lunedì 4 ottobre 2010

Marchionne contro il clima violento: «Hanno aperto gli zoo»

Un’Italia violenta, in cui «sono stati aperti i cancelli dello zoo» e che «ha perso il senso delle istituzioni», ma dove la Fiat vuole continuare a investire nonostante qualcuno «la prenda a schiaffi». Non usa mezzi termini Sergio Marchionne. Di fronte ai Cavalieri del lavoro riuniti a convegno a Firenze per parlare di Europa al manager preme soprattutto difendere l’accordo di Pomigliano, che «non azzera alcun diritto istituzionale» e rappresenta il frutto della scelta della Fiat di restare in Italia, malgrado «logiche economiche e finanziarie spingerebbero verso altre scelte e altri Paesi». Ma le parole di Marchionne si dirigono in fretta sui fatti degli ultimi giorni, sulle tensioni alimentate dalla Fiom a Treviglio e a Livorno, sulla criminalizzazione della Cisl e anche sulla vicenda che ha coinvolto il direttore di Libero, Maurizio Belpietro. «Il paese», spiega con amarezza l’ad del Lingotto, «ha perso il senso istituzionale, la bussola è partita, qualcuno ha aperto i cancelli dello zoo e sono usciti tutti». Una situazione «difficile da spiegare» quando si va in giro per il mondo. Qualcosa di «vergognoso».


Il pensiero di Marchionne va anche agli anni di piombo. «Quelle fotografie le ricordiamo tutti», dice. Si tratta di episodi «che vanno condannati con fermezza», perché «questa è una cultura che non ci appartiene e che serve solo a distruggere ciò che di buono stiamo tentando di costruire». E quello che la Fiat sta tentando di costruire è Fabbrica Italia. Un piano di investimenti da 20 miliardi. Un progetto, dice Marchionne, che «non nasce da un calcolo di convenienza», visto che altrove ci sono «condizioni più vantaggiose e maggiori certezze». Ma che si impone perché la Fiat ha «il dovere di guardare prima di tutto all’Italia».
Quanto all’accordo di Pomigliano, il manager assicura che non violerà alcun diritto, anche perché le richieste dell’azienda «non sono state pensate per penalizzare i lavoratori, ma servono solo per far funzionare meglio la fabbrica, rendendola più competitiva». E non si tratta solo di turni, di malattie o di assenteismo. Il cambio di marcia, secondo Marchionne, riguarda anche i dettagli, la burocrazia, la semplificazione della busta paga, che oggi per essere letta richiede «esercizio bizantino» a causa di 40 di accordi che si sono sovrapposti e hanno reso le voci incomprensibili. Accanto all’impegno della Fiat, Marchionne chiede che le istituzioni facciano la loro parte per affrontare la crisi, evitando di scaricare il peso del welfare sulle aziende («guardate chi sta pagando veramente la cig») e favorendo lo sviluppo. Perché in questo clima di incertezza, spiega, «aspettare la crescita, senza fare nulla, appare più come un atto di fede». «Coniugare una disciplina dei conti pubblici all’esigenza di crescita economica non è un esercizio facile», ammette, ma «in una fase debole come quella che stiamo attraversando solo una forte ripresa industriale può essere la base per il rilancio dell’Europa». Al contrario, «imboccare adesso la via dell’austerità è utile in un’ottica di breve termine, ma può minare le prospettive di lungo periodo».

© Libero