venerdì 18 giugno 2010

L’Europa fa pagare la crisi alle banche

Sulle banche vince l’asse Merkel-Sarkozy, ma Silvio Berlusconi incassa una vittoria sulle nuove regole del Patto di stabilità, con il debito privato che entra per la prima volta tra i parametri di valutazione sullo stato di salute dell’economia dei Paesi europei.
Ad occupare la scena ieri al Consiglio europeo di Bruxelles è stata comunque l’offensiva contro le istituzioni finanziarie. Una sorta di resa dei conti, considerato il ruolo delle banche nella prima fase della crisi economica e, soprattutto, le centinaia di miliardi di euro sborsati dai governo per evitare il collasso del sistema del credito. Non è un caso che l’Italia sia il Paese che ha accolto la proposta con più freddezza. Di quattrini, in effetti, a parte lo strumento dei prestiti offerti con i Tremonti bond per garantire la solidità patrimoniale degli istituti, Palazzo Chigi non ne ha tirati fuori.
Diverso è il caso della Germania, che ha messo sul piatto qualcosa come 500 miliardi. «Bisogna tassare chi ha messo a rischio il mercato», ha tuonato arrivando al Consiglio Ue la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Sulla stessa linea la Francia, che ha speso un po’ meno (360 miliardi) ma sembra ugualmente intenzionata a riavere indietro il maltolto.
Sull’introduzione di una tassa a carico delle istituzioni finanziarie per contribuire ai costi della crisi i 27 avrebbero raggiunto solo un accordo di massima. Si tratta di un’intesa sul principio generale che dovrebbe essere accolto dagli stati membri nel modo in cui ognuno riterrà opportuno. La questione verrà portata sul tavolo al G20 di Toronto della prossima settimana. Cauta l’Italia, che valuterà l’ipotesi solo nell’ambito di un ampio accordo internazionale. E divisioni restano anche sull’opportunità di introdurre un sistema di tassazione sulle transazioni finanziarie. Alcuni Paesi si sono detti «per nulla entusiasti» dell’idea, temendo la «delocalizzazione» dell’operazioni finanziarie su altri mercati. Ad insistere sul punto sono state, anche qui, Francia e Germania, che intendono rilanciare autonomamente la proposta a Toronto per verificarne la fattibilità.
Piena sintonia c’è invece sulla necessità di procedere speditamente e con determinazione sul fronte del risanamento delle finanze pubbliche per arginare l’impennata del debito. Senza però «soffocare la crescita», come ha ribadito il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso. I 27 si sono anche detti pronti, se sarà necessario, «a prendere misure aggiuntive per accelerare il consolidamento». Su questo terreno si è concretizzato il successo italiano. «Il concetto di sostenibilità complessiva comprende molti parametri, anche quello del debito privato», ha spiegato il presidente della Ue, Herman Van Rompuy, sottolineando come nelle conclusioni del vertice sia stata accolta la richiesta di Giulio Tremonti di tener conto del concetto di «debito aggregato», vale a dire quello pubblico più quello di imprese e famiglie.
I leader, infine, chiedono di accelerare sulla riforma del sistema finanziario europeo, mettendo in campo «misure adeguate» contro la speculazione. Invito che ha suscitato la reazione del neopremier britannico, David Cameron, al suo primo Consiglio Ue: «Non rinunceremo a difendere i nostri interessi nazionali».

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