Finmeccanica, Fincantieri, Fiat, Trenitalia, Telecom, Eni, Saipem, Impregilo. Sono numerose e importanti le aziende che fanno affari nel Brasile di Lula e Battisti. Alcune di esse hanno legami profondi con il Paese sudamericano. Il Lingotto produce tanto (obiettivo un milione di auto) e investe ancora di più (4,4 miliardi nei prossimi 5 anni). L’ex monopolista italiano delle tlc, con una quota di mercato del 25%, è praticamente il secondo gestore nazionale di telefonia mobile. Altre sono in attesa di stringere accordi, di aggiudicarsi commesse, di rafforzare la loro presenza. Per tutte, in ogni caso, le conseguenze del duello sull’estradizione del terrorista si faranno sentire. A subire l’impatto maggiore saranno chiaramente le partite ancora aperte. Come quelle messe sul piatto dal presidente brasiliano la scorsa estate durante la visita a San Paolo del premier Silvio Berlusconi.
Un business di grandissime proporzioni, che va ben al di là dell’impegno di incrementare l’interscambio commerciale tra i due Paesi che già oggi viaggia sui 10 miliardi di dollari l’anno. In agenda ci sono infatti gli interventi previsti dal grande piano di modernizzazione varato da Lula che si andranno ad incrociare con le opere per le Olimpiadi del 2016 e i Mondiali del 2014.
Tra le principali poste in gioco ci sono sicuramente quelle che riguardano Finmeccanica. Il colosso italiano dell’aerospazio e della difesa è ancora in corsa, con le controllate Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, per la mega commessa da 13 miliardi per l’alta velocità e per il progetto della metropolitana di Rio de Janeiro. Delicata è poi la questione delle fregate Fremm, su cui la scorsa estate sembrava che tra Berlusconi e Lula fosse scoppiata la pace. In ballo ci sono commesse per diversi miliardi euro per la fornitura di pattugliatori realizzati da Fincantieri e Finmeccanica.
© Libero