giovedì 10 giugno 2010

La manovra rende uguali lavoratori statali e privati

 La notizia non andrà giù facilmente agli statali. Soprattutto a quelli che si preparano a scendere in piazza contro le misure messe in campo dal governo per contenere la spesa pubblica. Stando alle stime elaborate dall’Aran, che è l’agenzia che si occupa di stipulare i contratti di tutta la Pa, il blocco degli aumenti contrattuali non provocherà sfaceli, né situazioni di profonda e inaccettabile ingiustizia sociale.
Più semplicemente, riallineerà la dinamica degli stipendi pubblici a quella dei privati. I numeri sono chiari. Esclusi i dirigenti e i magistrati (il che significa che il dato è sottodimensionato) le buste paga degli statali dal 2000 al 2008 sono cresciute del 39,7%, in pratica il doppio del tasso di inflazione effettivo, che si è attestato al 20,9%. La percentuale, per l’esattezza, si riferisce alla dinamica retributiva procapite di fatto. Fotografa, insomma, la corsa reale degli stipendi. Ebbene, nello stesso periodo il settore privato non è andato oltre, in media, al 25,7%.
Che la velocità degli aumenti nel pubblico impiego negli ultimi anni sia stata di gran lunga superiore a quella riscontrata dai colleghi che non lavorano per lo Stato non è una grande novità. Come spiega anche il commissario straordinario dell’Aran, Antonio Naddeo, «i dati sono stati già pubblicati nei precedenti bollettini semestrali dell’agenzia e sono basati sulla contabilità nazionale dell’Istat».
Tutta nuova è però la valutazione degli effetti della manovra. «Il blocco dei contratti»,  continua Naddeo, «realizzerà, insieme alle altre misure, una sostanziale parità delle curve di crescita retributiva tra pubblico e privato nel 2013».
Insomma, malgrado i sacrifici, la partita per gli statali finirà in pareggio. Non si può dire lo stesso per i conti pubblici. L’Aran ha fatto due calcoli e ha verificato, prendendo come punto di riferimento il parametro di crescita retributiva concordato con le parti sociali, la fetta di spese che non andrà ad incidere sui bilanci dei prossimi anni. Il risparmio per il Tesoro sarà tutt’altro che irrilevante: il congelamento triennale degli incrementi automatici e dei rinnovi porterà nelle casse dello Stato dai 6,5 ai 7 miliardi in più. Già dal primo anno di applicazione le minori spese saranno nell’ordine dei 5,7 miliardi. In altre parole, circa la metà della finanziaria per il 2011.
E risparmi vengono annunciati anche per l’ulteriore stretta agli stipendi dei supermanager di Stato che sarà oggi sul tavolo del Consiglio dei ministri. Nessun taglio che non fosse già previsto dalla finanziaria di Prodi del 2008. Il provvedimento in questione è infatti il regolamento attuativo della norma in base alla quale gli stipendi dei vertici delle società pubblica non possono superare la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione (circa 274mila euro lordi l’anno). Ma le nuove norme permetteranno di scovare i furbetti. Finora infatti, come si legge nella relazione illustrativa, «sono emersi numerosi profili di criticità legati alla corretta applicazione della normativa». Per questo il regolamento stabilisce l’obbligo per il dipartimento della Funzione pubblica di monitorare gli incarichi di «chiunque percepisca retribuzioni o emolumenti nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo, direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze, con le amministrazioni dello stato, le agenzie, gli enti pubblici economici e non economici, gli enti di ricerca, le università, le società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate». Si tratta di un controllo che va anche dal di là del perimetro soggetto al tetto da cui il governo si aspetta comunque di portare a casa «evidenti risparmi di spesa», per quanto ancora non quantificabili. Restano fuori dal “contenimento” dello stipendio le authority e tutti gli incarichi speciali ai sensi dell’articolo 2389 del codice civile. Si tratta, tanto per fare qualche esempio, dei contratti dei vertici della Rai o delle Fs.
E a Palazzo Chigi oggi arriverà anche il provvedimento imposto dalla Ue per equiparare l’età pensionabile delle statali a quella degli uomini. Si va verso uno scalone unico, che comporterà risparmi complessivi per 1,45 miliardi. In più, per le 32mila donne che subiranno l’innalzamento secco da 61 a 65 anni, a partire dal 2012, non ci sarà alcuna deroga sulle finestre .
Una sorpresa sul pubblico impiego è infine arrivata dalla Cgia di Mestre. L’associazione ha calcolato che tra il 2001 e il 2008 l’Emilia Romagna, il Friuli, le Marche ed il Veneto sono le Regioni che hanno registrato le variazioni di crescita del personale pubblico a tempo indeterminato più elevate. Per contro, tutte le Regioni del Sud subiscono una netta contrazione dei lavoratori occupati nel pubblico impiego. Nonostante la crescita sia stata più marcata a Nordest, la distribuzione degli statali resta comunque concentrata tra le regioni a statuto speciale, il Lazio e il Sud. In termini assoluti, però, e la cosa non piacera alla Lega, è la Lombardia a registrare il numero più elevato di statali: ben 422.558.

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