Giovedì greco in Borsa. Ovvero: si salvi chi può. La nube della speculazione, complice l’allarme lanciato da Moody’s, che ha allineato le banche del nostro Paese a quelle spagnole, portoghesi, irlandesi e della Gran Bretagna, si è allargata a macchia d’olio su tutti i listini (tranne, curiosamente, Atene) scatenando il panico mondiale tra gli investitori. La paura ha varcato anche l’oceano, facendo oscillare Wall Street come una nave in tempesta. E facendo riaffiorare lo spettro di una crisi che Barack Obama pensava di essersi lasciato alle spalle.
A picco sono andate, tra le altre, anche Parigi (-2,2%), Londra (-1,5%), Madrid (-3%), Lisbona (-2,1%), Dublino (-2,4%), Francoforte (-0,8%). Ma il colpo più duro è arrivato sul listino di Milano. Piazza Affari, dove il peso dei titoli bancari è preponderante, ha chiuso con un crollo dell’indice Ftse Mib del 4,2% piombando ai minimi degli ultimi dieci mesi in una seduta che ha richiamato alla mente i collassi che hanno accompagnato il fallimento di Lehman Brothers. Colossi bancari come Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno chiuso con ribassi superiori al 7% dopo aver toccato minimi dell’11%. Le vendite non hanno risparmiato nessuno: Telecom è crollata del 6,2%, Generali del 5,3%, l’Eni del 3,4%.
Ma sotto pressione sono finiti anche i titoli di Stato italiani per i quali si continua ad allargare il differenziale di rendimento (spread) rispetto alle obbligazioni tedesche. Quello tra il Btp decennale e il Bund è salito oltre i 150 punti base, ai massimi dall’inizio del 2009. Ancora più ampia la forchetta sulle scadenze a due e cinque anni che non ricordavano spread così elevati da prima dell’introduzione dell’euro.
I timori di contagio allineano ormai le oscillazioni giornaliere del rendimento dei titoli di Stato italiani a quelli agli altri Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). Il differenziale Bund-Btp decennale è aumentato ieri di circa 30 punti base, in linea con i movimenti di Irlanda e Spagna e un po’ meno dei 40 del Portogallo. Ma se ieri gli investitori si sono accaniti sull’Italia, è tutta l’area euro che resta in balia della speculazione. Come dimostra la caduta libera della moneta unica, che nel corso della giornata è piombata sotto la soglia di 1,26 sul dollaro, ai minimi dal 10 marzo 2009, e a quota 1,4 contro il franco svizzero, un livello mai raggiunto dalla nascita della moneta unica nel 1999. E come dimostra l’andamento delle altre borse, tutte in deciso calo, con la singolare eccezione di Atene. Il risultato è, per ora, catastrofico. I listini del Vecchio Continente hanno bruciato 140 miliardi di euro martedì, 46 mercoledì e 71 ieri, per un totale di 257 miliardi.
Ma il contraccolpo si è fatto sentire con forza anche fuori dall’Europa. La giornata di ieri si è aperta con il crollo di Tokyo. La Borsa giapponese, dopo tre giorni di chiusura per festività, ha terminato la seduta in flessione del 3,27%. In serata l’effetto Grecia ha raggiunto gli Stati Uniti. A Wall Street il finale di seduta si è praticamente svolto sulle montagne russe, con i listini che a poco più di un’ora dal termine delle contrattazioni sono finiti in una spirale negativa che ha portato il Dow Jones a cedere quasi il 9%, scivolando al di sotto della soglia dei 10mila punti prima di recuperare terreno. Gli investitori hanno ceduto alla paura e al timore che la ripresa economica possa essere messa a rischio. Preoccupazioni accresciute dalle nuove richieste di sussidi di disoccupazione (un calo di 7mila unità rispetto alle 8mila previste), dai dati sulle vendite al dettaglio (salite ad aprile dello 0,5% contro le attese dell’1,7%) e soprattutto dall’annuncio fatto in mattinata da Freddie Mac, che ha chiesto ad Obama altri 10,6 miliardi di dollari facendo salire il conto del salvataggio a 61,3 miliardi di dollari. Alcuni puntano l’indice anche su un possibile errore materiale di un trader, che nell’ordine di vendita avrebbe digitato una “b” di billion al posto di una “m” di million mandando in tilt il sistema. Fatto sta che nel giro di pochi minuti si è scatenata un’ondata furiosa di vendite che ha portato i listini di Wall Street ad annullare i guadagni di un anno. La bufera è poi rientrata, ma solo parzialmente. Il Dow Jones ha infatti chiuso in calo del 3,23%, mentre il Nasdaq ha lasciato sul terreno il 3,44%.
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