mercoledì 23 giugno 2010

Gli operai votano a dispetto della Fiom

Una giornata di attesa. Con la speranza che al Giambattista Vico di Pomigliano possa riprendere presto il lavoro. Alla chiusura delle urne, alle 21, aveva votato oltre il 95% dei lavoratori. Complessivamente 4.642 sui 4.881 aventi diritto. A tarda notte le schede scrutinate lasciavano intravedere una vittoria dei sì decisamente netta (circa il 76%). Numeri che di certo non tranquillizzano la Fiom. I metalmeccanici della Cgil nei giorni scorsi avevano invitato i lavoratori ad andare comunque a votare per evitare ritorsioni dell’azienda. Ma fino all’ultimo momento hanno denunciato a gran voce l’illegittimità del referendum. L’adesione così massiccia e i risultati parziali dello spoglio non lasciano prevedere nulla di buono per i sostenitori ad oltranza del no all’accordo proposto dalla Fiat e firmato da tutte le sigle tranne quella che fa capo alla Cgil.
La Uilm è soddisfatta della percentuale altissima e dell’andamento del voto. «Un robusto viatico per il futuro della fabbrica», aggiunge la Fim Cisl. Ma l’atmosfera ieri è stata comunque tesa. In ballo c’è la sopravvivenza della produzione e, soprattutto, delle buste paga per 5mila operai e 15 lavoratori dell’indotto. Normale, dunque che nessuno avesse voglia di sorridere. Volti scuri, sia all’entrata sia all’uscita dei turni. Tute blu silenziose, molte a testa bassa. In un giorno in cui anche la cassa integrazione è stata annullata, proprio per consentire la partecipazione alle votazioni, la preoccupazione era tanta.
Dietro il mantenimento dei posti di lavoro c’è l’accordo tanto contestato dalla Fiom. La produzione della Panda verrà effettuata tenendo aperta la fabbrica 24 ore al giorno, 6 giorni su 7, per 18 turni totali. Ma l’orario individuale resta invariato a 40 ore contrattuali. Il diciottesimo turno potrà essere coperto con un mix tra permessi annui retribuiti, festività di domenica e 4 novembre, permessi dei turnisti di notte. Quello lavorato, per esigenze produttive, sarà effettuato con il ricorso allo straordinario, per un massimo di 15 volte l’anno. Ma i punti più discussi sono quelli che riguardano l’assenteismo “anomalo”. In caso di picchi di assenze per malattia collegati a scioperi, manifestazioni esterne, «messa in libertà» per cause di forza maggiore o mancanza di fornitura, l’azienda si riserva di non retribuire i primi tre giorni. Viene infine introdotta una clausola di responsabilità per il rispetto degli impegni assunti nell’accordo, prevedendo sanzioni alle organizzazioni sindacali (su riscossione delle deleghe e utilizzo dei permessi). Per i singoli lavoratori valgono le norme disciplinari del contratto. L’eventuale sciopero che violi punti dell’accordo è sanzionabile economicamente.
Ad attendere il risultato del referendum ieri, oltre ai lavoratori, all’azienda e al governo, c’erano anche i vertici del Pd. L’accordo tra Fiat e sindacati a Pomigliano potrebbe non rimanere un caso isolato ed anzi portare a ridisegnare le relazioni industriali: questo il timore emerso ieri in numerosi interventi alla Direzione del Pd, dalla presidente del partito Rosy Bindi fino al segretario Pier Luigi Bersani. Proprio la Bindi, aprendo i lavori, ha dato il là al dibattito: «Non possiamo tranquillizzarci ripetendo che Pomigliano rimarrà un caso isolato. Il Pd deve incalzare sia il sindacato che gli imprenditori», perché «non si metta in contrasto il diritto del lavoro con i diritti dei lavoratori». Quindi, fermo restando che «non va perso l’investimento Fiat a Pomigliano», ha concluso, «dobbiamo interrogarci su come stanno cambiando le relazioni industriali, azienda per azienda». «Siamo di fronte a un passaggio delicato», ha detto Bersani, «noi diciamo che bisogna preservare gli investimenti e che non se ne faccia un modello».

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