martedì 8 ottobre 2013

Per tagliare il cuneo rialzano l'Iva

Più tasse, un po’ meno cuneo. È questo lo scenario paradossale che sembra profilarsi all’orizzonte. Il taglio del costo del lavoro per ridare peso alle retribuzioni è diventato il nuovo mantra del governo. Il capitolo dovrebbe essere il perno intorno a cui ruoterà gran parte della legge di stabilità per il 2014. Sugli aspetti tecnici, però, c’è ancora grande incertezza. Domenica scorsa il premier Enrico Letta ha spiegato che il prossimo anno «i lavoratori avranno un beneficio in busta paga e anche le imprese avranno dei vantaggi in modo da poter assumere e capitalizzare le proprie imprese».

L’idea a cui sta lavorando il governo è quello di distribuire in tutto, tra aziende e dipendenti, circa 5 miliardi. Il che, secondo alcune stime potrebbe portare ad incremento salariale di 250-300 euro l’anno. Già così, sarebbe pochissima cosa. Si tratterebbe, infatti, di 15-20 euro al mese. Un’ipotesi minimale non smentita ieri dal viceministro all’Economia, Luigi Casero. «Non voglio fare cifre. Ma se fossero quelle è chiaro che non potrebbe che trattarsi di un primo intervento», ha detto l’esponente del Pdl in un’intervista. «Mi augurerei che la cifra sia quella dei 4-5 miliardi», ha confermato anche il sottosegretario, Pier Paolo Baretta.
Il problema è che anche così, con la mancetta in busta paga, i conti non tornano. Dare 250 euro ai circa 13 milioni di dipendenti che guadagnano 40mila euro lordi l’anno costerebbe infatti 3 miliardi di euro. Che sarebbe già di più della dotazione prevista di 2,5 miliardi. Per quanto riguarda le imprese, rispetto ai 220 miliardi di euro pagati in contributi sociali, i 2,5 miliardi rappresenterebbero un taglio di poco più dell’1% rispetto al mostruoso differenziale tra costo lordo e netto in busto paga del 47,6% a cui è arrivato il nostro Paese.

È evidente, dunque, che per ottenere un qualche risultato il perimetro d’intervento dovrà essere abbondantemente ridotto, attraverso un taglio ultraselettivo che riguardi solo alcune tipologie di lavoratori. E qui entrerebbe in gioco la «nuova» maggioranza a trazione Pd. Il tentativo sarebbe quello di circoscrivere il bonus in busta paga solo alle retribuzioni più basse o, come ha confermato lo stesso Casero, ai lavoratori più giovani. È evidente che in questo modo, a fronte di un esborso comunque rilevante per le casse dello Stato, i benefici per le aziende e per il sistema economico, attraverso la leva dei consumi sarebbe praticamente irrilevante.
Confindustria tempo fa aveva parlato di circa un punto di pil (15-16 miliardi) come soglia minima di intervento capace di smuovere qualcosa. La cifra circola anche nelle varie stime di economisti ed esperti ed è stata ieri ribadita pure dal capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, in una sorta di manifesta programmatico del partito sulle riforme da inserire nella legge di stabilità. Ieri il presidente di Viale dell’Astronomia, Giorgio Squinzi, visti i chiari di luna, ha abbassato il tiro, sostenendo che rispetto ai 4-5 miliardi di cui si parla, 8-10 andrebbero meglio.

Resta comunque, in entrambe le ipotesi, il nodo delle coperture. La strada su cui si stanno muovendo i tecnici del ministero dell’Economia è quella di compensare parte dell’esborso con una rimodulazione delle imposte indirette. Detto in maniera più semplice, si tratterebbe di finanziare circa 2 miliardi della dote per diminuire il costo del lavoro con un’altra stangata sull’Iva e sulle accise. Il resto, invece, dovrebbe arrivare da non meglio precisati tagli alla spesa.
Le cose peggiorano nell’ipotesi di un intervento sul cuneo più robusto. Stando alle parole di Casero il governo sarebbe intenzionato a mettere in campo un primo intervento da 4-5 miliardi e poi un altro per arrivare almeno al minimo sindacale chiesto da Confindustria. Ma il pacchetto potrebbe anche essere «più cospicuo». Questa seconda tranche sarebbe finanziata attraverso la delega fiscale, ovvero da quella sforbiciata alla giungla dei 700 sconti fiscali che già dai tempi di Giulio Tremonti veniva indicata come soluzione maestra per riversare risorse nel sistema.
Il governo, comunque, dovrà lavorare in fretta. Il menù della Legge di Stabilità dovrebbe arrivare sul tavolo del Cdm il 15 ottobre, appena in tempo per la trasmissione del documento a Bruxelles. Complessivamente si parla di una manovra tra i 10 e i 16 miliardi. «Ci aspettiamo che il governo ci dica ci sarà un intervento concreto di riduzione delle tasse per lavoratori e pensionati e per le imprese che investono», ha detto il leader della Cisl, Raffele Bonanni, a margine dell’incontro di ieri sera tra sindacati e governo. Oggi sarà il turno di Confindustria.

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