sabato 2 ottobre 2010

Il Corriere sciopera contro Internet

«Cari colleghi, questa lettera vi complicherà la vita». Sono righe esplosive, quelle spedite da Ferruccio de Bortoli alla redazione. Piene di realismo, ma anche di spine. Risultato: due giorni di buio totale. Niente giornale in edicola oggi e domani, nessun aggiornamento sul sito web. Più un pacchetto di altri cinque giorni di sciopero. Una protesta scontata, considerato l’affondo del direttore del Corriere della Sera, che parte dalle nuove tecnologie («è finita l’era del piombo») per finire ad affondare il coltello contro i “senatori” di Via Solferino, che farebbero di tutto per ostacolare il nuovo e  i nuovi. «Non è più accettabile, anzi è preoccupante», scrive de Bortoli, «il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi. Non è più accettabile una visione così gretta e corporativa». Nel denunciare la scarsa collaborazione sulle piattaforme multimediali, il direttore prende a mazzate l’intero “sistema Corriere”. Non è più accettabile, è il refrain, «che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento», ma anche «non è più accettabile, e nemmeno possibile, che l’edizione iPad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell’edizione cartacea del Corriere».



Un elenco amaro, lo definisce il direttore. Ma mai quanto il passaggio in cui de Bortoli annuncia candidamente che di fronte a tali mutamenti epocali «l’insieme degli accordi aziendali e delle prassi che hanno fin qui regolato i nostri rapporti sindacali non hanno più senso». Oppure quello in cui il direttore invita i giornalisti a sedersi intorno ad un tavolo, purché «una cosa sia chiara fin dall’inizio: se non vi sarà accordo, i patti integrativi verranno denunciati, con il mio assenso».
Inevitabile, viste le premesse, il muro alzato senza pensarci un attimo dal comitato di redazione, che ha liquidato la lettera come «irricevibile». Così scontata la reazione da ritenere bizzarro che non fosse ampiamente prevedibile da un veterano come de Bortoli, per giunta tornato a Via Solferino per la seconda volta. In molti si stanno chiedendo in queste ore da dove nasca un affondo così duro, così lontano dallo stile “british” di de Bortoli. I più maligni fanno notare che anche nel 2003 il direttore andò via ufficialmente per l’impossibilità di portare a termine un piano di rilancio del giornale. Solo qualche settimana fa, a dire il vero, i soci forti di Rcs hanno confermato il patto e lasciato intendere che tutto fila liscio. D’altra parte, nelle ultime settimane molte cose sono cambiate. E tutto lascia prevedere che l’uscita di Profumo da Unicredit sia solo il primo tassello di grandi manovre negli assetti bancari del Paese, ovvero nei soci di riferimento del Corriere. Senza contare che c’è sempre un tale di nome Giuseppe Rotelli, azionista con il 10%, non malvisto da Geronzi, Ligresti e dallo stesso Berlusconi, che gironzola ancora fuori dal salotto di Rcs. Prima o poi, qualcuno potrebbe decidersi a farlo entrare. 

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