Un anno fa le banche si avventarono sulla preda come belve fameliche. L’occasione era ghiotta: 442 miliardi di euro con un tasso d’interesse dell’1%, da restituire in dodici mesi. Soldi facili. Forse troppo. Al punto che qualcuno definì la mossa della Bce per drenare liquidità ai mercati come un vero e proprio regalo agli speculatori. Adesso, a poche dalla scadenza di domani, i 1.121 istituti di credito che si spartirono la torta non sanno come pagare il debito. Risultato: listini europei a picco e 145 miliardi andati in fumo.
Se al panico per la tenuta del sistema bancario dell’Unione aggiungiamo le difficoltà dei mercati asiatici e il crollo della fiducia dei consumatori americani che ha mandato in tilt le contrattazioni di Wall Street, il quadro dell’ennesimo terremoto borsistico mondiale è completo.
I listini del Vecchio Continente hanno aperto subito in calo, sulla scia di Tokyo (-1,27%) e Shangahai (-4,27%). Poi lo scivolone delle materie prime (con il petrolio sceso sotto quota 76 dollari) e la disfatta delle banche hanno fatto il resto. A poco sono servite le parole di Christian Noyer, membro del consiglio della Bce e governatore della Banca di Francia, il quale ha assicurato che l’istituto di Francoforte farà in modo che le banche rispettino la scadenza e restituiscano i prestiti senza difficoltà. In effetti, il sistema del credito dovrebbe poter contare complessivamente su un surplus di liquidità depositato presso l’Eurotower di circa 300 miliardi. E per chi non ce la facesse c’è sempre la possibilità di rifinanziarsi a breve termine (3 mesi) alla Banca centrale oggi e domani.
D’altra parte, stando alle stime di Barclays Capital, le banche di Spagna, Irlanda, Grecia, Portogallo e Italia avrebbero accumulato prestiti Bce in scadenza questa settimana per circa 151 miliardi, che si andrebbero ad aggiungere ai 442. Gli investitori hanno quindi ritenuto più credibile delle rassicurazioni ufficiali l’indiscrezione serpeggiata tra gli analisti che gli istituti, soprattutto quelli spagnole, starebbero facendo pressioni sul board guidato da Jean-Claude Trichet per ottenere un rinnovo del maxi-finanziamento a 12 mesi.
Non è un caso che il listino Madrid abbia accusato il colpo maggiore, lasciando sul terreno il 5,45% con il Bbva che ha perso il 7,24% malgrado un balzo degli utili nei primi quattro mesi dell’anno. Ma a picco sono andate una dietro l’altra anche le borse di Francoforte (-3,3%), Londra (-3,10%) e Parigi (-4,01%), dove il Credit Agricole ha chiuso la seduta a -7,94%.
Le cose non sono andate meglio a Piazza Affari, con l’Ftse Mib crollato del 4,44%. Pesantissime le perdite del settore bancario. La maglia nera spetta ad Intesa Sanpaolo, che ha ceduto il 7,76% penalizzata anche dal downgrade del Credit Suisse da outperform a neutral, seguita da Bpm (-6,27%), Unicredit (-5,64%), Mps (-5,58%), Ubi (-5,31%) e Mediobanca (-4,58%). La bufera ha travolto anche altri comparti. Fiat sulla scia del calo del settore auto in Europa ha chiuso a -5,92%. Mentre le oscillazioni sulle materie prima hanno trascinato in basso Eni (-3,63%) ed Enel (-3,38%). male anche Pirelli (-4,31) ed Exor (-4,30%).
La tensione non ha risparmiato Wall Street, che a metà seduta è stata zavorrata dal pessimo dato sulla fiducia dei consumatori a giugno. Gli analisti si aspettavano un ribasso, ma non di queste dimensioni. L’indice redatto dal Conference Board è infatti calato a 52,9 punti dai 62,7 punti di maggio, al minimo da marzo. Così, dopo più di due ore dall’apertura delle contrattazioni il Dow Jones cedeva il 2,39% a 9.896,68 punti, il Nasdaq il 3,16% a 2.150,52, e l’S&P 500 il 2,70% a 1.045,56 punti. Inevitabile il contagio sui rendimenti dei più sicuri titoli di Stato, in fortissimo ribasso: i decennali sono scesi al di sotto del 3% per la prima volta in 14 mesi, mentre quelli dei bond con scadenza a due anni sono ai minimi storici.
L’atmosfera non è migliore sul fronte valutario, dove il declino dell’euro, sotto il peso dei conti in rosso di Grecia, Spagna e Portogallo, prosegue inesorabile. La moneta unica ieri è sprofondata a un nuovo minimo storico contro la valuta elvetica a 1,3206 franchi svizzeri. Ha toccato il livello più basso da otto anni e mezzo sulla valuta del Sol Levante, calando a 107,50 yen, e ha aggiornato i minimi sulla sterlina da 19 mesi a questa parte, scendendo a 0,8091 pence. Nei confronti del biglietto verde l’euro è invece scivolato sotto quota 1,22 dollari a 1,2170 dagli 1,2277 di lunedì sera in chiusura a New York. Solo nell’ultimo trimestre la moneta europa ha perso il 9,6% nei confronti della divisa statunitense.
Come se non bastasse, le paure di un probabile default della Grecia hanno poi fatto schizzare i Credit default swap sul debito del Paese ellenico di 13 punti a 1.101 punti, riavvicinandosi al record di 1.125 toccato il 4 giugno. Anche i contratti sulla Spagna sono saliti di 9 punti al record di 275 punti.
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