venerdì 5 febbraio 2010

Aggirato l’ultimatum di Bruxelles: Eni vende i tubi ma si tiene la gestione

Calcolatrice alla mano, la soluzione non fa una grinza. L’Eni evita una multa che sarebbe potuta schizzare fino a 1,5 miliardi e ne guadagna altrettanti attraverso la dismissione di asset. Anche gli americani del fondo Knight Vinke, che da mesi sostengono la necessità di una separazione più netta tra produzione e distribuzione, dovrebbero essere soddisfatti. Eppure, fino all’ultimo il Cane a sei zampe (ma anche il governo) ha battagliato per evitare l’inevitabile. Che il gasdotto “strategico” Tag, che viaggia dalla Russia, attraverso l’Austria, fino all’Italia, fosse destinato ad essere ceduto, con tutta probabilità alla Cdp, lo scrivemmo su queste pagine il 3 di settembre, quando Paolo Scaroni ancora escludeva con decisione l’ipotesi. Ieri, da Bruxelles, è arrivata l’ufficializzazione. L’infrastruttura, ha spiegato l’ad durante una conferenza stampa congiunta con il commissario Ue Antitrust, Neelie Kroes, sarà venduta alla Cassa depositi e prestiti. I dettagli sono ancora tutti da verificare, ma è chiaro che il tentativo è quello di cedere i tubi senza lasciare che finiscano in mano straniera. Per ottenere il via libera della Ue, che punta progressivamente alla realizzazione di una rete internazionale indipendente, Scaroni dovrà invece lasciare in pasto al mercato le quote di Eni nel gasdotto Tnp (che attraverso la Germania porta in Italia il gas dall’Olanda) e Transitgas (che collega l’Italia alla Germania via Svizzera). In questo caso ci sarà un diritto di prelazione rispettivamente in capo alla tedesca E.On e alla Suisse Gas.
«Una scelta dolorosa, ma fatta nell’interesse degli azionisti», ha ammesso l’ad dell’Eni. In realtà, l’operazione non è neanche così dolorosa. «Quello che ci avrebbe fatto veramente male», ha spiegato Scaroni, «sarebbe stato essere costretti a vendere i diritti di trasporto sui tre gasdotti che invece manteniamo». Era questo in effetti il vero timore del Cane a sei zampe: che Bruxelles costringesse il gruppo a cedere il controllo effettivo dell’infrastruttura. Non è così, per ora. L’Antitrust ha accettato la proposta dell’Eni, ma si riserva fino ad aprile per chiudere l’istruttoria. A quel punto Scaroni dovrà vedersela col nuovo commissario Joaquin Almunia. E non è detto che sia un bene.

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