sabato 16 ottobre 2010

Le forbici di Tremonti strappano il governo

Tutti contro Giulio. Malgrado la benedizione europea, l’austerity di Tremonti sta facendo imbufalire mezzo governo. Sandro Bondi giovedì non si è neanche presentato al Consiglio dei ministri. «Non vado a chiedere l’elemosina», ha fatto sapere il responsabile della Cultura. Per Stefania Prestigiacomo le cambiali in bianco sono finite. «Abbiamo messo in sicurezza la stabilità dei conti pubblici e ancora una volta abbiamo dato fiducia, anche se è l'ultima volta che approviamo pacchetti a scatola chiusa», ha detto fuori dai denti il ministro dell’Ambiente. Mentre Giancarlo Galan, che giovedì aveva parlato di «tragedia», ieri ha rincarato la dose: «Abbiamo delle Ferrari, ma poi non gli diamo la benzina». C’è, infine, Mariastella Gelmini,che per la sua università si è dovuta accontentare di un “faremo il possibile”.

LA SPONDA DI BRUXELLES
A ventiquattr’ore dal Cdm lampo in cui il ministro dell’Economia ha chiesto e ottenuto approvazione e fiducia sulle sue tabelle “molto tecniche”, in molti cercano di gettare acqua sul fuoco. «I malumori sono un classico di tutte le finanziarie e sono scontati quando ci sono poche risorse da distribuire»,ha spiegato conciliante il sottosegretario Paolo Bonaiuti. Anche Bondi si è in parte rimangiato l’amarezza: «Il mio giudizio sulla finanziaria è positivo». Ma la sensazione è che i malumori sotto la cenere siano sempre più vibranti. E non solo per la linea del rigore. Ma perché Giulio Tremonti sta giocando una partita, in stretto collegamento con le autorità di Bruxelles, per blindare non tanto i conti pubblici quanto se stesso. Sarà lui, infatti, qualsiasi sarà l’esito della crisi interna alla maggioranza (governo tecnico, rimpasto, voto) la pedina fondamentale per evitare che l’Italia finisca nella morsa dei vincoli europei che rischierebbero di essere esiziali per il nostro Paese. «La nuova Finanziaria», ha spiegato ieri il portavoce del commissario agli affari monetari Olli Rehn, «conferma il pacchetto di consolidamento per gli anni 2011-2013 già adottato nel maggio 2010 e approvato dal Parlamento nel luglio del 2010». Quindi la valutazione resta la stessa di quando la Commissione Ue «accoglieva favorevolmente gli sforzi intrapresi».
«L’Italia ha fatto una politica che è stata considerata molto responsabile, che è una politica di stabilità», ha ribadito ieri Tremonti, sottolineando che il documento di finanza pubblica, «dovrà essere presentato in Europa, con un catalogo di interventi che saranno controllati dall'Europa, che dovranno essere coerenti con la stabilità».

IL CANTIERE DELLE RIFORME
Accanto alla blindatura comunitaria, Tremonti vuole però lanciare un segnale forte anche sul fronte delle riforme, che è il piatto della bilancia su cui finora si sono visti meno risultati. Dimostrare agli elettori che il cantiere stia partendo veramente è, del resto, un’esigenza condivisa dallo stesso Silvio Berlusconi, che da settimane cerca di uscire dal pantano puntando sul ritorno del governo del “fare”. Sotto questo fronte il responsabile dell’Economia si vuole muovere di concerto con l'esecutivo. Al primo giro di tavolo sul fisco previsto per mercoledì prossimo alle 18, parteciperanno, infatti non solo tutte le sigle delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, ma anche i ministri del Lavoro, Maurizio Sacconi, il ministro per la semplificazione, Roberto Calderoli, e il ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta.
Ma che la tensione sia alta lo dimostra la reazione al vetriolo arrivata ai dati poco incoraggianti diffusi ieri da Bankitalia sull’andamento dell’economia del Paese. Dati «esoterici» e «inutilmente ansiogeni», così Sacconti e Tremonti, per bocca del Dipartimento delle politiche fiscali, hanno liquidato stizziti i numeri sul boom della disoccupazione e sul calo delle entrate.
 
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