Secondo il relatore del Pdl alla legge di stabilità, Antonio D’Alì, parlare di modifiche alla normativa sull’uso del contante «in questo momento è inopportuno». Parole che il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, definisce «di buonsenso». Il tema, però, continua a solleticare la fantasia di alcuni esponenti di governo. Dopo la sortita, durante l’audizione al Senato, del titolare dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ieri è sceso in campo anche il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, che nel corso di una trasmissione su Radio Rai si è detto «favorevole» ad una stretta sull’utilizzo del cash.
L’ipotesi, del resto, malgrado la presa di distanze di Fassina, trova più di un consenso nel Pd. A partire dalla componente che si appresta a guidare il partito. Basta guardare un recente paper di Davide Serra, il fondatore del fondo Algebris che qualche giorno fa si è presentato per la seconda volta alla kermesse dei renziani alla Leopolda, dove ha fatto il pieno di applausi, sulle ricette per risollevare l’Italia. Alla voce riforme fiscali, tra la semplificazione e digitalizzazione del sistema tributario e la riduzione delle imposte per le imprese (aumentando quelle sulle rendite) compare la scritta «remove cash». Abolire il contante, secondo l’amico e consigliere economico di Renzi, è il modo per «combattere efficacemente l’evasione fiscale».
Resta da capire cosa accadrebbe realmente in Italia, dove la stretta operata dal governo Monti, con l’abbassamento a 1.000 euro, più che spaventare gli evasori ha mandato in tilt migliaia di pensionati, costretti ad aprire (e pagare, perché il conto a zero costi nessuno lo ha mai visto) un rapporto bancario per ricevere l’assegno previdenziale. Un’ulteriore riduzione del tetto provocherebbe effetti devastanti, considerato che, come ha segnalato ieri la Cgia di Mestre, nel nostro Paese ci sono ancora 15 milioni di persone (il 29% di quelle al di sopra di 15 anni) che non tengono i propri risparmi in un istituto di credito.
Il risultato sarebbe, con ogni probabilità, l’ennesimo salasso. Forse non tutti sanno, infatti, che le multe per chi infrange la soglia sono salatissime. Oggi chi viola il limite dei pagamenti in contanti viene punito, in base al decreto Salva Italia, con una sanzione che va dall’1 al 40% dell’importo, con una soglia minima, però, che ammonta a ben 3mila euro. In altre parole, se saldate il muratore con 1.001 euro cash dovrete poi pagare allo Stato una somma tre volte maggiore. Stessa multa, inoltre, sarà applicata anche a chi omette di comunicare l’irregolarità alle autorità competenti.
Mentre qualcuno sogna lo stop al contante, i due relatori stanno già iniziando a lavorare alle modifiche alla legge di stabilità. La scadenza per gli emendamenti è stata fissata per giovedì 7 novembre. Nel Pd è tornata a circolare con insistenza l’idea di recuperare nuove risorse attraverso l’aumento dal 20 al 22% della tassazione sulle rendite finanziarie. Per ora, però, i fronti caldi su cui si sta ragionando sono due: cuneo e casa. Sul primo punto il governo, lo ha ribadito anche ieri il premier Enrico Letta, continua a ripetere che il pacchetto da 5 miliardi spalmato sul triennio potrà essere ridistribuito secondo le indicazioni che arriveranno dal Parlamento. Il problema è come: il Pd punta a restringere la platea dei beneficiari a favore dei redditi più bassi, il Pdl chiede invece maggiori risorse per ampliare il ventaglio di interventi pensando di estendere le risorse anche al salario di produttività. Sul lavoro spunta anche l’ipotesi di un ddl ad hoc, collegato alla manovra. Bocche cucite sui contenuti: ma Giovannini all’ultimo Cdm ha fatto una relazione su possibili nuovi criteri per la cig in deroga, in pratica anticipando una stretta che focalizzi le risorse. Sulla casa, invece, l’orientamento prevalente sembra quello di reintrodurre le detrazioni già previste per l’Imu. Per mantenere i saldi invariati, però, il rischio è quello che il costo delle agevolazioni per alcune fasce di contribuenti verrà spalmato sugli altri attraverso un aumento dell’aliquota di base della Tasi. Alcuni ministri, come Graziano Delrio, vorrebbero addirittura lasciare mano libera ai Comuni eliminando il tetto (che peraltro vale solo per il 2014) del 2,5 per mille sull’abitazione principale.
L’idea che sulla tassazione immobiliare i conti per i contribuenti non tornino sta iniziando comunque a prendere piede. Dopo gli avvertimenti lanciati dalla Corte dei Conti e da Bankitalia ieri è arrivato l’allarme anche dei tecnici del Servizio bilancio del Senato. L’obiettivo di ottenere un gettito invariato, nel passaggio dalla Imu alla Tasi, si legge nel dossier, «non è privo di ricadute sia con riferimento alle entrate dei singoli comuni sia rispetto ai contribuenti». I tecnici chiedono quindi di effettuare «analisi approfondite» per verificare «tutte le variabili che entrano in gioco in relazione alle importanti modifiche in esame, che appaiono suscettibili di produrre una serie di effetti connessi al varo della nuova disciplina». Tra questi, anche un impatto sugli ecobonus. Le nuove tasse potrebbero infatti indurre i contribuenti a «particolare cautela, rimandando in parte gli interventi di riqualificazione energetica e ristrutturazione al momento in cui sarà possibile capire con maggiore chiarezza» gli effetti delle modifiche.
© Libero