Il governo è l’economia reale continuano ad essere sintonizzati su due frequenze differenti. Malgrado le stime errate fatte sull’anno in corso (solo qualche settimana fa Palazzo Chigi ha accettato l’idea che il pil scenderà dell’1,8%), Fabrizio Saccomanni continua a credere (o a farci credere) nel grande recupero, con il pil in deciso rialzo dell’1,1% nel 2014 e vicino al 2% nel 2015. «Dopo una crisi grave e prolungata gli ultimi dati congiunturali segnalano che l’attività economica si sta stabilizzando e che il paese si sta avviando verso una graduale ripresa», ha detto il ministro dell’Economia durante un intervento alla Scuola di polizia tributaria della Guardia di Finanza ad Ostia. Un dato, quello citato dall’ex dg di Bankitalia per il prossimo anno, che è stato già smentito la scorsa settimana da Istat e Commissione Ue (che prevedono 0,7%), ma che, soprattutto, non trova alcun riscontro nel tessuto produttivo del Paese.
Come ha spiegato ieri Carlo Sangalli, «il 2014 non sarà certo l’anno di una ripresa sostanziale». Anzi, le prospettive sono cupe, perché le imprese del commercio «sono stremate». E tutti sanno che il business dei negozianti è il termometro migliore per verificare l’andamento dei consumi e dell’intera economia.
A dare il colpo di grazia alle speranze di risalita del Paese, secondo il presidente di Confcommercio, sarà paradossalmente proprio la legge di stabilità. La ripresa non ci sarà, ha spiegato Sangalli durante la giornata della mobilitazione, «anche per gli effetti della manovra, che se non verrà corretta in Parlamento, lascerà di fatto irrisolti i problemi strutturali della nostra economia e, soprattutto, non avvierà quella stagione di riforme, prima fra tutte quella fiscale, che auspichiamo da tempo». L’idea di Sangalli, condivisa dalla maggior parte del mondo imprenditoriale, è che il Paese abbia «assoluta necessitàdi una poderosa operazione di sottrazione, meno spesa pubblica e meno tasse. Ci auguriamo che nella conversione della legge di stabilità questo avvenga».
Nel frattempo le imprese continuano a fare i conti con i problemi cronici dell’Italia. Che oltre all’eccessivo peso fiscale, alla burocrazia e alla mancanza di politiche di sviluppo, riguardano anche l’illegalità diffusa. Non solo quella rappresentata dall’evasione, su cui Saccomanni ieri ha di nuovo puntato il dito promettendo una «mano ferma, ma calibrata», quanto quella dell’abusivismo e della contraffazione, che malgrado i convegni e gli annunci continua a erodere quote di mercato alle imprese regolari
Ogni azienda commerciale, secondo quanto emerge da un’indagine Confcommercio-Censis, perde 202mila euro di fatturato l’anno a causa di abusivismo e illegalità. Complessivamente si tratta di 17,2 miliardi di euro l’anno. I mancati introiti mettono a rischio l’attività di 43mila negozi regolari l’anno, insieme al lavoro di 79mila addetti.
Gli esercizi commerciali irregolari o abusivi sono in media il 7,1% del totale sul territorio nazionale. Nel caso dei mercati e aree pubbliche la media balza però al 19,4%. Percentuale che torna a impennarsi nel caso di Sud e Isole dove la presenza di esercizi illegali sfiora il 12% (11,6%). «Siamo in una situazione di allarme rosso», ha denunciato Sangalli, che chiede «tolleranza zero contro ogni forma di illegalità che si annida anche nelle professioni, nei servizi e nei trasporti, per non parlare del contrabbando».
Sul fronte della contraffazione, il fatturato complessivo del commercio di prodotti tarocchi viene stimato in circa 6,5 miliardi di euro nel 2013. Con un 76% dei falsi che si concentra nei settori della spesa per abbigliamento e accessori e nei prodotti audiovisivi.
Allarme che, inutile dirlo, ha trovato l’immediato sostegno dei rappresentanti del governo intervenuti all’iniziativa. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha promesso il «pugno di ferro» annunciando una task force permanente contro abusivismo e contraffazione commerciale. Mentre il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, ha assicurato che «l’impegno del governo su questo terreno sarà totale».
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