Diventa sempre più puntuto il confronto tra il Lingotto e Palazzo Chigi. La minaccia, neanche troppo velata, di chiudere i rubinetti degli incentivi auto se la Fiat non collaborerà su Termini Imerese ha provocato ieri la sortita di Sergio Marchionne, affidata alle pagine “amiche” della Stampa. «Sono agnostico sugli incentivi: il governo faccia la sua scelta e noi la accetteremo senza drammi», si legge nell’intervista all’ad della Fiat, «ma abbiamo bisogno di decisioni in tempi brevi e di uscire dall’incertezza, poi saremo in grado di gestire il mercato e la situazione qualunque essa sia». Non si fa attendere la risposta, piccata, del premier. «Stiamo esaminando la possibilità di erogare incentivi al settore automobilistico», dice Silvio Berlusconi durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, ma «pare che il principale produttore di auto italiano, la Fiat, non sia interessato ad averli».
Insomma, alla vigilia dell’incontro cruciale tra governo, azienda e sindacati, che oggi dovrebbe sciogliere i nodi su Termini Imerese, al dialogo si sostituisce lo scontro. «Bisogna avere il coraggio», rincara la dose il presidente del Senato, Renato Schifani, «di dire basta ad elargizioni statali se non vengono salvaguardati i posti di lavoro e i presidi industriali». La chiusura di Termini Imerese, prosegue il numero uno di Palazzo Madama, «sarebbe un fatto scellerato». Ancora più esplicito il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli: la Fiat «ha preso i soldi e ora scappa».
A stretto giro arriva la controreplica di Marchionne. Più che «palliativi», è il pensiero che il manager affida ad una nota stampa, serve una «forte seria politica industriale per l’auto». Perché «rinnovare i bonus non farebbe altro che rimandare il problema alla prossima scadenza». Poi Marchionne va oltre, sottolineando che «l’eventuale scelta del governo di non rinnovarli ci trova pienamente d’accordo». Secondo il numero uno del Lingotto, «come già ufficialmente detto la scorsa settimana comunicando le previsioni sui risultati del gruppo per il 2010, la Fiat è in grado di gestire la situazione, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista industriale, anche nello scenario più pessimistico». Resta inteso, o sottinteso, che nello scenario pessimistico il governo può anche dire addio al surplus di produzione in Italia e al salvataggio degli impianti non competitivi come Termini.
Al fianco del Lingotto scende in campo Emma Marcegaglia. «Mi pare», dice la presidente di Confindustria, «che la posizione di Marchionne sia quella di una richiesta di stabilità e di certezza». Il problema, continua la Marcegaglia tentando di riportare il ragionamento sulle questioni concrete, «non è tenere in piedi stabilimenti non efficienti. Il problema serio, sul quale dobbiamo tutti lavorare, è reimpiegare le persone che rischiano di perdere il posto di lavoro». Ed è su questo, secondo il leader di Viale dell’Astronomia, che «serve l'impegno di Fiat, serve l’impegno nostro e serve l’impegno del governo e mi pare che ci siano proposte su cui si sta ragionando». In ogni caso, dice ancora, legare la chiusura di Termini Imerese all’erogazione o meno di incentivi «non risolve realmente» la situazione in atto. Diversa l’opinione delle piccole imprese. «Gli incentivi devono essere necessariamente legati a delle garanzie», dice il presidente di Confapi, Paolo Galassi, aggiungendo che «è l’azienda che resta in Italia e che si impegna per il bene del Paese che va sostenuta, non quella che porta produzione e occupazione all’estero». Sul fronte degli aiuti, prosegue Galassi, «lo Stato in un certo senso dovrebbe agire da imprenditore e premiare solo quelle imprese che rappresentano un buon investimento, che apportano cioè un contributo economico-sociale al paese che le nutre».
libero-news.it