martedì 16 febbraio 2010

Il Governatore piccona le banche

Ricordate la commissione di massimo scoperto? L’odiosa tassa sugli interessi passivi che faceva schizzare improvvisamente alle stelle i costi dei conti correnti in rosso? Dopo un lungo braccio di ferro con il mondo bancario, nel gennaio del 2009, una legge dello Stato ne ha vietato l’applicazione. Ebbene, a dodici mesi di distanza in un caso su tre le spese sono addirittura aumentate. Il sospetto, a dire il vero, era venuto a molti. Ieri, dal Forex di Napoli, è arrivata la conferma.
Intervenendo al tradizionale convegno degli intermediari finanziari, Mario Draghi ha diffuso i dati di un’indagine effettuata da Bankitalia sull’82% dei conti correnti offerti alla clientela. Le commissioni, ha spiegato il governatore, hanno visto una riduzione in media, ma «per circa un terzo dei casi l’onere è invece aumentato». Con l’aggravante che è diventato quasi impossibile accorgersene, perché «la varietà di commissioni introdotte in sostituzione ha ridotto il grado di comparabilità del costo dello scoperto di conto».
Di qui la «necessità» di un nuovo intervento legislativo «che superi le incertezze interpretative del precedente». A tale scopo Bankitalia inoltrerà nei prossimi giorni al governo «una proposta organica di disciplina che porti a oneri espressi con chiarezza».
Compito delle banche sarà invece quello di procedere con rapidità a riallineare premi e bonus dei manager con quanto stabilito dal Financial stability board. Già dalle prossime assemble, ha ammonito Draghi, «le relazioni dovranno contenere informazioni esaurienti e dati puntuali circa l’effettivo adeguamento dei contratti e dei sistemi di incentivazione alla normativa». Questo, anche perché «gli utili conseguiti devono essere prioritariamente impiegati nel rafforzamento patrimoniale» previsto dalle nuove regole di Basilea piuttosto che finire nelle tasche dei banchieri. E la guardia deve restare alta, perché la redditività del credito italiano è nettamente peggiorata «di pari passo con il deterioramento della qualità dei loro prestiti». Nei primi nove mesi del 2009 gli utili si sono dimezzati rispetto allo stesso periodo del 2008, mentre il flusso di nuove sofferenze, nel terzo trimestre, ha superato il 3%, valore più elevato degli ultimi dieci anni.
E preoccupante è anche la situazione complessiva del Paese. L’Italia è entrata nella crisi globale con una crescita bassa e ne sta uscendo con lo stesso ritmo di sviluppo, inferiore ai Paesi europei. A zavorrare la ripresa, secondo il governatore, sono la mancanza di riforme strutturali, che «da quindici anni frena la competitività italiana», e la disoccupazione. La forza lavoro «forzatamente inoperosa è elevata e crescente» e finché non ci sarà un’inversione di tendenza «permane il rischio di ripercussioni sui consumi, quindi sul prodotto interno lordo». Draghi è però fiducioso sulla solidità dell’euro, che rappresenta anche una garanzia per il rientro della crisi di Atene. L’Italia dei primi anni Novanta, del resto, era in condizioni economiche «peggiori» di quanto non lo sia attualmente la Grecia, eppure è riuscita ad uscire dalla crisi con le proprie forze.
E in tema di misure di sostegno all’economia il numero uno di Via Nazionale ha invitato le banche ad essere attente nell’esaminare le domande di rientro, al fine di individuare e segnalare operazioni sospettabili di riciclaggio. Cosa che finora è avvenuta in misura troppo «esigua» rispetto alle dimensioni del fenomeno.

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