Se avete deciso all’ultimo momento di passare il Capodanno fuori casa, magari in una località montana di villeggiatura, non stateci a pensare più di tanto: rinunciate. I posti sono finiti, le stanze tutte occupate, gli alberghi stracolmi. Non si tratta del solito tormentone dei ristoranti pieni di berlusconiana memoria, di sensazioni raccolte gironzolando per la strada o chiacchierando con qualche amico. I dati snocciolati ieri da Assoturismo Confesercenti sono il frutto di un monitoraggio condotto da Cst sulle principali Agenzie di viaggio on line che operano in Italia da cui emerge che l’83% delle strutture ricettive disponibili per il ponte della notte di San Silvestro risulta già prenotato. Se poi si restringe il cerchio alle destinazioni di montagna si arriva fino a tassi di occupazione del 98%. Valle D’Aosta e Trentino-Alto Adige viaggiano addirittura verso il tutto esaurito. Interessanti risultati sono attesi anche per l’Umbria (95%) e la Toscana (91%), mentre ad eccezione di alcune regioni del Sud Italia, le rimanenti aree presentano tassi di prenotazione delle strutture ricettive superiori all’80%.
Al principio fu creato l'universo. Questo fatto ha sconcertato non poche persone ed è stato considerato dai più come una cattiva mossa. (Douglas Adams)
lunedì 30 dicembre 2019
venerdì 20 dicembre 2019
Coca Cola minaccia chiusure per colpa delle tasse "verdi"
Per Roberto Gualtieri c’è «un eccesso di catastrofismo». La sugar tax, ha spiegato ieri il ministro dell’Economia in audizione alla Camera, «esiste in molti Paesi dove non sono incorsi crolli dell’occupazione». Mentre la plastic tax è stata ridotta dell’80%, ha proseguito il titolare di Via XX Settembre, e ora il governo sta «definendo un piano nazionale con le parti interessate». Tra una lite e l’altra con chi, nella stessa maggioranza, si è opposto ai nuovi balzelli, il governo ha tentato in tutti i modi di nascondere sotto il tappeto le nuove imposte. Una sforbiciata di qua, uno slittamento di là. Ma il rincaro fiscale, per quanto ammorbidito, è ancora lì. E le industria non sembrano per nulla d’accordo con le parole tranquillizzanti del ministro dell’Economia.
mercoledì 18 dicembre 2019
Le palle di Natale. I giallorossi mistificano la realtà
L’Italia va a rotoli, ma non sarà un Natale dimesso. Certo, ci sono mille crisi aziendali aperte e nessuna risolta, centinaia di migliaia di lavoratori appesi a un filo, decine di migliaia di risparmiatori col fiato sospeso, la spesa pubblica che continua a correre, riforme che non arrivano e balzelli che invece si preparano a svuotarci le tasche. Ma le palle, quelle non mancano davvero. A prescindere dal periodo e dalla necessità di addobbare gli alberi, il governo continua a spararle a ciclo continuo.
giovedì 12 dicembre 2019
Turismo e made in Italy continuano a galoppare
C’è un’Italia che, malgrado tutto, non si ferma mai. Un’Italia che sopravvive alle tasse, agli sgambetti della politica, alle trappole normative. Mentre l’industria manifatturiera e la grande distribuzione, dall’Ilva alla Conad, fino alla Safilo, solo per citare i casi di questi giorni, continuano a sfornare drammatici piani di ristrutturazione, mettendo a rischio decine di migliaia di posti di lavoro e bruciando senza sosta valanghe di risorse pubbliche destinate agli ammortizzatori sociali, c’è un’Italia che, puntando sulle bellezze naturali del Paese, sulle città d’arte e sui prodotti tipici, riesce ancora a produrre quattrini e occupati.
venerdì 6 dicembre 2019
Arriva Gualtieri, peggiora il salva-Stati e incolpa il Carroccio
Solo qualche giorno fa, incassato il flop del salvataggio di Alitalia dopo mesi e mesi di rinvii e di acquirenti in fuga, il ministro dello Sviluppo se l’è presa con i Benetton, sostenendo che l’operazione sia saltata per colpa di Atlantia, che si è tirata indietro all’ultimo momento. Teoria alquanto bizzarra. Non meno, però, di quella sostenuta ieri da Roberto Gualtieri. Non riuscendo a cavare un ragno dal buco in Europa e anzi, rischiando di peggiorare una situazione già compromessa, il ministro dell’Economia non ha trovato di meglio che accusare Claudio Borghi. Il leghista, presidente della Commissione Bilancio della Camera, non ha fatto altro che ribadire la sua tesi di sempre, ovvero che «uscire dall’euro non può essere un tabù».
giovedì 5 dicembre 2019
Sberla Ue all'Italia: "Il salva Stati non cambia"
Altro che rinegoziazione. «Non vediamo la necessità di cambiare il testo o di una riapertura della discussione sui contenuti, ora stiamo affrontando questioni tecniche, ma l'accordo politico sul Mes è stato raggiunto». È stata questa la frase sbattuta dal presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, in faccia all’Italia e al povero ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che si era presentato a Bruxelles con la missione impossibile di portare a casa qualche piccolo, anche formale, trofeo per smorzare le tensioni nella maggioranza.
martedì 3 dicembre 2019
Senza tagli Alitalia non si vende. Se ne sono accorti pure i grillini
Alitalia così com’è non se la compra nessuno. Ci sono voluti 30 mesi di amministrazione straordinaria e 1,5 miliardi di soldi pubblici buttati, ma alla fine ci sono arrivati anche i grillini. «interverremo», ha spiegato ieri il viceministro all’Economia, il pentastellato Stefano Buffagni, «anche con modifiche legislative, perché è evidente che l’azienda ha bisogno di una ristrutturazione, perché altrimenti è invendibile, lo dicono i fatti, e quindi noi ci adopereremo per garantire la tenuta occupazionale, ma anche per renderla competitiva e appetibile per il mercato».
mercoledì 12 giugno 2019
[/FIRMA-SOLA][TESTO-PRIMA]Certo, l’Europa ci ha inguaiato con la moneta unica, consente da anni alla Germania di fare affari d’oro a nostre spese, non fa una piega di fronte alle marachelle contabili della Francia, ci chiede soldi e ci restituisce insulti, continua a pensare che l’unico modo di far quadrare i bilanci pubblici sia quello di spennare i contribuenti.
Ma quando dice che i nostri conti fanno schifo, bisogna ammettere che è difficile darle torto. Non si tratta di essere sovranisti o europeisti. Né di essere a favore o contro l’attuale governo. (...)<QL>
<CL8><BB><HS-9><CP9><CF2243><PS@0,-1><RBFILOFIRMA,0,1,0,0,0,0><CONERO>segue dalla prima<QL>
[FIRMA-SEGUE]SANDRO IACOMETTI<QL>
[TESTO](...) Con l’attuale debito di 2.359 miliardi di euro Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno a che fare ben poco. Intendiamoci, neanche loro si sono dati troppo da fare per diminuirlo, ma il buco di bilancio nasce negli anni 80 e tutti i governi da allora ad oggi, nessuno escluso, hanno contribuito ad allargarlo, fregandosene delle conseguenze.
La verità è che all’Italia e agli italiani, tutto sommato, va bene così. Il debito pubblico sale, ma in tasca ci sono sempre più soldi. Tra il 2016 e il 2017, secondo i recentissimi dati di Bankitalia ed Istat, la ricchezza italiana è cresciuta di 98 miliardi (+1%) a quota 9.743 miliardi. Si tratta di una cifra che vale 8 volte il reddito disponibile e che, divisa per il numero di abitanti, si posiziona un gradino sopra a quella detenuta dalle famiglie tedesche.
Se il vostro vicino di casa fosse disoccupato e avesse una Ferrari nel garage sareste disposti a prestargli dei soldi per saldare i suoi debiti? E’ questo il sentimento con cui non solo l’emissario del governo di Berlino, ma anche tutti quelli degli altri 27 Paesi che fanno parte, insieme a noi, dell’Unione europea, martedì scorso hanno firmato il documento in cui si invita Bruxelles a farci rigare dritto.
In Olanda, secondo uno studio pubblicato qualche settimane fa dal gruppo dei Verdi europeo e condotto dalla ong americana Rand, la corruzione vale lo 0,76% del Pil. In Danimarca e Finlandia rispettivamente il 2 e il 2,5%. Come possono questi Paesi essere solidali con il nostro, dove i furbetti bruciano ogni anno 236,8 miliardi di ricchezza, circa il 13% del Pil?
[TIT-ALT-TXT]i tempi della giustizia
[/TIT-ALT-TXT]La Ue, con i suoi cavillli e la sua ottusità, non solo non ci ha aiutato, ma ha probabilmente peggiorato le cose. Il debito non si può abbattere solo a colpi di tasse, ma favorendo la crescita e lo sviluppo, alimentando gli investimenti, allentando un po’ le regole, sia quelle sui rigidi vincoli di bilancio sia quelle relative a procedure ed adempimenti, come sta cercando di fare adesso il governo gialloverde sugli appalti.
Ma i tempi della nostra giustizia non dipendono dall’Europa. Eppure, uno studio di Bruxelles ha calcolato che in Italia ci vogliono in media 1.300 giorni, circa 4 anni, per arrivare al terzo grado in un giudizio civile. In Spagna, dove non sono campioni di efficienza, ci vuole la metà del tempo, in Germania solo 200 giorni, un sesto. Non è solo una questione di civiltà, di serietà, ma di soldi persi. Non riuscire a concludere i processi significa rendere impossibile riscuotere i crediti, far scappare gli investitori italiani e tenere alla larga quelli stranieri.
[TIT-ALT-TXT]sprechi ed evasione
[/TIT-ALT-TXT]L’Italia è il Paese in cui 6,48 miliardi di euro vengono spesi per sovra utilizzo di prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate, altri 2,16 per acquisti a costi eccessivi, altri 3,24 per sotto utilizzo di prestazioni efficaci e appropriate, 2,59 per inadeguato coordinamento dell’assistenza e 4,75 miliardi per frodi e abusi. In tutto, secondo la Fondazione Gimbe, si tratta di 21,5 miliardi buttati al vento sui 113 totali spesi per il servizio sanitario nazionale.
Briciole rispetto ai 108 miliardi che, spiega il Tesoro, ogni anno per colpa dell’evasione non entrano nelle casse del fisco, di cui 97,8 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,1 di mancate entrate contributive, o ai 210 miliardi di economia sommersa e attività illecite calcolati dall’Istat. Riusciamo a sprecare quattrini persino quando si tratta di fare del bene, di aiutare chi è in difficoltà, se è vero che, come rivelato qualche tempo fa dalla Gdf, 6 Isee su 10 per accedere ai benefici e alle agevolazioni concessi dall’Inps sono truccati.
Si può difendere l’alto debito quanto si vuole, si può sostenere che il Giappone campa benissimo con un rosso stratosferico, che gli altri Paesi Ue sono liberi di fare investimenti in deficit e che il nodo centrale è la crescita. Tesi che hanno più di un fondamento. Ma il voto europeo contro l’Italia è anche un voto contro i nostri vizi e le nostre criticità strutturali. Problemi che non solo hanno gonfiato il nostro rosso, ma hanno anche impedito la crescita. Tagliare la spesa, diminuire gli sprechi e combattere la corruzione con la semplificazione burocratica non significa obbedire alla Ue, ma mettere benzina nel motore.
© Libero
Ma quando dice che i nostri conti fanno schifo, bisogna ammettere che è difficile darle torto. Non si tratta di essere sovranisti o europeisti. Né di essere a favore o contro l’attuale governo. (...)<QL>
<CL8><BB><HS-9><CP9><CF2243><PS@0,-1><RBFILOFIRMA,0,1,0,0,0,0><CONERO>segue dalla prima<QL>
[FIRMA-SEGUE]SANDRO IACOMETTI<QL>
[TESTO](...) Con l’attuale debito di 2.359 miliardi di euro Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno a che fare ben poco. Intendiamoci, neanche loro si sono dati troppo da fare per diminuirlo, ma il buco di bilancio nasce negli anni 80 e tutti i governi da allora ad oggi, nessuno escluso, hanno contribuito ad allargarlo, fregandosene delle conseguenze.
La verità è che all’Italia e agli italiani, tutto sommato, va bene così. Il debito pubblico sale, ma in tasca ci sono sempre più soldi. Tra il 2016 e il 2017, secondo i recentissimi dati di Bankitalia ed Istat, la ricchezza italiana è cresciuta di 98 miliardi (+1%) a quota 9.743 miliardi. Si tratta di una cifra che vale 8 volte il reddito disponibile e che, divisa per il numero di abitanti, si posiziona un gradino sopra a quella detenuta dalle famiglie tedesche.
Se il vostro vicino di casa fosse disoccupato e avesse una Ferrari nel garage sareste disposti a prestargli dei soldi per saldare i suoi debiti? E’ questo il sentimento con cui non solo l’emissario del governo di Berlino, ma anche tutti quelli degli altri 27 Paesi che fanno parte, insieme a noi, dell’Unione europea, martedì scorso hanno firmato il documento in cui si invita Bruxelles a farci rigare dritto.
In Olanda, secondo uno studio pubblicato qualche settimane fa dal gruppo dei Verdi europeo e condotto dalla ong americana Rand, la corruzione vale lo 0,76% del Pil. In Danimarca e Finlandia rispettivamente il 2 e il 2,5%. Come possono questi Paesi essere solidali con il nostro, dove i furbetti bruciano ogni anno 236,8 miliardi di ricchezza, circa il 13% del Pil?
[TIT-ALT-TXT]i tempi della giustizia
[/TIT-ALT-TXT]La Ue, con i suoi cavillli e la sua ottusità, non solo non ci ha aiutato, ma ha probabilmente peggiorato le cose. Il debito non si può abbattere solo a colpi di tasse, ma favorendo la crescita e lo sviluppo, alimentando gli investimenti, allentando un po’ le regole, sia quelle sui rigidi vincoli di bilancio sia quelle relative a procedure ed adempimenti, come sta cercando di fare adesso il governo gialloverde sugli appalti.
Ma i tempi della nostra giustizia non dipendono dall’Europa. Eppure, uno studio di Bruxelles ha calcolato che in Italia ci vogliono in media 1.300 giorni, circa 4 anni, per arrivare al terzo grado in un giudizio civile. In Spagna, dove non sono campioni di efficienza, ci vuole la metà del tempo, in Germania solo 200 giorni, un sesto. Non è solo una questione di civiltà, di serietà, ma di soldi persi. Non riuscire a concludere i processi significa rendere impossibile riscuotere i crediti, far scappare gli investitori italiani e tenere alla larga quelli stranieri.
[TIT-ALT-TXT]sprechi ed evasione
[/TIT-ALT-TXT]L’Italia è il Paese in cui 6,48 miliardi di euro vengono spesi per sovra utilizzo di prestazioni sanitarie inefficaci o inappropriate, altri 2,16 per acquisti a costi eccessivi, altri 3,24 per sotto utilizzo di prestazioni efficaci e appropriate, 2,59 per inadeguato coordinamento dell’assistenza e 4,75 miliardi per frodi e abusi. In tutto, secondo la Fondazione Gimbe, si tratta di 21,5 miliardi buttati al vento sui 113 totali spesi per il servizio sanitario nazionale.
Briciole rispetto ai 108 miliardi che, spiega il Tesoro, ogni anno per colpa dell’evasione non entrano nelle casse del fisco, di cui 97,8 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,1 di mancate entrate contributive, o ai 210 miliardi di economia sommersa e attività illecite calcolati dall’Istat. Riusciamo a sprecare quattrini persino quando si tratta di fare del bene, di aiutare chi è in difficoltà, se è vero che, come rivelato qualche tempo fa dalla Gdf, 6 Isee su 10 per accedere ai benefici e alle agevolazioni concessi dall’Inps sono truccati.
Si può difendere l’alto debito quanto si vuole, si può sostenere che il Giappone campa benissimo con un rosso stratosferico, che gli altri Paesi Ue sono liberi di fare investimenti in deficit e che il nodo centrale è la crescita. Tesi che hanno più di un fondamento. Ma il voto europeo contro l’Italia è anche un voto contro i nostri vizi e le nostre criticità strutturali. Problemi che non solo hanno gonfiato il nostro rosso, ma hanno anche impedito la crescita. Tagliare la spesa, diminuire gli sprechi e combattere la corruzione con la semplificazione burocratica non significa obbedire alla Ue, ma mettere benzina nel motore.
© Libero
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