«Continua così, vai avanti sulla tua strada, devi stare sereno, sono con te». Sono le parole di Silvio Berlusconi a chiudere il giovedì nero di Scajola. Una giornata difficile, iniziata con il forfait del ministro al convegno organizzato dal Gse sul nucleare. Un appuntamento cui teneva molto, ma che lo avrebbe esposto al fuoco di fila dei giornalisti sulla vicenda trapelata dall’inchiesta di Perugia sul G8. Al posto del previsto intervento il ministro ha diffuso alle agenzie una nota infuocata. «Nella vita possono capitare cose incomprensibili», scrive Scajola, «e questa è addirittura sconvolgente. Colpisce con una violenza senza precedenti il mio privato e la mia famiglia. Registro un attacco infondato e senza spiegazione, per una vicenda nella quale non sono indagato, a danno di chi lavora tutti i giorni per difendere, nel suo ruolo, le ragioni e gli interessi del nostro Paese». Una risposta meditata e sofferta, quella del ministro, che spiega di «non poter dire nulla sul merito di quanto apparso sui giornali per rispetto alla magistratura che sta lavorando». Poi Scajola dice di non essere abituato «alle dietrologie» e quindi di non voler credere «che dietro a tutto questo vi siano oscuri manovratori o disegni preordinati». Detto questo, «resta la grande amarezza per il fatto che si sia arrivati a coinvolgere addirittura i miei figli». In ogni caso, conclude Scajola, «non mi lascio intimidire. La mia coscienza è pulita. Proseguo con la massima serenità il mio lavoro».
La stessa serenità cui lo ha invitato il premier dopo un incontro a Palazzo Grazioli di circa mezz’ora. Incontro che è stato accompagnato da un tam tam di indiscrezioni, telefonate e chiacchiericci sul futuro del ministro. Non pochi, durante quei trenta minuti, si aspettavano un esito clamoroso della vicenda.
Del resto, non è un segreto che la Lega sia rimasta delusa dallo scambio Zaia-Galan all’Agricoltura, che ha lasciato il Carroccio con una presenza assai ridimensionata nella squadra di governo. Tanto più che Scajola è stato inserito più volte nel valzer dei ministri che sarebbero finiti nel tritacarne del cosiddetto “rimpastino”. Per lui si era ipotizzato un ritorno al coordinamento del partito. Di sicuro, però, non in questo modo. Per ora dal Pdl è arrivata tutta la solidarietà possibile. Oltre a quella di Berlusconi, anche La Russa, Brambilla, Rotondi, Matteoli, Bondi e Cicchitto si sono affrettati a schierarsi al fianco di Scajola. Dalle opposizioni, chiaramente, sono fioccati gli attacchi. Per Antonio Di Pietro il ministro si deve dimettere immediatamente. Il Pd, per il momento, si accontenterebbe dei chiarimenti.
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