La decisione era nell’aria da tempo. Il secondo consorzio per il nucleare italiano stava affilando le sue armi fin dallo scorso autunno. Valutazioni preliminari, lettere d’intenti, studi di fattibilità. Ieri la tedesca E.On e la francese Gdf Suez hanno scoperto le loro carte ufficializzando un accordo formale focalizzato sul nostro mercato dell’atomo. I due colossi dell’energia esamineranno tutti i punti chiave relativi ai nuovi investimenti nelle centrali nucleari. A partire dalla tecnologia, fino all’individuazione dei siti e delle partnership industriali. Si impegneranno in tavoli di dialogo con le autorità nazionali e locali per partecipare alla definizione di un quadro regolatorio stabile, chiaro e prevedibile. Le intenzioni sono chiare: «Se le condizioni nel mercato italiano evolveranno nella direzione auspicata», ha spiegato Klaus Schdefer, ad di E.On Italia, «la nostra cooperazione con Gdf Suez potrebbe contribuire nel futuro alla costituzione di un ulteriore consorzio».
Le conseguenze sono, ora, tutte da valutare. Il memorandum of understanding firmato ieri cambia infatti completamente uno scenario che finora, al di là dei tentativi di qualche utility di alzare la voce, vedeva l’alleanza Enel-Edf tranquillamente avviata verso il controllo dell’intera partita sul rilancio dell’atomo in Italia. La discesa in campo dell’asse franco-tedesco apre nuovi fronti soprattutto nel capitolo tecnologie. E non è un caso, probabilmente, che solo qualche settimana fa il sottosegretario allo Sviluppo, Stefano Saglia, ha detto chiaramente che il governo italiano non avrebbe chiuso le porte a tecnologie sui reattori alternative a quella Epr utilizzata dalla francese Areva, che partecipa al consorzio Enel-Edf. Negli stessi giorni anche Ansaldo Nucleare (controllata di Finmeccanica) faceva sapere che l’accordo firmato con la stessa Areva non pregiudicava affatto la collaborazione con l’americana Westinghouse, che i reattori li realizza con la tecnologia Ap1000.
Ora si dà il caso che la società statunitense sia uno dei principali partner di E.On per la costruzione di centrali in moltissimi Paesi. Il che sarebbe la risposta perfetta alla domanda che si è più volte posta l’ad di Ansaldo Nucleare, Giuseppe Zampini. «L’intesa con Westinghouse per il rilancio dell’atomo in Italia c’è già. Mancano solo i committenti».
Ed eccoli ora i committenti, in grado di fornire competenze e risorse. L’unico tassello che manca è quello di una partnership forte che sia in grado di fornire le stesse garanzie che offre l’Enel sul fronte della sicurezza e dell’italianità. Elemento da non sottovalutare vista la natura strategica per l’interesse nazionale del dossier e viste le ritrosie dell’opinione pubblica sull’atomo.
A questo proposito il presidente e ad di Gdf Suez Energy Europe, Stèphane Brimont, ha sottolineato la necessità, «di una forte partnership industriale aperta ad altri partner italiani e europei». L’idea è quella di allargare il più possibile il perimetro delle aziende coinvolte. E di sicuro non farà mancare il suo sostegno l’utility lombarda A2A, che da tempo sta tentando di dare vita ad un consorzio alternativo per il nucleare. «Indubbiamente questo accordo rende più concreta l’idea che A2A auspica anche per limitare i rischi di un monopolio Enel-Edf», sottolineano fonti vicine all’ex municipalizzata. Resta da capire se, considerata la mutata situazione, deciderà di salire sul carro anche l’Eni. Finora il Cane a sei zampe ha sempre smentito qualsiasi interesse per il dossier, ma la discesa in campo di Gdf ed E.On potrebbe fornire all’ad Paolo Scaroni nuovi elementi di giudizio. A quel punto, per l’asse Enel-Edf la strada diventerebbe in salita. Anche se non è escluso che i due consorzi possano spartirsi la torta, visto che a una prima tranche di quattro centrali ne seguirà un’altra con identica posta in gioco. Comunque sia, per il nucleare italiano le cose non potevano mettersi meglio.
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