venerdì 26 febbraio 2010

Una legge “inglese” per fermare Veronica Lario

Un trust per proteggere il patrimonio da possibili faide fra gli eredi. Potrebbe arrivare dalla nuova legge europea la soluzione ai problemi familiari di Silvio Berlusconi. In particolare, alle grane legali che rischiano di scaturire dal divorzio chiesto da Veronica Lario. Questo, secondo quanto anticipato da Mf, il progetto cui sta lavorando un pool di ministri. Dal Guardasigilli, Angelino Alfano, al titolare dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, fino al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Al centro dell’operazione ci sarebbe il trust di tradizione anglosassone. L’istituto è già presente nella legislazione italiana. Con la riforma verrebbe armonizzato alla normativa europea. Il veicolo naturale è il ddl comunitaria, con cui ogni anno il governo recepisce le direttive provenienti da Bruxelles. Il provvedimento, all’articolo 10, contiene una delega al governo per rimettere ordine, entro due anni dall’entrata in vigore della legge, al groviglio di norme che attualmente regolano la gestione e la divisione dei patrimoni.
Argomento che sta molto a cuore al Cavaliere, impegnato da alcuni mesi a ragionare su una spartizione dell’impero tra i suoi cinque figli che tenga conto dei veti parentali e dei possibili contraccolpi legati al divorzio con Veronica Lario. L’idea è quella di applicare anche in Italia la disciplina prevista dalla Convenzione dell’Aja, che darebbe a Berlusconi la possibilità di dividere il suo patrimonio in più trust, intestati ciascuno ad un erede diverso e gestiti per un certo numero di anni da un soggetto fiduciario che distribuisca ai titolari una percentuale dei profitti. A quel punto le somme e gli asset sarebbero blindati. Al riparo anche da eventuali incursioni attraverso vincoli da testamento o disposizioni del Tribunale. La disciplina di fiducia sarebbe insomma una cassaforte più sicura di quella rappresentata dalla donazione, che resta comunque esposta ad azioni di rivalsa da parte degli eredi.
L’utilizzo del trust, probabilmente, servirà anche a compensare i problemi legati alle cariche manageriali. Piersilvio sta a capo di Mediaset e Marina guida Mondadori. Si tratta ora di far entrare gli altri tre: Luigi, Barbara ed Eleonora. Ognuno di loro vorrebbe un incarico di importanza eguale a quella dei fratelli più grandi. Qualche passo in questa direzione è già stato fatto. Luigi si sta occupando di Mediolanum ed Eleonora ha cominciato uno stage in Mediaset. Resta il problema di Eleonora cui piacerebbe sostituire Marina alla testa della Mondadori. Un’ipotesi al momento piuttosto remota che, tuttavia, sta avvelenando il clima in famiglia
Prima di spartire, comunque, c’è ancora tempo per incassare. E le somme arrivate dall’impero Fininvest, malgrado la crisi, sono tutt’altro che trascurabili. Gli utili prodotti dalle holding di famiglia nel 2009 sono complessivamente 219 milioni, un po’ meno dei 252 dell’anno precedente. Di questi, 172,88 sono finiti direttamente in tasca ai rispettivi azionisti. Al premier, che ha scelto di mettere a dividendo la quasi totalità dei profitti, arriva la fetta più grossa: 135,84 milioni. Sette sono quelli incassati da Marina, che ha lasciato nella holding i restanti 8,5, mentre altri 30 sono stati distribuiti ai figli di Veronica, Barbara, Eleonora e Pierluigi. Anche loro hanno mantenuto in cassa altri 15,5 milioni di utile. I 15,7 milioni che mancano all’appello sono quelli di Piersilvio, che ha invece preferito destinare l’intero profitto a riserva straordinaria. Per le spese ordinarie Berlusconi jr dovrà accontentarsi dei suoi 1,5 milioni circa di stipendio come vicepresidente di Mediaset.
Impressionante la liquidità delle holding. Complessivamente le società di controllo della Fininvest possono contare su 420 milioni in cassa, cui si aggiungono gli oltre 890 milioni di riserve.

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