicinate, sulla seconda rata dell’imposta municipale sulla casa esplode pure il caso politico. Il continuo balbettio di molti esponenti di governo, culminato martedì con il «non sarà facile evitarla, ma si può fare» pronunciato dallo stesso ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, è stato interrotto ieri dal perentorio intervento di Angelino Alfano. «La seconda rata non si pagherà. È un impegno assunto con il Parlamento e con gli italiani ed è un impegno che sarà mantenuto, che dovrà essere mantenuto».

Finmeccanica va. Ansaldo Breda nel baratro

Finmeccanica tiene nei comparti core dell’aerospazio e della difesa, ma «il perdurare della grave crisi di Ansaldo Breda» zavorra i conti del gruppo, che non riuscirà «a raggiungere gli obiettivi di redditività attesi per il 2013». I risultati dei primi 9 mesi approvati ieri dal cda di Piazza Montegrappa fotografano in maniera netta le difficoltà con cui si sta confrontando la nuova gestione Pansa-De Gennaro.

mercoledì 6 novembre 2013

Il primo bilancio di Marino è con il trucco. E dal 2014 a Roma l'Irpef sforerà il massimo

Il trucco c’è. E si vede. Nella notte tra lunedì e martedì la giunta del comune di Roma ha approvato il bilancio di previsione per il 2013. Un documento contabile da oltre 6,5 miliardi di euro che Ignazio Marino ha sbandierato come una manovra zero tasse. «È stato un ottimo risultato», ha festeggiato il sindaco, «siamo riusciti, utilizzando rigore, severità, revisione di tutti i conti a chiudere il bilancio senza innalzare tasse in nessun settore, né Imu né Irpef né tassa di soggiorno e occupazione di suolo pubblico così come avevamo promesso da mesi». Non solo, «nonostante la difficile situazione contabile ereditata», spiegano ancora dal Campidoglio, «vengono rafforzate le voci di spesa che riguardano la promozione dei servizi sociali, i servizi educativi e scolastici nonché la manutenzione urbana». Nel dettaglio, rispetto allo scorso anno crescono di 43,6 milioni i fondi destinati alle infrastrutture e alla manutenzione, di 12,8 quelli per le scuole, di 9,5 milioni le risorse destinate a servizi sociali e la salute. In tutto 65,9 milioni.

Scaroni insiste sullo shale gas: «Non possiamo farne a meno»

Mentre in Italia continuiamo a credere alle favole pseudoscientifiche dei terremoti provocati dalle trivelle o a preoccuparci per le possibili, ma tutte da dimostrare, conseguenze sull’effetto serra, gli Stati Uniti (e presto anche la Gran Bretagna) continuano ad estrarre tonnellate di gas a basso costo, condannandoci alla schiavitù energetica.

martedì 5 novembre 2013

Non si sa chi salverà Alitalia. Di sicuro ci sarà cassaintegrazione

Alitalia dovrà stringere la cinghia. Noi pure. Mentre continuano ad accavallarsi le indiscrezioni e le smentite sui numeri del nuovo piano lacrime e sangue per rimettere in sesto la compagnia un elemento inizia ad emergere con discreta chiarezza: l’intervento dello Stato, e quindi dei contribuenti, non si limiterà alla fiche da 75 milioni messa sul piatto dalla controllata del Tesoro Poste Italiane. Ad annunciarlo, senza troppi fronzoli, è stato ieri il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato. «In caso di esuberi nella partita Alitalia saranno messi in campo una serie di meccanismi e di ammortizzatori sociali», ha spiegato, aggiungendo che «non è mai capitato che una grande impresa chiuda un pezzo della sua attività senza che ci sia un aiuto anche da parte dello Stato in modo tale da non creare drammi sociali».

Per uno 0,4% Saccomanni attacca pure l'Istat

«Abbiamo opinioni leggermente diverse». Come spesso accade ai tecnici, quando viene contraddetto sui numeri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, diventa spigoloso e puntuto. Soprattutto se a farlo sono i suoi ex colleghi economisti. Era già capitato lo scorso maggio con l’Ocse, che si era permesso di abbassare le stime sul pil del 2013 dal -1 al -1,5% (poi portate a -1,8%) alla vigilia della chiusura delle procedura d’infrazione per deficit a carico dell’Italia. «Le stime Ocse», ebbe a dire l’ex dg di Bankitalia nel corso di un’audizione in Parlamento sul Def, «non hanno molta rilevanza». La stizza del ministro si è ripresentata a luglio. Nel mirino, questa volta, le valutazioni di S&P che hanno portato al declassamento dell’Italia. Una decisione, disse Saccomanni, «non adeguatamente sostenuta da analisi condivise» che appare anzi «basata sull’estrapolazione meccanica di dati e della situazione del passato, con minima o nulla considerazione per le misure già prese o in corso di attuazione».


venerdì 1 novembre 2013

Marino prepara la supertassa sulla casa

Brutte notizie per i romani. In attesa della più volte annunciata riforma del catasto il fisco ha fatto da sé. Sfruttando una norma della Finanziaria 2005 l’Agenzia delle entrate (nella quale è confluita l’Agenzia del territorio) ha rivisto al rialzo le rendite di 175mila immobili in 17 microzone. Tra quartieri colpiti il Centro storico, Borgo Pio, Flaminio, Testaccio, San Saba, Delle Vittorie, Parioli, Salario, Esquilino, Trionfale Appia Antica e Gianicolo. Si tratta di zone definite anomale, dove il valore catastale è spesso molto inferiore a quello di mercato.