venerdì 25 giugno 2010

Le Regioni minacciano: non governiamo più

Dopo i magistrati e i sindacati ora anche le Regioni vogliono scioperare. L’idea, più propriamente, è quella di una “serrata”. Basta trasporto pubblico locale e viabilità, basta agricoltura, protezione civile, energia, incentivi a imprese. Insomma, i governatori non vogliono più occuparsi delle competenze trasferite dal centro alla periferia dalla legge Bassanini del 1997. La singolare protesta messa in scena contro i tagli previsti dalla Finanziaria è stata annunciata ieri dal presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Vasco Errani. Sulla carta il ragionamento non fa una grinza. Si tratta di competenze, ha spiegato, «che costano 3,1 miliardi di euro mentre il taglio previsto nel solo 2001 è di 4 miliardi». Niente soldi, niente responsabilità. Una provocazione, chiaramente, su cui i governatori intendono però andare fino in fondo. L’intenzione è quella di chiedere una Conferenza Stato-Regioni straordinaria per riconsegnare le deleghe della Bassanini.
E sulla serrata i governatori ritrovano anche quella compattezza che nei giorni scorsi era stata messa in crisi dalla proposta dei tagli selettivi, da calibrare in base alla virtuosità delle amministrazioni.
Ieri il fronte si è presentato senza spaccature. L’ordine del giorno approvato dalla conferenza in cui le Regioni chiedono udienza a Berlusconi e ai presidenti di Camera e Senato, dicendosi pronte a «dare una doverosa informazione al presidente della Repubblica», è stato approvato all’unanimità. «Compresi i colleghi Cota e Zaia della Lega», ci ha tenuto a sottolineare il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni. Il premier, però, prima di partire per il Canada si è schierato con Giulio Tremonti assecondando la linea dura del ministro dell’Economia. «Ci sono pochi spazi per intervenire», ha confidato Berlusconi in relazioni alle rivedicazioni dei governatori.
Fatto sta che le Regioni intendono mostrare «le gravi ripercussioni che la manovra comporterà per l’intero Paese» e denunciare, si legge nel documento, «le mancate risposte del governo alle loro richieste e proposte» e i «tentativi di creare divisioni tra le Regioni ad autonomia ordinaria e speciale». Di qui anche la richiesta di istituire una commissione straordinaria, Governo-Regioni, con il compito di verificare i costi di gestione delle pubbliche amministrazioni per trovare altri risparmi da investire in chiave anti crisi. Sul piede di guerra, oltre a Formigoni ci sono anche fedelissimi di Berlusconi come Ugo Capellacci o governatori neoletti con il Pdl come Giuseppe Scopelliti. Per il presidente della Sardegna, «la politica di rigore non può risolversi nel taglio indiscriminato di trasferimenti indispensabili», mentre per il governatore della Calabria «la posizione ferma di Tremonti non aiuta di certo il dialogo». Il presidente Errani ha poi chiesto ad Anci e Upi, rispettivamente le associazioni di Comuni e province, di costruire una piattaforma comune per gestire la situazione. Appello immmediatamente raccolto dal presidente Anci, Sergio Chiamparino.
Intanto a Palazzo Madama i lavori procedono a rilento. Ieri è arrivato il via libera solo per una manciata di emendamenti. Il grosso è atteso per la prossima settimana. «Presenterò i miei martedì», ha annunciato il relatore Antonio Azzollini (PdL). Ancora non è stabilito se il governo presenterà un maxiemendamento o se le modifiche di governo e maggioranza confluiranno tutte nelle proposte di Azzollini.

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