mercoledì 27 ottobre 2010

Acea punta sull’austerity per rilanciare i conti dopo l’uscita dei francesi

Prima i tagli, poi la bolletta. Non si può davvero dire che Marco Staderini stia cercando di attirare le simpatie dei romani. Alla vigilia di un cda che dovrebbe varare un piano di riduzione dei costi lacrime e sangue, l’ad dell’Acea ha annunciato anche che per «rifare le infrastrutture servono quattro miliardi da investire in opere immediatamente cantierabili». Risultato: occhio alle docce e alle bevute troppo generose. «Bisogna avere il coraggio», ha spiegato il manager, «di aumentare le tariffe annue del 10%, visto che non c’è più il salvadanaio delle risorse pubbliche». La situazione, comunque, non è così drammatica. Anche perché le tariffe dell’acqua sono stabilite dal Comune e non dall’Acea.

 Ben più concreta e incerta è la situazione dei lavoratori della multiutility romana. Oggi il consiglio di amministrazione dovrà infatti varare le linee guida del piano industriale 2011-2013. La parola d’ordine è: tirare la cinghia. Chiusa, dopo oltre due anni di stallo, la partita con i francesi di Gdf-Suez, la società deve ora rimettere in sesto il bilancio senza aumentare un debito già eccessivamente corposo. Gli investimenti complessivi nel triennio dovrebbero aggirarsi sul miliardo di euro. Risorse che andranno compensate con una robusta sforbiciata ai costi, a partire da quelli del personale. L’ad assicura che non ci saranno colpi di mano. «Quello che presenteremo», ha spiegato ieri, «è un piano equilibrato, non ci saranno iniziative che non rientrano nei meccanismi previsti dalla legge e saranno su base volontaria». Il manager ha però confermato che si vuole mettere in atto «un fortissimo controllo dei costi di gestione» le cui linee sono state concordate con i dirigenti ma non con i sindacati, che avrebbero rifiutato il confronto. Diversa, chiaramente, l’opinione delle sigle, che in quest’occasione si presentano unite e compatte. Secondo Cgil, Cisl e Uil la quota di esuberi va dai 700 ai 1.000 dipendenti su un totale di 5.400. Una cifra sufficiente a spingere i sindacati a preparare quello che sarebbe il primo sciopero in Acea dopo una tregua che dura da oltre cinque anni.

Tra gli altri nodi che il cda è chiamato oggi a sciogliere c’è la difficile partita sul direttore generale. Una casella vuota da molti mesi e su cui, fino alla serata di ieri, si è continuato a cercare un accordo condiviso tra i soci. In particolare, il Comune di Roma e Francesco Gaetano Caltagirone. Fino a qualche giorno fa il pendolo sembrava pendere verso la soluzione esterna. Con il nome di Paolo Gallo, attuale ad di Edipower in pole position. Ma il manager avrebbe chiesto ampie deleghe e compensi non proprio simbolici. Il che unito, si dice, allo scarso entusiasmo di Caltagirone, avrebbe riaperto la strada all’ipotesi interna. Sul tavolo del cda ci sarà infine il dossier gas. Dopo aver ceduto la produzione elettrica ai francesi, Acea punta molto sulla rete di distribuzione del gas di Roma la cui gestione sarà messa a gara nelle prossime settimane dal Comune. La società sta studiando la possibilità di mettere in piedi una cordata insieme ad Eni e al fondo di Vito Gamberale F2I. 

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