Brutte notizie per i romani. In attesa della più volte annunciata riforma del catasto il fisco ha fatto da sé. Sfruttando una norma della Finanziaria 2005 l’Agenzia delle entrate (nella quale è confluita l’Agenzia del territorio) ha rivisto al rialzo le rendite di 175mila immobili in 17 microzone. Tra quartieri colpiti il Centro storico, Borgo Pio, Flaminio, Testaccio, San Saba, Delle Vittorie, Parioli, Salario, Esquilino, Trionfale Appia Antica e Gianicolo. Si tratta di zone definite anomale, dove il valore catastale è spesso molto inferiore a quello di mercato.
L’iniziativa è servita, tra le altre cose, ad eliminare alcune categorie non più attuali, come quella delle abitazioni ultrapopolari (A/5). Ma nel mirino sono finite principalmente le case di tipo popolare (A/4) ed economico (A/3) il cui classamento è stato considerato non coerente con il valore dell’area.
I proprietari colpiti dall’aggiornamento delle rendite inizieranno a ricevere le prime lettere nei prossimi giorni. L’invio sarà scaglionato in sette tranche sulla base delle diverse zone. Ovviamente sono stati attivati sportelli ad hoc e servizi informatici per fornire chiarimenti ed, eventualmente, dare la possibilità ai cittadini di ricorrere. Ma è difficile che il fisco faccia marcia indietro, considerato che l’adeguamento è stato effettuato sulla base di rigidi criteri tecnici e preceduto da capillari verifiche condotte fabbricato per fabbricato.
Prima di Roma l’Agenzia delle entrate ha rivisto le rendite di altri 16 comuni, tra cui Milano, dove sono state rialzati i valori catastali di 30mila abitazioni. Ma quella effettuata nella Capitale è l’operazione più imponente per il numero di abitazioni coinvolte e per i risultati scaturiti. Il lavoro dei tecnici del Territorio ha infatti prodotto rialzi complessivi delle rendite catastali per ben 123 milioni di euro.
Un maxi aumento che peserà come un macigno sull’imponibile fiscale e che, guarda caso, arriva proprio alla vigilia della nuova Tasi, che dal prossimo anno si aggiungerà all’Imu per tartassare i proprietari di immobili. L’idea di riclassare le case le centro storico risale al 2010, sotto la giunta guidata da Gianni Alemanno. Ma ora a sfregarsi le mani è il nuovo sindaco Ignazio Marino, che vede la possibilità di aumentare considerevolmente il bottino che arriverà dalla tassazione sulla casa. Una sorta di deja vu per i romani, che già con la vecchia Imu avevano conquistato complessivamente il terzo posto, con 810 euro versati in media, e il secondo posto, con 239 euro, per la prima casa.
Il rischio stangata legato alle iniziative Comunali, d’altra parte, riguarderà tutti gli italiani, a prescindere dalla rivalutazione delle rendite. Nel 2014 l’impatto sarà in qualche modo limitato dal tetto al 2,5 per mille previsto per la Tasi sulla prima casa. Ma dal 2015 i sindaci avranno mano libera per rimodulare le aliquote, avendo come unico paletto lo 0,1% in più rispetto alle vecchie aliquote Imu per prime e seconde case.
Il che potrebbe portare ad un gettito complessivo di dimensioni mostruose. Nel 2012 i comuni avevano la possibilità di far oscillare le aliquote dal 2 al 6 per mille per le abitazioni principali e dal 4,6 al 10,6 per mille per le altre. Dal 2015, invece, la forbice prevista per la Tasi sulla prima casa e per la somma di Tasi più Imu sulla seconda casa va, rispettivamente, da 0 a 7 per mille e dal 4,6 all’11,6 per mille.
Se il provvedimento non subirà modifiche significative nel corso dell’esame parlamentare il calcolo della mazzata complessiva che potrebbe piombare sulla testa degli italiani non è difficile. Tenendo conto dei numeri sulla base imponibile ai fini Imu forniti dall’Agenzia del territorio la somma su cui applicare le aliquote si attesta a circa 4mila miliardi di euro. Rispetto ai 23,7 miliardi totali raggranellati dalle casse pubbliche nel 2012, nel 2015 erario ed enti locali potrebbero prelevare dalle tasche dei contribuenti circa 12 miliardi sulla prima casa e circa 29 miliardi sulle altre abitazioni. Per un totale devastante di 41 miliardi di gettito.
L’ipotesi è costruita sull’eventualità che tutti i comuni applichino le aliquote massime. Irrealistica, direte voi. Eppure, secondo i dati forniti dalla Fondazione Ifel e riportati qualche giorno fa dall’Huffington post, anche nel 2012 i sindaci non si sono fatti pregare. L’aliquota media a livello nazionale per la prima casa si è infatti attestata al 4,44 per mille, mentre quella sulla seconda è arrivata al 9,3 per mille. Uno scenario per nulla rassicurante.
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