Il blocco degli aumenti, la stretta sul turn over e la riduzione dal 5 al 10% per gli stipendi più alti. Sono questi, sostanzialmente, i tagli “iniqui” della manovra contro cui i magistrati hanno deciso di proclamare lo sciopero generale. Protesta cui dovrebbero aderire tutti i 3,6 milioni di statali, visto che i sacrifici chiesti alle toghe sono condivisi da tutti i colleghi del pubblico impiego. Anzi, a dirla tutta gli sforzi chiesti a giudici e pubblici ministeri per contenere l’espansione della spesa pubblica sono addirittura inferiori. Può sembrare impossibile, ma per la magistratura il governo anti-toghe ha avuto un occhio di riguardo. L’aiutino è contenuto nell’articolo 9 relativo al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego. Il comma 21 stabilisce che per tutto il personale pubblico non contrattualizzato, ovvero magistrati, professori, dirigenti dei corpi di polizia e delle forze armate, la finanziaria dispone non solo «il blocco degli incrementi retributivi a titolo di adeguamento automatico per il triennio 2011-2013», ma anche che gli stessi anni non verranno conteggiati per i successivi aumenti. Insomma, si perdono tre anni di anzianità professionale, che per le categorie sopra citate significano soldi. Nel comma 22, però, arriva la sterzata. Il testo stabilisce, infatti, solo per «la magistratura ordinaria, amministrativa, contabile, militare e avvocati e procuratori dello Stato», che «la maturazione degli automatismi stipendiali è differita di tre anni» e che, state attenti, «il periodo di differimento concorre alla maturazione degli automatismi stipendiali spettanti dal primo gennaio 2014». In altre, per le toghe, e solo per loro, i tre anni di congelamento vengono comunque calcolati ai fini degli scatti di carriera e retributivi.
Il cavillo pro-toghe
Il cavillo non è indifferente, se si considerano i balzi di stipendio che i magistrati ottengono in base agli anni, scadenzati con le valutazioni di professionalità. Tanto per avere un’idea, un pm alla prima valutazione di professionalità prende 6.404 euro lordi mensili, superata la terza valutazione (il passo successivo, circa 13 anni di servizio) la busta paga scatta a 8.295 euro.
In cambio del “favore” i magistrati hanno deciso di aggravare un altro po’ lo stato di salute della giustizia italiana, bloccando l’attività dei tribunali per un’intera giornata e programmando scioperi bianchi e proteste per un numero di giorni non ancora definito. Quantificare i danni della protesta togata non è chiaramente possibile. Ma qualche numero può aiutarci a capire dove andrà a colpire l’intervento a gamba tesa dei magistrati. Basti pensare, tanto per dirne una, che la macchina della giustizia costa ai contribuenti qualcosa come 8 miliardi di euro l’anno, circa 30 milioni per ogni giornata lavorativa. Soldi che per il primo luglio, data dello sciopero, avremo speso invano. Ma è solo l’inizio. Perché ogni giorno che il sole sorge e tramonta 465 processi penali chiudono i battenti per effetto della prescrizione. Il giochino non è a costo zero: brucia ogni anno circa 80 milioni di euro. Altro effetto diretto dei ritardi della giustizia sui conti dell’erario è quello che riguarda il mancato rispetto dei tempi del giusto processo. Una pratica così diffusa in Italia che tra il 1999 e il 2007 la Corte di Giustizia europea ci ha condannato 948 volte. Di fatto una sentenza ogni tre giorni. E il costo è salato: solo nel 2007 lo Stato ha dovuto pagare 56 milioni di danni.
L’impatto della giustizia lumaca è ovviamente devastante sull’economia. Nel rapporto Doing Business 2010 la banca mondiale nella classifica dei Paesi con più ostacoli giudiziari alle imprese ci piazza al 156esimo posto su 181. Una posizione che l’Italia si è conquistata con il suo record di 1.210 giorni, che è il tempo necessario ad un creditore coinvolto in una disputa contrattuale per ottenere il recupero dei soldi, calcolato dal giorno di inizio della causa in tribunale. Qualcuno ha stimato che durante quell’attesa si brucia circa il 30% del credito che cercavamo di recuperare.
Stipendi col turbo
Due conti se li è fatti pure Confartigianato, che rappresenta le aziende più piccole e quindi più vulnerabili alla malagiustizia. Ebbene, l’attesa per le sentenze delle cause civili comporta alle imprese danni per oltre 2,3 miliardi di euro l’anno, 6 milioni al giorno. Un’esagerazione? Se si pensa che i procedimenti civili pendenti alla fine del 2009, secondo quanto riportato dalla relazione annuale del ministero della Giustizia, sono 5.625.057 viene il dubbio, piuttosto, che sia una cifra sottostimata.
Su una cosa, però, i magistrati hanno ragione. Il blocco degli aumenti in qualche modo peserà più a loro che agli altri statali. Il motivo è semplice: lo stipendio delle toghe, negli ultimi anni, è quello che ha corso di più. Nel triennio 2006-2008, l’ultimo fotografato dal ministero dell’Economia, la busta paga della magistratura ordinaria si è gonfiata del 17% rispetto al 5,3% del pubblico impiego. Senza contare che il punto di partenza era ben diverso. Le retribuzioni medie degli statali vanno infatti dal minimo dei ministeriali (28.557 euro), al massimo dei magistrati ( 126.258 euro). E tra questi spiccano quelli della Corte dei conti, dove lo stipendio complessivo raggiunge i 178.080 euro, e del Consiglio di Stato, con 162.841 euro.
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