martedì 8 giugno 2010

Mondello va in pensione: «Ma sono pronto a tornare»

«Da ora sono in pensione», scherza Andrea Mondello, ma per quanto cerchi di convincerci che ama «le buone letture e la musica classica» e che «l’adrenalina del potere» non gli appartiene, dai suoi occhi si capisce che di restarsene su una panchina a leggere il giornale non ci pensa neanche lontanamente. Anzi, a giudicare dall’energia e dall’entusiasmo con cui parla delle sfide di Roma e del Paese, del cambiamento della nostra industria, della necessità della modernizzazione del sistema Italia, si direbbe che l’ormai ex numero uno della Camera di Commercio di Roma, dopo 18 anni di presidenza, è pronto per ripartire, anche subito. Sulla politica mette le mani avanti, malgrado la grande stima nei confronti di Gianni Letta, «sono abituato al mondo dell’impresa, a giudicare una scelta in base alla sua qualità e non al consenso che suscita», spiega Mondello a Libero, aggiungendo che preferisce «il bipartitismo al bipolarismo» e che lui, «liberale da sempre per tradizione familiare», oggi non si vedrebbe bene «né a destra, né a sinistra». Se, però, gli si fa notare che il posto lasciato libero da Claudio Scajola è ancora vuoto ammette che, «beh, sì, se dovessi scegliere un ministero quello dello Sviluppo sarebbe senz’altro il più adatto alla mia esperienza e alle mie competenze». Mai dire mai, insomma, anche se giura e spergiura che adesso «non è il momento».

Questo, sembra di capire, è il momento di stimolare il dibattito, di mettere in campo le conoscenze. E Mondello, di idee ne ha da vendere. A partire dai punti fermi per il rilancio. «Non si va da nessuna parte», spioega, «senza lavorare su due direttrici principali, gli investimenti nella cultura e quelli nelle infrastrutture». Entrambi, prosegue, «servono ad attrarre i capitali, a far crescere le potenzialità del territorio». Sull’importanza della cultura, «fondamentale in una città come Roma», Mondello ha insistito molto durante gli anni della sua presidenza della Camera di Commercio. «E sono contento», dice, «di avere trovato un’ottima sponda nell’attuale assessore del Comune, Umberto Croppi». Ma sulle infrastrutture cambiare il passo non è facile. «Resto convinto», spiega, «che l’unica soluzione sia quella di trasformare le grandi città metropolitane, a partire dalla Capitale, in organismi con la stessa autonomia delle Regioni, come accade in Germania». In caso contrario, resteremo indietro di secoli. Quanto a Roma, Mondello contesta il cliché leghista. Altro che «pigra e ladrona», la «verità è che i governi sia di sinistra sia di destra non hanno mai investito più di tanto sulla Capitale. Quella dei fiumi di denaro che arrivano a Roma «è una grande bufala», Mondello ha tenuto il conto delle risorse pubbliche arrivate nella Capitale nel corso degli anni. Il risultato «è che i trasferimenti pro capite del governo centrale per le infrastrutture, le imprese e la sanità sono inferiori a quelli di altre aree del Paese». In attesa delle città-regioni, la collaborazione tra gli enti locali può fare la differenza. «Si tratta», spiega, di «trovare la giusta sintonia, che non dipende dal colore politico, Veltroni, ad esempio, ha fatto buone cose insieme a Storace».

Sul futuro della Camera di Commercio di Roma Mondello preferisce non parlare. La speranza è che il polverone provocato dalle polemiche sulle assegnazioni dei seggi finisca presto e si torni a parlare di economia e di progetti. Ma l’ex presidente è ottimista sul suo successore: «Tra i 32 attuali membri del collegio ce ne sono almeno un paio che potrebbero fare grandi cose». I nomi? Neanche sotto tortura.

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