mercoledì 10 febbraio 2010

Anche Scajola rifà i conti di Montezemolo

Silvio Berlusconi assicura che i posti di lavoro saranno «salvaguardati», ma il dialogo tra governo e Lingotto prosegue ad armi spianate. Ad aprire la giornata di ieri un intervento di Luca Cordero Montezemolo che sembrava teso a smorzare i toni dopo gli scambi di battute al vetriolo di giovedì. Tra Fiat e Palazzo Chigi, spiega il presidente della casa automobilistica in mattinata, «c’è un rapporto molto chiaro e molto positivo, di dialogo e di confronto, così come deve essere». E ancora: «Le scelte industriali che servono a mantenere competitive un’azienda non potranno essere disgiunte dal problema di farsi carico delle famiglie e delle persone». Il presidente garantisce poi che la Fiat «è e rimane italiana». «Non solo perché è l'unica azienda il cui nome è Fabbrica italiana auto Torino», aggiunge, «ma anche perché da quando sono presidente e Marchionne è amministratore delegato, cioè dalla metà del 2004, abbiamo investito nel mondo 25 miliardi e in Italia oltre 16. Oltre due terzi sono stati investiti in Italia e intendiamo andare avanti su questa strada». Ma dietro alle aperture, rispuntano le frizioni. Montezemolo ci tiene infatti a ribadire che il gruppo da quando c’è lui «non ha mai ricevuto un euro dallo Stato». Quanto al peso degli incentivi sull’azienda, spiega, «ho visto delle cifre che dicono che sono andati per il 70 per cento alle aziende straniere, solo il 30 per cento alla Fiat. Quindi credo che dobbiamo uscire da un approccio demagogico e guardare alla realtà così com’è».La prima reazione arriva da Roberto Calderoli. «Se la dichiarazione di Montezemolo sul fatto che la Fiat non ha preso un euro», replica il ministro della Semplificazione, «è una barzelletta, allora non fa proprio ridere. Se invece Montezemolo non scherza e parla sul serio, allora la faccenda assume contorni sanitari...». E non si fa attendere troppo neanche la risposta di Claudio Scajola, impegnato tra l’altro durante la giornata nel vertice con sindacati e Fiat per sciogliere i nodi su Termini Imerese. «La Fiat ha saputo crescere in Italia e nel mondo con le sue capacità», dice il ministro dello Sviluppo in serata, «ma anche con l’aiuto dei governi italiani e degli italiani». Al di là delle polemiche, ieri il ministro ha cercato di dare un colpo di acceleratore sul salvataggio di termini Imerese. «È tutto nelle sue mani», ha spiegato Silvio Berlusconi, aggiungendo che «il governo farà di tutto per salvaguardare l’occupazione». Al tavolo tecnico Fiat avrebbe confermato l’intenzione di dismettere lo stabilimento, ma non le tecnologie. È escluso insomma che il Lingotto possa mettersi a fare altre cose che non siano automotive e che possa mettere soldi per il disimpegno di Termini Imerese. Piuttosto, avrebbero detto i rappresentanti della Fiat, meglio cedere la fabbrica “a zero lire”. E dalla casa di Torino sarebbe arrivato anche un rifiuto all’ipotesi di 6 mesi di incentivi, perché non garantirebbe continuità, come invece in Francia dove sono stati garantiti 18 mesi.Il ministero ha comunque nominato Invitalia advisor per esaminare le proposte alternative per il polo industriale palermitano. Intanto, la giunta regionale della Sicilia approverà lunedì un provvedimento per formalizzare una proposta su Termini che sarà poi trasmessa al governo. Soluzioni concrete, per ora, non ce ne sono, anche se sono state confermate le sette manifestazioni di interesse.Al tavolo, che è stato aggiornato al 5 marzo, la Fiat avrebbe anche presentato i numeri dell’impatto sociale della chiusura dello stabilimento. Circa 806 operai dei 1.658 dipendenti della fabbrica siciliana potrebbero accedere alla mobilità con pensione.

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