mercoledì 6 novembre 2013

Il primo bilancio di Marino è con il trucco. E dal 2014 a Roma l'Irpef sforerà il massimo

Il trucco c’è. E si vede. Nella notte tra lunedì e martedì la giunta del comune di Roma ha approvato il bilancio di previsione per il 2013. Un documento contabile da oltre 6,5 miliardi di euro che Ignazio Marino ha sbandierato come una manovra zero tasse. «È stato un ottimo risultato», ha festeggiato il sindaco, «siamo riusciti, utilizzando rigore, severità, revisione di tutti i conti a chiudere il bilancio senza innalzare tasse in nessun settore, né Imu né Irpef né tassa di soggiorno e occupazione di suolo pubblico così come avevamo promesso da mesi». Non solo, «nonostante la difficile situazione contabile ereditata», spiegano ancora dal Campidoglio, «vengono rafforzate le voci di spesa che riguardano la promozione dei servizi sociali, i servizi educativi e scolastici nonché la manutenzione urbana». Nel dettaglio, rispetto allo scorso anno crescono di 43,6 milioni i fondi destinati alle infrastrutture e alla manutenzione, di 12,8 quelli per le scuole, di 9,5 milioni le risorse destinate a servizi sociali e la salute. In tutto 65,9 milioni.

A prima vista sembra un’operazione miracolosa. Anche perché oltre a finanziare le nuove spese la manovra doveva coprire un buco non di pochi spiccioli, ma di ben 816 milioni. Una piccola parte della voragine viene coperta dai tagli, la cui modulazione ha già fatto scattare l’opposizione sul piede di guerra. La manovra ha infatti tagliato di 59,9 milioni la spesa per la mobilità e i trasporti, di 39,7 milioni quella per il verde e la protezione civile, mentre i trasferimenti ai municipi sono stati ridotti di 27,3 milioni. Un altro capitolo importante della manovra riguarda la spending review effettuata sui costi dell’amministrazione: diminuiscono, rispetto al 2012, di 9,3 milioni i fondi destinati al Gabinetto del sindaco (-52%) e di 6 milioni i trasferimenti per il funzionamento dell’Assemblea Capitolina (-56%). In tutto, però, le minori uscite ammontano a 142,2 milioni. Evidentemente troppo poco per coprire l’enorme disavanzo.

Ed ecco il trucco. Il grosso del buco è stato coperto qualche giorno fa dal governo Letta, attraverso l’approvazione del cosiddetto decreto Salva Roma. Si tratta di un provvedimento che ha permesso di scaricare gran parte del debito sulla gestione commissariale. Una prima tranche, da 115 milioni, verrà inserita tra «le eventuali ulteriore partite debitorie rivenienti da obbligazioni o oneri dello stesso Comune anteriori al 28 aprile 2008». Altri 485 milioni vengono invece recuperati attraverso una partita di giro con i crediti vantati dall’amministrazione capitolina nei confronti della gestione commissariale. E già siamo a 600 milioni tirati fuori dal cilindro. Ulteriori 200 milioni arriveranno da crediti vantati dal commissario nei confronti delle società municipalizzate Atac e Ama che saranno ceduti al comune. Soldi che saranno, però, utilizzati per evitare il fallimento delle due aziende. Ulteriori 120-140 milioni saranno versati dalla Regione per il trasporto pubblico mentre 28,5 milioni è la cifra stanziata dal governo per la raccolta differenziata.

I conti, in questo modo, tornano. Almeno quelli del 2013. Per l’anno prossimo è tutta un’altra storia. Le tasse evitate quest’anno ripiomberanno nel 2014 con gli interessi. Il governo ha infatti autorizzato il comune ad aumentare dal primo gennaio 2014 l’addizionale Irpef dall’attuale 0,9% (che è già un record a livello nazionale) all’1,2%. «Faro resistenza a qualsiasi aumento di tasse», ha detto Marino, spiegando che conta di utilizzare una parte di quei 485 milioni «regalati» da Palazzo Chigi per far quadrare anche il bilancio del prossimo anno. Nel 2014, però, la riduzione di budget sarà di oltre 900 milioni, da coprire senza il paracadute della gestione commissariale. La stangata, in altre parole, sarà difficilmente evitabile.

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