lunedì 25 ottobre 2010

Sui cambi la Germania fa l'amica del giaguaro

Come spesso accade ai vertici internazionali, alla fine si festeggia comunque. Come dice Giulio Tremonti, la frase contenuta nel comunicato finale del G20 finanziario in Corea del Sud per un sistema dei tassi di cambio “determinato dal mercato e che riflette i fondamentali economici” è una «novità rispetto all’assoluto silenzio». Ma anche il ministro dell’Economia è costretto ad ammettere che si tratta solo «dell’avvio di un processo di critica verso un espansionismo spinto dalla politica dei cambi». Un piccolo passo, insomma, rappresentato da un compromesso che non va al di là di un appello generico del G20 a non giocare troppo sporco con le politiche valutarie. La realtà è che la Cina si è opposta con forza a qualsiasi proposta vincolante. E che la Germania, preoccupata di dover tirare il freno sull’export, gli ha dato manforte.

In particolare, l’asse Berlino-Pechino ha costretto gli Stati Uniti a rimettersi in tasca la proposta di porre un tetto numerico ai surplus commerciali. Il tentativo di Washington era quello di frenare l’utilizzo della svalutazione competitività per aggredire i mercati azzoppati dalla crisi. La pratica non riguarda direttamente la Germania, che deve comunque fare i conti con il super euro. Il governo della Merkel, però, sta basando gran parte della crescita proprio sul rilancio delle esportazioni, che verrebbe penalizzato dall’obbligo di sostenere anche la domanda interna. Per avere un’idea della situazione al tavolo della trattativa, sulle partite correnti la Germania è a +6,1% in rapporto al Pil, la Cina a +4,7%, mentre gli Usa sono a -3,2%. Ma anche l’Italia, con un deficit del 2,9%, non scherza.

Tremonti non ha torto, però, quando sostiene che bisogna accontentarsi. L’accenno agli squilibri delle partite correnti è sicuramente uno spunto importante per riaprire la discussione al G20 vero e proprio di Seul dell’11 e 12 novembre. Per adesso, il risultato più tangibile del vertice è stata la riforma dell’Fmi, con il rafforzamento dei Paesi emergenti, che avranno il 6,5% in più del capitale e, di conseguenza, un maggior peso nelle decisioni. L’Europa dovrà cedere due seggi sugli attuali nove, ma quello dell’Italia, ha detto Tremonti, «non è in discussione». Il G20 ha infine dato un ulteriore via libera alle nuove regole della finanza messe a punto dal Fsb di Mario Draghi. Il governatore di Bankitalia ha sottolineato i benefici «della cooperazione multilaterale» per evitare i rischi alla ripresa «che c’è, ma è modesta». Sulla questione dei rating, ha promesso Draghi, si arriverà ad «una minore dipendenza del sistema finanziario» dalle grandi agenzie internazionali i cui giudizi, negli ultimi hanno, hanno spesso lasciato a desiderare. 

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