Certo, ci sono le richieste sul fisco, le proposte per lo sviluppo e il pressing sulle politiche sociali, ma la manifestazione di ieri sarà ricordata soprattutto per la spallata al vecchio sistema sindacale. Quello della triplice, per intenderci. Già, perché al di là della folla, dei comizi e degli slogan, la cosa che si è notata di più ieri per le strade di Roma è stata l’assenza delle solite bandiere rosse. È la prima volta. Cisl e Uil hanno portato centinaia di migliaia di lavoratori in piazza. E la Cgil è rimasta alla finestra. Per carità, nessuno punta il dito sui sindacalisti di Corso d’Italia. I nostri avversari, ci tengono a sottolineare gli organizzatori, «sono gli evasori» e la manifestazione non è “contro” qualcuno, ma “per” rilanciare l’azione di governo sulle politiche fiscali e su quelle per la crescita. Difficile, però, dimenticare quello che è successo nelle scorse settimane. Il clima di intolleranza, le tensioni sulla Fiat e sul contratto dei metalmeccanici, le aggressioni fisiche contro la Cisl, i proclami battaglieri della Fiom-Cgil.
Gli oltre 100mila lavoratori che hanno sfilato ieri a Roma erano chiaramente la risposta a tutto questo. «La migliore risposta democratica e costruttiva ai violenti e a coloro che li tollerano perché forse sentono qualche grado di parentela», ha spiegato dal palco il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, urlando «10, 100, 1.000 Pomigliano». Ma la manifestazione di ieri non rappresenta solo la condanna del sindacalismo oltranzista e massimalista, sancisce anche la nascita di un blocco nuovo. Quello che Bonanni, chiama «l’Italia della responsabilità». Un sindacato “maggioritario”, spiega il segretario della Uil, Luigi Angeletti, «che fa accordi per difendere i posti e per crearli», che preferisce la flessibilità alla cassa integrazione e che, di fatto, chiude la Cgil in un angolo da cui non sarà facile uscire. Basti pensare che anche il Pd, per bocca del responsabile economico Stefano Fassina, si è affrettato a condividere la piattaforma della manifestazione, sostenendo che le rivendicazioni di Cisl e Uil «sono gli stessi obiettivi al centro del programma di riforme fiscali approvato dall’Assemblea nazionale del partito» proprio ieri a Varese.
Qualcuno, non a caso, parla di «giornata storica». Mentre il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, definisce la manifestazione «il cemento conclusivo di un lungo percorso, tale da avviare una nuova stagione di autentico e definitivo protagonismo di questo unico aggregato riformista». E di riforme si è parlato molto ieri. Dal calo delle aliquote fiscali al rafforzamento della detassazione del salario di produttività, dalla lotta all’evasione all’innalzamento della tassazione sulle rendite finanziarie. Ma la sostanza, come ha detto Bonanni, è che «serve un patto sociale per far crescere gli investimenti, l’occupazione ed i salari, come abbiamo fatto a Pomigliano ed in centinaia di altre aziende salvando posti di lavoro».
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