martedì 11 maggio 2010

L’Italia cala l’asso. Un fondo europeo contro la crisi

Un Fondo comune contro la crisi. Ma anche contro le bizze della Germania, che dopo aver fatto raddoppiare l’entità degli aiuti alla Grecia con i suoi ritardi, è poi salita in cattedra presentandosi come il pilastro della stabilità comunitaria. È questa la proposta con cui Silvio Berlusconi si è presentato ieri al vertice straordinario dei capi di Stato e di governo che si è tenuto a Bruxelles per decidere le contromosse alla bufera di Atene. E c’è poco tempo da perdere  perché, come ha sottolineato il premier italiano ai capi dell’Eurozona, «siamo in un momento di emergenza», ha sintetizzato nel corso del vertice che è andato avanti fino a notte fonda, e «occorre prendere delle decisioni».

L’idea di Tremonti
L’idea del Fondo monetario europeo è un vecchio pallino di Giulio Tremonti, che lo propose nel 2008 come strumento per fronteggiare i fallimenti delle banche. Allora il piano fu seccamente bocciato da Angela Merkel, che riteneva più conveniente lasciare gli Stati membri liberi di intervenire singolarmente. A conti fatti, la convenienza fu solo dell’Italia, che pure aveva proposto lo strumento comune. A fronte dei nostri interventi nel sistema bancario sotto l’1%, l’Europa ha investito in media il 13% del Pil, la Francia il 7 e la Germania l’11.
È forse anche per questo che qualche settimana fa il premier tedesco è sembrato più favorevole alla proposta. In realtà, secondo i maligni, il sostegno della Merkel non era altro che un modo per confondere un po’ le acque e prendere tempo in attesa di sviluppi che forse si stimavano meno drammatici. La situazione è, ora, ben diversa. La Merkel, messa all’angolo dalla crescente pressione degli altri Stati membri ma soprattutto da un’esposizione bancaria e assicurativa verso la Grecia di ben 45 miliardi, ha dovuto far ingoiare agli elettori un piano triennale da 22,4 miliardi.
C’è da scommettere che a pagare non saranno solo i contribuenti tedeschi. Non è un caso che la Merkel si sia presentata di fronte al Bundestag avvertendo che nessuna decisione sulla Grecia sarebbe stata presa senza o contro la Germania. «Il patto di stabilità», ha poi sottolineato il Cancelliere, «deve essere riformato in modo tale che non possa essere più violato» e la Germania «avrà una particolare responsabilità in questo processo di riforma».
L’idea della Merkel è parsa abbastanza chiara a tutti: riportare a Berlino il pallino delle decisioni europee dopo aver dimostrato che senza i soldi tedeschi non si va da nessuna parte. Del resto, è lì che i mercati vanno a guardare quando si tratta di confrontare il differenziale dei rendimenti dei titoli di Stato (il famoso spread con il Bund tedesco) per valutare l’affidabilità del debito.

L’egoismo tedesco
Il tentativo della Merkel non troverà però consensi con tanta facilità. L’irritazione franco-italiana per “l’egoismo” della Germania nel gestire una crisi che ieri il numero uno della Bce, Trichet, ha definito «sistemica», non sarà superata facilmente. Solo giovedì scorso il ministro dell’Economia ha puntato il dito proprio contro Berlino, avvertendo «che nessuno è immune dai rischi», neanche quei Paesi che ritengono di «essere passeggeri con biglietto di prima classe». La Germania dovrà, poi, fare i conti con l’asse tra Berlusconi e Sarkozy, diventato sempre più saldo grazie all’intesa su alcuni dossier strategici su gas, nucleare e infrastrutture, che avrebbe ben poco da guadagnare da un’Europa berlinocentrica.

La sponda di Obama
Per uscire dall’isolamento la Merkel ha cercato e trovato la sponda di Barack Obama, che ieri si è detto in piena sintonia con il cancelliere tedesco. Ma la partita è solo all’inizio. L’iniziativa di Berlusconi di un Fondo anti-crisi, magari finanziato attraverso l’emissione di “titoli comunitari”, potrebbe sparigliare le carte e togliere alla Germania la regia delle operazioni. Nessuno, d’altra parte, vuole che sia la Merkel a fare la lista dei cattivi.
Una stretta sulla vigilanza dei deficit più elevati e nuove manovre correttive per i Paesi più esposti saranno difficilmente evitabili. Si tratta però di capire quale sarà il perimetro delle nuove regole. E se le «misure chiare, concrete ed efficaci» invocate dal premier serviranno a difendere l’Europa o solo i «passeggeri di prima classe». Non è escluso che il Cavaliere, com’è già successo, riesca a far salire tutti nello stesso vagone.

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