giovedì 28 ottobre 2010

Altro che liberalizzazioni. Meglio le poste private

Tra i tanti monopoli che si apprestano a cadere sotto i colpi del mercato c’è anche quello dei servizi postali. Dal gennaio del prossimo anno si aprirà alla concorrenza anche l’ultima quota di business ancora sotto la gestione esclusiva dell’azienda pubblica guidata da Massimo Sarmi. Si tratta, in particolare, di tutta la corrispondenza sotto i 50 grammi e delle raccomandate attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie relative all’attività della pubblica amministrazione.

Poste spa si avvia, insomma, a diventare a tutti gli effetti un ex monopolista. La categoria, vista l’abbondanza nel nostro Paese, è ben conosciuta. E non sempre per i suoi meriti. L’authority per l’energia, ad esempio, sostiene spesso che la posizione dominante dell’Eni rallenta l’apertura del mercato del gas. Così come i piccoli operatori telefonici accusano l’ex monopolista Telecom di ostacolare l’accesso alla rete. È di questi giorni, infine, il duello tra il colosso pubblico delle ferrovie e il concorrente privato che si appresta a competere sull’alta velocità.
Il rischio è che anche per le Poste la storia si ripeta. E cioè che l’ex monopolista non molli definitivamente l’osso e utilizzi la sua posizione di forza per controllare il mercato anche dopo la fine dell’esclusiva. In realtà, l’azienda guidata da Sarmi l’osso ha già iniziato a mollarlo. Il pericolo è, paradossalmente, che la spa pubblica distorca la concorrenza in altri settori su cui negli ultimi anni ha allargato a macchia d’olio la sua attività. 
A lanciare l’allarme è uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, realizzato da Lucio Scudiero, che fotografa l’impero di Sarmi alla vigilia della liberalizzazione dei servizi postali.

I numeri parlano chiaro, nel 2009 il gruppo Poste italiane ha realizzato circa 20 miliardi di ricavi complessivi. Di essi, oltre 15 miliardi sono derivati da servizi finanziari e assicurativi, i quali risultano in espansione del primo semestre di quest’anno, facendo registrare un +79% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In termini assoluti, durante i primi sei mesi del 2010 il Gruppo Assicurativo PosteVita (una delle prime aziende italiane del ramo, in competizione con colossi del calibro delle Generali) ha già raccolto ricavi per quasi 7 miliardi. Un boom dovuto anche all’ingresso sul mercato di Poste Assicura Spa, la controllata con cui il gruppo è sbarcato anche nel ramo danni facendo tremare la concorrenza.
La morale, scrive l’Ibl, è che «l’azienda postale di Stato è sempre più onnivora e aggressiva nella diversificazione dei servizi sul mercato (è attivissima anche nel comparto energetico, immobiliare, bancario, direct marketing e perfino aviatorio)».
Il pericolo, anche alla luce del previsto passaggio dell’intero capitale delle Poste dalla Cdp, dove il 30% è in mano alle Fondazioni, al Tesoro, è che la società «continui a godere dei sussidi incrociati provenienti dagli utili macinati anche negli altri comparti in cui regna indisturbata e protetta da una regolamentazione statale che ha l’effetto di proteggerla dalla concorrenza». Come se ne esce? L’Ibl non ha dubbi. «L’unica soluzione definitiva è una e una soltanto: la privatizzazione». 

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