giovedì 17 giugno 2010

Al Nord i tagli maggiori: spariti quasi 4 miliardi

I tagli imposti da Giulio Tremonti alle Regioni non piacciono, ovviamente, a nessuno. L’idea di dover stringere la cinghia ha raccolto dissensi unanimi a destra come a sinistra, al Sud come al Nord.
Per qualcuno, però, al danno si aggiungerà la beffa. La sforbiciata del ministro dell’Economia si abbatterà, infatti, in egual misura anche su chi ha finora cercato di tenere in ordine i bilanci. Come ha spiegato chiaramente il segretario della Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, «la linearità dei tagli, rischia di penalizzare anche quelle realtà amministrative che negli ultimi anni hanno gestito la propria spesa con  oculatezza e parsimonia».
A fare due conti sull’impatto della manovra sulle singole regioni è stata la stessa associazione degli artigiani. L’ufficio studi della Cgia ha individuato il totale delle spese regionali sostenute nel 2009 che, complessivamente, ammontano a 171,6 miliardi. Di questo importo è stata considerata quella parte di spesa soggetta al patto di stabilità interno, che ammonta a 62,58 miliardi. In estrema sintesi, si tratta della totalità delle spese regionali al netto di quelle riferite alla sanità che non sono sottoposta ai vincoli del patto. Sull’aggregato di spesa così ricavato, si sono calcolati gli importi su cui agirà la “scure” dei 10 miliardi nel biennio 2011-2012 contenuta nella manovra.  Il quadro che emerge è abbastanza chiaro.
Calcolando l’impatto pro-capite le regioni ordinarie maggiormente penalizzate sembrerebbero quelle del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania,  Puglia, Basilicata e Calabria). A fronte dei 211 euro pro-capite nel biennio, il Centro (Toscana, Marche, Umbria e Lazio) sarebbe penalizzato per 194 euro e il Nord (Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) solo per 129. Il rapporto si ribalta per le regioni a statuto speciale. Qui il valore procapite del Nord (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) è 290 euro mentre quello del Sud (Sicilia e Sardegna)  soltanto 121. Considerando le regioni nell’insieme il confronto vedrebbe sempre penalizzato il Meridione con 182 euro di “tagli” pro-capite rispetto ai 143 del Nord.
Eliminando però la differenza rappresentata dal numero di abitanti, il cui divario distorce il calcolo dell’impatto sulle singole regioni, appare chiaro che il peso più elevato della manovra dovrà sopportarlo proprio il Nord che, fino a prova contraria, ha i conti più in regola di molte amministrazioni del Mezzogiorno.
Dei 10 miliardi di minori trasferimenti previsti dalla manovra correttivi, 3,91 saranno quelli a carico dell’insieme delle regioni del Nord, 3,79 quelli che impatteranno sui bilanci del Sud e solo 2,29 quelli che peseranno sul Centro. Anche per quello che riguarda l’impatto percentuale sulla spesa, il Mezzogiorno se la cava con un 14,2% rispetto al 15,2% del Nord.  «Mi auguro», ha detto Bortolussi, «che la risposta che verrà messa in campo dai governatori non sia quella di aumentare le tasse locali. Un’operazione che, probabilmente, creerebbe, nell’opinione pubblica,  un clima generale molto ostile, in grado di compromettere l’avvio della riforma sul federalismo fiscale». 

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