mercoledì 24 febbraio 2010

Frode da due miliardi: 56 arresti per riciclaggio

Pochi spiccioli che iniziano a girare vorticosamente attraverso decine di società fittizie con l’unico scopo di succhiare soldi al fisco. È questo, in estrema sintesi, il meccanismo che ha portato la procura di Roma a spiccare 56 mandati d’arresto nei confronti di altrettanti manager e dirigenti per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio. L’operazione, secondo il capo della Direzione distrettuale antimafia, Giancarlo Capaldo, è «una delle più colossali frodi poste in essere nella storia nazionale». L’inchiesta, scaturita dalle indagini del Ros dei Carabinieri e del nucleo di Polizia valutaria della Guardia di Finanza ruota intorno a due società di telefonia: Fastweb e Telecom Italia Sparkle (controllata di Telecom che si occupa del traffico telefonico verso l’estero).Le due aziende, si legge nel decreto del gip di Roma Aldo Morgigni, «fungevano consapevolmente da cassa dalla quale estrarre le somme di denaro oggetto di successivo riciclaggio». Nascono da qui i provvedimenti di custodia cautelare più pesanti. In particolare, quelli piovuti sulla testa di Silvio Scaglia, ex fondatore di Fastweb (che risulta al momento latitante ma secondo i suoi legali si renderà disponibile quanto prima per gli interrogatori) e di Riccardo Ruggiero, ex ad di telecom Italia Sparkle. Ma tra gli indagati, oltre a molti dirigenti delle due società, c’è anche Stefano Parisi, attuale ad di Fastweb, nonché il senatore del PdL Nicola Di Girolamo, di cui i pm hanno chiesto l’arresto anche per la violazione della normativa elettorale con l’aggravante mafiosa.Le false fatturazioniI provvedimenti del giudice delle indagini preliminari, riguardano una frode Iva da quasi 400 milioni messa in atto in due operazioni distinte. La prima nel 2003, la seconda dal 2005 al 2007. Le indagini avrebbero accertato che i capitali illegali, riciclati attraverso un sofisticato circuito internazionale finanziario e bancario, provenissero da una serie di transazioni commerciali fittizie di servizi telefonici.Ed è qui che entrano in gioco le società di tlc. Le operazioni, infatti, secondo gli inquirenti, sarebbero state realizzate con la compiacenza degli ex vertici di Fastweb e Telecom Italia Sparkle, attraverso società di comodo di diritto italiano, inglese, panamense, finlandese e lussemburghese. Nel dettaglio, il riciclaggio veniva realizzato attraverso la falsa fatturazione di servizi telefonici e telematici inesistenti, venduti mediante due successive operazioni commerciali a Fastweb e Telecom Italia Sparkle dalle società Cmc, Web Wizzard, I-Globe e Planetarium. Due le operazioni illecite individuate dagli investigatori: la commercializzazione di schede telefoniche prepagate e la commercializzazione di servizi a valore aggiunto per adulti attraverso servizi di interconnessione internazionale per il trasporto di traffico telematico. In entrambi i casi, si legge ancora nell’ordinanza del gip, i dirigenti delle società di telefonia avevano «piena consapevolezza della inesistenza dei rapporti commerciali sottostanti alla emissione di documentazione fiscale e della utilizzazione di detta documentazione al solo scopo di appropriarsi in tutto o in parte, per proprio conto o per conto delle società amministrate, dell’Iva sottratta all’Erario».La frode caroselloEd è proprio sull’Iva che gira tutto l’ingranaggio chiamato “frode carosello”. Il primo acquisto fittizio, spiegano a Libero dal Nucleo di Polizia valutaria, «avviene sempre dall’Italia verso una società europea, per evitare il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto in base alle normative comunitarie». Poi entrano in gioco Fastweb e Telecom che acquistano a loro volta il servizio fittizio. Di qui parte il vortice di fatturazioni false, attraverso il quale, ad ogni passaggio, ogni azienda può accumulare crediti fiscali nei confronti dello Stato senza che nessuno versi mai un euro di tassa. Un po’ come se un libero professionista acquistasse un’auto per lavoro, pagasse l’Iva al concessionario, poi la detraesse al momento di pagare le tasse senza però che il venditore paghi mai la sua quota di Iva versata dall’acquirente al momento della transazione. Di fatturazione in fatturazione la somma lievita. Al punto che, dicono dalla Gdf, «dalle due operazioni iniziali di 800mila euro e 1,7 milioni si arriva ad un giro complessivo di fatturazioni fittizie di 1,8 miliardi». Su questa cifra, l’Iva intascata dagli indagati sarebbe di 365 milioni. Ma il trucco non finisce qui. Attraverso le vendite e i riacquisti le società avrebbero anche migliorato i bilanci, aumentando i fatturati e ricavando utili che le Fiamme Gialle avrebbero quantificato in 96 milioni. Al vertice dell’organizzazione criminale ci sarebbero stati, secondo gli inquirenti, Gennaro Mokbel, legato in passato ad ambienti della destra eversiva, e la moglie Giorgia Ricci. Il meccanismo delle frodi Iva sarebbe invece stato ideato dal consulente finanziario Carlo Focarelli. Gli arresti e i sequestri per centinaia di milioni hanno interessato, in Italia, Lazio, Umbria, Toscanala, Lombardia e Calabria, e all’estero, Stati Uniti, Francia, Svizzera, Lussemburgo, Regno Unito, Hong Kong. E provvedimenti potrebbero essere in arrivo anche per le due società coinvolte. I pm hanno infatti chiesto il commissariamento sia di Fastweb che Telecom Italia Sparkle in base alla legge 231 del 2001 che prevede sanzioni per le società che non predispongono misure idonee ad evitare reati da parte dei propri dipendenti da cui traggano vantaggio. Il gip si pronuncerà il 2 marzo. Sia Telecom Italia che Fastweb, ovviamente, si ritengono assolutamente estranee ai fatti nonché parti lese.

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