L’inglese. Può sembrare paradossale per un istituto di ricerca, ma il principale problema dell’Isae è con la lingua di Shakespeare. La scarsa dimestichezza dell’Istituto di studi e analisi economica è finita nel mirino dell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria dell’ente. «Va raccomandata», si legge nel rapporto, «una più attenta utilizzazione degli incarichi di ricerca e consulenza, anche in considerazione del fatto che molti di essi si rferiscono alla necessità di traduzioni in e dall’inglese, lingua nella quale l’Ente dovrebbe già avere personale qualificato anche a seguito dei numerosi e specifici corsi effettuati». In effetti, tra le numerose spese per il personale, i magistrati contabili segnalano «diverse partecipazioni a corsi di formazione specialistica ed un forte rilievo è stato dedicato alla formazione nella lingua inglese». Per rendere un po’ più fluente la conoscenza degli esperti, l’Isae ha anche stipulate collaborazioni con l’International Language School di Roma per un corso articolato su più livelli e destinato a tutto il personale su base volontaria. Ed ecco il punto. I corsi erano volontari. Ergo, pochissimi devono averli seguiti. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che ancora nel 2010 tra gli undici incarichi di consulenza (i dati sono aggiornati all’11 maggio) commissionati dall’Isae ben otto sono di traduzione in lingua inglese di rapporti dell’istituto.
Il fenomeno, alquanto bizzarro, non è stato comunque sufficiente ad impietosire Giulio Tremonti, che pure continua a dire che l’Italia si è salvata dalla crisi proprio perché non parla inglese.
L’istituto nato nel 1999 dalla fusione dell’Ispe con l’Isco è rimasto nell’elenco degli enti che dovranno chiudere baracca e burattini e trasferire le proprie competenze in altra sede. In particolare il lavoro di studio di ricerca dell’Isae verrà svolto in parte dall’Istat e in parte dallo stesso ministero dell’Economia, dove si spera che qualcuno l’inglese lo parli. Dall’operazione il ministro si aspetta, stando a quanto scritto nella relazione alla manovra un risparmio di spesa di 135mila euro. Soldi che derivano principalmente dall’annullamento dello stipendio del presidente Alberto Majocchi (83mila euro), dei compensi per il comitato amministrativo (34mila euro) e per il collegio dei revisori (16mila euro). Il che significa che per i 117 dipendenti attualmente in servizio non dovrebbero esserci grandi ripercussioni. Una bufera si abbatterà semmai sul mare di consulenze e incarichi esterni che l’Isae negli ultimi anni non si è fatto mancare.
E risparmi potrebbero arrivare anche sul fronte del conto economico. Fino ad ora, infatti, malgrado la sua indipendenza, l’Isae ha lavorato quasi esclusivamente con lo Stato e pochissimo con il privato. Guardando l’ultimo bilancio pubblico disponibile, quello relativo al 2008 si vede che il valore della produzione ammonta a 12 milioni di euro. Di questi ben 10 arrivano da «contributi a carico dello Stato». Detto questo, va riconosciuto che l’ente non è in rosso. Nel 2008 il risultato è stato un avanzo economico di 267mila euro.
Quanto alla protesta nei confronti dell’assorbimento previsto dalla manovra i dipendenti dell’Isae hanno lanciato sul sito un appello per scongiurare la chiusura. Appello in cui spicca, curiosamente, l’assenza del sindacato. Sempre pronti a difdendere tutti dalle aggressioni del governo, questa volta, i rappresentanti dei lavoratori hanno limitato le adesioni a poco più di una decina di firme, rispetto alle centinaia provenienti dal mondo dell’università e della ricerca.
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