martedì 13 marzo 2018

Con la sinistra al governo i poveri sono al massimo storico

Difficile capire se la notizia arrivata ieri da Bankitalia dipende dal fatto che il Pd sia stato al governo fino a ieri oppure, con un po’ di malizia, dal fatto che non ci sia più. Sta di fatto che appena si è chiusa la stagione della sinistra da Via Nazionale ci hanno comunicato che in Italia non ci sono mai stati così tanti poveri.
Nel 2016, infatti, per quanto il reddito medio equivalente sia tornato ad aumentare, il rischio povertà è salito al 23% (era 19,6% nel 2006), il massimo storico mai toccato prima. Ma non è tutto. Manco a farlo apposta, anche la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi è aumentata, accentuando ancora di più una dinamica ben nota secondo cui un’esigua elite di Paperoni da sola continua a detenere una grossa fetta del patrimonio complessivo (nessuno ricorda mai che la stessa elité è quella che ogni anno riempie, quasi da sola, le casse dell’erario).

PIÙ DISUGUAGLIANZA
L’indagine è stata condotta dalla Banca d’Italia su oltre 7mila nuclei familiari. Il reddito medio rilevato dalle rilevazioni relative al 2016, a prezzi costanti e corretto per confrontare tra loro nuclei familiari di diversa composizione, è cresciuto del 3,5% rispetto a quello dell'indagine precedente del 2014, dopo essere pressoché ininterrottamente diminuito dal 2006. Malgrado la risalità, però, l’indice è rimasto ancora inferiore dell’11% rispetto al picco raggiunto in quell’anno.
La crescita è stata sostenuta dall’aumento sia dei redditi unitari da lavoro dipendente sia del numero di percettori. In tutte le principali classi di reddito, è aumentata la quota di famiglie che nel corso del 2016 sono riuscite a risparmiare. Cosa che ha permesso al reddito di continuare a crescere anche nel corso del 2017.
Al tempo stesso però è aumentata la disuguaglianza nella distribuzione dei soldi, che è tornata ai livelli di fine anni 90 del secolo scorso. Ed è aumentata anche la quota di individui a rischio di povertà, definiti come coloro che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60% di quello mediano (soglia fissata a 830 euro al mese circa nel 2016). L’incidenza di questa condizione interessa soprattutto le famiglie giovani, del Mezzogiorno, o degli immigrati. Nel caso di questi ultimi c’è un altro dato molto poco di sinistra: a rischio povertà sono infatti il 55% degli individui, una percentuale che nel 2006 era solo del 33,9%.
Neanche il Nord, però, si salva dall’avanzare dell’indigenza. Il rischio povertà è infatti passato dall’8,3% al 15% degli individui. Negli ultimi 10 anni fino al 2016 tale rischio è diminuito solo tra i nuclei con il capofamiglia pensionato o con oltre 65 anni.

CASE SVALUTATE
Le disuguaglianze spiccano anche per la ricchezza. A fine 2016 le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta di 206mila euro (218mila nel 2014), ma il valore mediano che separa la metà più povera delle famiglie da quella più ricca, era di gran lunga inferiore, pari a 126mila euro (dai 138mila del 2014), come conseguenza della forte asimmetria della distribuzione.
Il 30% più povero delle famiglie, infine, detiene appena l’1% della ricchezza nazionale, pari a circa 6.500 euro, mentre il 5% delle famiglie più ricche detiene il 30% della ricchezza complessiva, con un patrimonio netto pari a 1,3 milioni di euro. Tra il 2006 e il 2016 la ricchezza netta delle famiglie è diminuita del 5%, quasi interamente per effetto del calo dei prezzi delle case, che costituiscono sempre il grosso del patrimonio degli italiani. A fine 2016, infatti, quasi il 70% delle famiglie italiane possedeva l’abitazione di residenza e circa un quarto di esse aveva anche altri immobili.

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