domenica 10 ottobre 2010

Tremonti nella tana del lupo: «I bankers sono tornati»

A sentire Giulio Tremonti che l’Italia ha resistito alla crisi meglio degli altri lo hanno capito più gli americani che i “soloni” di casa nostra. Da qui a pensare che il ministro dell’Economia sia volato Oltreoceano per uno scambio di cortesie, ce ne passa. Non è nel suo stile. Anzi, per lanciare i suoi strali contro la speculazione che si riaffaccia e i bonus dei banchieri sempre più alti, Tremonti ha aspettato di trovarsi nella tana del lupo, ossia in quella 19ma strada di Washington DC dove si affacciano, uno di fronte all’altra, il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale.

Da qui, dal tempio della finanza, dell’economia e della ricchezza globale, il titolare di Via XX Settembre ha rivendicato con orgoglio la capacità del governo italiano di contrastare la crisi e ha denunciato il ritorno degli speculatori. «I bankers», ha spiegato il ministro durante il tradizionale meeting d’autunno dell’Fmi e della World Bank, «sono tornati: la speculazione è a piede libero». La colpa, secondo Tremonti, è di chi, «ha confuso tra ciclo economico e crisi e, nel gestire la crisi l’ha scambiata per un ciclo e ha fatto la scelta di salvare la speculazione che stava dentro le banche a differenza del ’29, quando i soldi pubblici erano stati utilizzati per salvare le imprese».
Il risultato è che «i bonus, i derivati e tutto è agli stessi livelli di prima della crisi». Forse i bonus, ha proseguito, «sono addirittura più alti». Il problema non ha però riguardato il nostro Paese. «Non parlo dei banchieri italiani», ha precisato ancora il ministro, riscuotendo in tempo reale gli apprezzamenti dell’ad di Intesa Corrado Passera, «ma due anni fa o un anno fa a Istanbul (dove si è tenuto il vertice di Fmi e Wb) le grandi banche d’affari erano molto low profile mentre ora sono tornati i banchieri: occupano gli hotel più costosi, organizzano feste e ricevimenti». E l’Italia, ha sottolineato Tremonti, è rimasta fuori anche dal giochino dei salvataggi di Stato: «Il debito pubblico è salito per salvare le banche nel loro insieme, per fortuna questo non è accaduto in Italia, dove il tasso di disoccupazione è inferiore alla media europea». Il che non significa, ha poi spiegato il direttore generale del Tesoro, «che non ci si debba impegnare contro la crisi, ma solo che da noi la disoccupazione non è stato uno dei fattori aggravanti della crisi».

Restando sulla situazione interna durante un’intervista a Skay, Tremonti ha poi aggiunto che in Italia ci sono troppe regole che «pesano come un macigno sull'economia» e che per rilanciare la crescita «il governo può fare molto e cioè togliere il macigno che sta davanti alla nostra economia». È soprattutto questo, ha proseguito, «che dobbiamo cominciare a fare». Parte del lavoro, secondo il ministro, è già stato fatto, ma occorre capovolgere il ragionamento per cui in Italia «il divieto è la regola e la libertà è l’eccezione. Bisogna tornare alla cosa giusta. Cioè a dire la libertà è la regola e il divieto è l’eccezione». Tremonti ha poi ribadito che «bisogna venire in America per sentire cose equilibrate sull’Italia. A noi fa piacere. Sono state dette cose giuste. Il ministro ha ammesso che il Paese ha avuto grandi difficoltà. «Sappiamo», ha detto, «che ci sono famiglie, persone, imprese e settori che hanno problemi, ma nell’insieme abbiamo tenuto con prudenza e responsabilità: adesso dobbiamo fare ripartire l’economia».
Quanto alla polemica che infuria sulle politica monetaria di Pechino, Tremonti non ha voluto rinunciare al suo solito tormentone: «L’avete voluto voi il mercato, mica io. Sui tassi di cambio gli argomenti della Cina sono di assoluta onestà e forza perché la loro crescita è fortissima ma in un contesto di criticità. L’errore è nostro, perché abbiamo accelerato la globalizzazione in modo folle»

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