venerdì 6 dicembre 2019

Arriva Gualtieri, peggiora il salva-Stati e incolpa il Carroccio

Solo qualche giorno fa, incassato il flop del salvataggio di Alitalia dopo mesi e mesi di rinvii e di acquirenti in fuga, il ministro dello Sviluppo se l’è presa con i Benetton, sostenendo che l’operazione sia saltata per colpa di Atlantia, che si è tirata indietro all’ultimo momento. Teoria alquanto bizzarra. Non meno, però, di quella sostenuta ieri da Roberto Gualtieri. Non riuscendo a cavare un ragno dal buco in Europa e anzi, rischiando di peggiorare una situazione già compromessa, il ministro dell’Economia non ha trovato di meglio che accusare Claudio Borghi. Il leghista, presidente della Commissione Bilancio della Camera, non ha fatto altro che ribadire la sua tesi di sempre, ovvero che «uscire dall’euro non può essere un tabù».

Apriti cielo. «La Lega è nemica degli interessi dell’Italia», ha tuonato Gualtieri, appoggiato da Pd e Renziani, lasciando chiaramente intendere che se le cose non andranno per il verso giusto a Bruxelles sarà colpa dei soliti sovranisti che tuonano contro l’Europa e mettono a rischio gli sforzi della sinistra di portare avanti le trattative.
La realtà è che il ministro dell’Economia, che era considerato uno degli uomini più influenti dell’Europarlamento, è finora riuscito ad ottenere ben poco. Dopo dieci ore di Eurogruppo l’unica cosa che il capo Mario Centeno continua a ripetere è che l’accordo non si cambia. Non solo.
Alla fine sembra sia pure saltata quella logica del «pacchetto» su cui il premier Giuseppe Conte aveva cercato nei giorni scorsi di placare le ire di Luigi Di Maio e di crearsi un’alibi per ritardare la firma sul Fondo salva stati. Il capo dei Cinquestelle continua a ripetere che non si accetta nulla senza che siano chiari i dettagli anche delle altre due riforme: assicurazione sui depositi e unione bancaria. E non ha neanche tutti i torti.

Il vero pericolo
Più che sul Mes, infatti, è lì che si annida il vero pericolo per l’Italia e le sue banche. La posizione prevalente in Europa, infatti, è quella di collegare l’assicurazione unica per i depositi (l’European Deposit Insurance Scheme, Edis) all’introduzione di un criterio per valutare i rischi legati ai titoli di Stato, proponendo che tale criterio sia il rating del debito sovrano dei Paesi da cui provengono le emissioni. L’ipotesi, che pur con le dovute cautele viene ventilata anche da Bankitalia, trasformerebbe i bond pubblici in pancia ai nostri istituti in capitale di rischio (come tutti gli altri prestiti) e li costringerebbe a varare ricapitalizzazioni miliardarie per rispettare le regole Ue sui requisiti patrimoniali. Una bomba.

Niente pacchetto
Ma di questo pare che si discuterà solo in un secondo momento. «Non c’è ancora l’accordo di tutti», ha spiegato il nostro commissario Paolo Gentiloni. Quello che interessa alla Ue, adesso, e in particolare alla alla Germania (le cui banche sono con l’acqua alla gola) è chiudere il prima possibile l’accordo sul Mes per garantire che i soldi del fondo possano essere utilizzati per salvare gli istituti, che è una delle principali novità della riforma.
E siccome il testo principale non si tocca e, al di là delle chiacchiere sul presunto rinvio, si voterà nel primo trimestre del 2020, com’era previsto, l’unica concessione che Bruxelles sembra disposta a fare all’Italia, per non lasciare Gualtieri completamente a bocca asciutta, è quella sull’annesso (un allegato al documento principale) che riguarda le clausole sui titoli di Stato in caso di ristrutturazione (le cosiddette Cacs). Altro tema cruciale, su cui più volte il presidente dell’Abi ha lanciato l’allarme, che il ministro dell’Economia, manco a dirlo, è riuscito a pasticciare ulteriormente.
Invece di far passare il via libera alla ristrutturazione del debito dall’attuale doppio voto dei creditori (serve la maggioranza di due terzi) su tutti i titoli in circolazione e sulle singole emissioni al voto unico su tutto il malloppo, come previsto dalla riforma, si valuta una soluzione ibrida. Si voterà su aggregazioni di titoli basate sulla loro tipologia. Il risultato sarà la creazione di livelli di rischio diversi per ogni categoria di bond. In altre parole, il caos.
Gualtieri, comunque, è fiducioso che il “finto” rinvio salverà il governo almeno fino all’anno prossimo: «In parlamento ci sarà una risoluzione non sul Mes, ma ampia, sui temi dell’Europa». Resta da capire se lo ha già detto a Di Maio.

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