venerdì 5 febbraio 2010

Scajola puntella Termini. Berlusconi difende gli operai di Alcoa

Di concreto, per ora, c’è poco. Ma l’ottimismo non manca. «Abbiamo riannodato le fila per una collaborazione tra governo, Fiat e parti sociali», dice Claudio Scajola al termine dell’incontro al ministero dello Sviluppo economico per sciogliere i nodi sul futuro degli impianti del Lingotto, a partire da Termini Imerese la cui chiusura è prevista per il 2011. Ed è proprio sullo stabilimento siciliano che sono arrivate le principali novità. Sul piatto, ha annunciato il ministro, ci sono 6-7 proposte. Progetti su cui la task-force costituita dallo Sviluppo Economico e dalla Regione siciliana mantiene ancora «il riserbo» in attesa di valutarne «l’effettiva consistenza». Il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, ha però anticipato che ci sono anche alcune proposte per la produzione dell’auto e non solo per l’assemblaggio. Di sicuro, ha precisato il presidente, la Regione «non concederà autorizzazioni per la grande distribuzione. Nessuno pensi di metterci Auchan».
La strada sarebbe dunque sbarrata per Ikea, il cui nome è comunque circolato. Tra le altre offerte, oltre alla proposta del fondo Cape del finanziere Simone Cimino con il suo progetto eco-compatibile, ci sarebbero quelle di un’azienda cinese che produce auto e dell’imprenditore Gian Mario Rossignolo.
La Fiat da parte sua si è detta pronta «ad aiutare e sostenere proposte di riconversione da parte della Regione Sicilia per mantenere in vita l’occupazione, anche quando la produzione cesserà». In quest’ottica il Lingotto ha confermato anche la propria disponibilità a cedere la fabbrica. L’importante, ha chiarito Scajola, è che ci sia «uno sforzo comune tra tutti i soggetti perché si realizzino gli obiettivi di non perdere occupazione e produzione a Termini Imerese». Obiettivi su cui il governo non mollerà la presa, visto che nel 2013 la Sicilia, roccaforte del Pdl, tornerà al voto, e nessuno ha voglia di affrontare una campagna elettorale con le piazze piene di operai disoccupati in rivolta. Stesso rischio che si sta profilando in Sardegna, dove non a caso Silvio Berlusconi è intervenuto ieri personalmente per tentare di convincere Alcoa a non chiudere la produzione. Con una lettera, Berlusconi chiede al presidente e ad di Alcoa, Klaus Kleinfeld, di «conservare la produzione in Italia». Più tardi l’azienda ha fatto sapere che risponderà privatamente al premier e che giudica «costruttive le proposte del governo italiano». Scajola ha riconvocato tutte le parti per il 5 febbraio. In quell’occasione, «il tavolo tecnico esaminerà le diverse ipotesi di sviluppo di Termini Imerese». Ma questo sarà solo il primo passo. Il ministro ha infatti sottolineato che «appena saranno pronti i piani industriali per gli stabilimenti della Fiat in Italia allora si discuterà anche degli investimenti per i due terzi degli 8 miliardi che il gruppo dovrà investire nel prossimo biennio». Tenendo comunque presente che il Lingotto «è un asset fondamentale per il Paese».
Quanto al capitolo incentivi, la decisione verrà presa in sede europea ma arriverà «in tempi brevi». E il percorso vedrà il «coinvolgimento anche delle forze sociali, per tornare presto a condizioni di mercato». I rappresentanti del Lingotto presenti all’incontro hanno in ogni caso voluto sottolineare che «la Fiat non è un’azienda assistita e che il governo è totalmente libero di decidere per il bene del Paese». La sospensione del giudizio, mista a scetticismo, è, per ora la posizione dei sindacati, che hanno però apprezzato i segnali di distensione arrivati anche da Termini, dove Delivery Mail, la ditta dell’indotto Fiat, ha ritirato le lettere di licenziamento per i 18 lavoratori, 13 dei quali da dieci giorni sono sul tetto dei capannoni. Per gli operai, che hanno messo fine alla protesta, si profila ora la cassa integrazione in deroga.
Il clima di collaborazione emerso dal vertice col governo è immediatamente rimbalzato nelle sale operative di Piazza Affari, dove il titolo Fiat è tornato sopra i 9 euro con un rialzo del 4,16%.
Meno bene è andata la giornata di Finmeccanica, che ha chiuso le contrattazioni in calo del 3,55%. A deludere il mercato, oltre alle stime per il 2010 inferiori alle attese, anche l’annuncio del direttore finanziario che «il gruppo potrebbe mandare in cassa integrazione 1.500 persone».

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