venerdì 15 novembre 2013

Air France molla Alitalia: basta soldi

E ora? È questa la domanda che circola con più insistenza dopo la fuga dei francesi dalla pratica Alitalia. All’indomani della presentazione del piano industriale da parte dell’ad Gabriele Del Torchio Air France ha ha espresso ufficialmente il suo cortese ma fermo rifiuto. La compagnia «conferma il suo impegno a restare un partner leale e serio di Alitalia, nella continuità della partnership industriale in corso», si legge in una nota diffusa ieri mattina dal gruppo transalpino, «ma non parteciperà all’aumento di capitale». I francesi bocciano il piano Del Torchio, sostenendo che non «contiene le indispensabili misure di ristrutturazione», ma ci tengono a dire che non hanno alcuna intenzione di «distruggere Alitalia». A questo proposito fanno sapere che convertiranno le obbligazioni per consentire alla compagnia italiana di «migliorare i mezzi propri, mantenendo allo stesso tempo legami stretti con la partecipazione». Ma la sostanza cambia poco. La quota parte dell’aumento da 300 milioni (75 milioni) non arriverà e il pacchetto di azioni detenuto dal gruppo franco-olandese verrà diluito dall’attuale 25 a circa l’8-10%.

Per la stampa d’Oltralpe l’uscita di scena di Air France-Klm potrebbe essere il colpo del ko. «Il no all’aumento», scrive il quotidiano economico Les Echos, «rafforza le probabilità di fallimento di Alitalia nei prossimi mesi». E alcuni sospettano non sia un effetto collatorale, ma l’esito di una precisa strategia di Parigi per avere il terreno spianato e i debiti azzerati.
Tutt’altra, invece, l’aria che si respira a Palazzo Chigi e nelle banche azioniste, dove il tentativo è quello di far credere che il taglio della «zavorra» francese permetterà ad Alitalia di volare verso chissà quali orizzonti. ««Ora sarà possibile effettivamente, per la società innanzitutto e il governo per quanto gli compete, avviare la ricerca di un altro vettore internazionale interessato a forte partnership con Alitalia», ha rilevato il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. Ottimista anche il presidente di Intesa, Giovanni Bazoli, secondo cui «si aprirà una gara interessante, perché ci sono sicuramente compagnie europee e non molto interessate ad Alitalia».

Il piano b del governo ad oggi prevede principalmente tre opzioni: i russi di Aeroflot, i cinesi di Hainan AIrlines e gli arabi di Ethiad Airways. In tutti i casi sono già stati avviati contatti esplorativi che, però, ancora non hanno portato a nulla di concreto. Nell’attesa, resta da capire che succederà dell’aumento da 300 milioni. Il cda Alitalia di mercoledì sera ha prudentemente rinviato la scadenza per le sottoscrizioni al 27 novembre. Un modo per prendere tempo in generale e, soprattutto, per attendere il verdetto delle Poste, che riunirà l’assemblea il 20 novembre. Il via libera ai 75 milioni non è così scontato, visto che l’ipotesi iniziale era di colmare la quota mancante fino ai 300 milioni previsti dall’aumento. Ora, però, le adesioni sono ferme a 135 milioni: 65 da Intesa e Unicredit (che garantiranno fino a 100) e 70 dai soci italiani. Mancano all’appello, per far tornare i conti, tra i 50 e i 70 milioni.

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