giovedì 21 ottobre 2010

Non c’è abbastanza gas se l’inverno sarà rigido

È bastato qualche grado in meno di temperatura per far partire il solito allarme gas. L’Italia rischia anche quest’inverno di restare a secco. O meglio, al gelo. Questa volta, però, stando all’avvertimento lanciato dall’authority per l’energia la situazione sembra addirittura peggiore. Lo scenario che si prospetta è quello, infatti, di un balzo indietro nel tempo. Da un punto di vista della fornitura di gas naturale il nostro Paese si troverebbe nella stessa situazione di cinque anni fa.

Com’è possibile? Alla tradizionale insufficienza di cui soffre l’Italia, ha spiegato ieri il presidente dell’autorità, Alessandro Ortis, davanti ai senatori della commissione Industria di Palazzo Madama, si aggiunge quest’anno anche l’interruzione del gasdotto Transitgas, bloccato dal 23 luglio e ancora lungi dall’essere ripristinato. Di qui il timore per i picchi di freddo che potrebbero verificarsi nella seconda parte della stagione invernale.
L’Italia, ha detto Ortis, si trova «per l’ennesima volta, di fronte ad una situazione di problematicità a causa della scarsità di infrastrutture di trasporto e stoccaggio del gas naturale». Una scarsità che permette all’interruzione del gasdotto che attraverso la Svizzera porta nel nostro Paese il gas del Nord Europa, di determinare «effetti significativi» sull’intero sistema italiano riportandolo indietro di 5 anni, a prima cioè che fosse costruito il rigassificatore di Rovigo e che fossero potenziati i gasdotti di importazione.
Per essere chiari, «nell’eventualità, non improbabile, che il Transitgas rimanga fuori servizio anche nella seconda parte dell’inverno, la disponibilità di punta (stoccaggio a fine periodo di erogazione, importazioni, produzione e rigassificazione) sarebbe appena sufficiente a far fronte al picco potenziale del prelievo giornaliero in caso di freddo eccezionale». Il che significa che basta una stufetta in più per fare andare in tilt il Paese.

Lo scenario siberiano non è, chiaramente, privo di responsabilità e di responsabili. Ortis non lancia accuse generiche. Come già in passato, fa nomi e cognomi, puntando il dito su un mercato ancora tutt’altro che favorevole alla concorrenza, in cui Eni, a dieci anni dalla liberalizzazione, detiene oltre l’84% della produzione nazionale e il 50% delle importazioni. Per questo, «per pervenire ad una struttura di offerta sufficientemente concorrenziale», ha suggerito il presidente dell’Authority, «è necessario intervenire o attraverso nuovi e più rigorosi tetti antitrust, o, almeno, attraverso misure (gas release pluriennali) che rendano più contendibile il mercato». E mentre Ortis se la prende con l’Eni (ma anche con un sistema regolatorio inefficace), nel mirino del collega Antonio Catricalà finisce proprio la controllata Snam Rete Gas. L’Antitrust ha infatti avviato un’istruttori nei confronti di Italgas, (controllata da Snam), per possibile abuso di posizione dominante. L’ipotesi è che la società, rifiutando le informazioni necessarie ai Comuni di Roma e di Todi per la predisposizione dei bandi di gara relativi all’affidamento del servizio di distribuzione del gas, abbia ostacolato la concorrenza. Da Snam fanno comunque sapere che il gruppo sta offrendo all’authority la massima collaborazione per accertare eventuali comportamenti scorretti.

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