venerdì 7 maggio 2010

Riparte il lavoro: 50mila posti in più

La buona notizia è che la disoccupazione rallenta la sua corsa. La cattiva è che le piccole imprese fanno ancora molta fatica a salire sul treno della ripresa.
Complessivamente il quadro fornito ieri dal rapporto realizzato da Unioncamere per l’ottava Giornata dell’economia lascia intravedere più di uno spiraglio di ottimismo per i prossimi mesi. Tra gennaio e marzo le Camere di commercio hanno registrato 123 mila aperture di imprese, 4.700 in più rispetto allo stesso periodo del 2009. Dato che rappresenta una decisa inversione di tendenza rispetto agli ultimi due anni in cui le imprese iscritte nel primo trimestre erano diminuite di circa 12 mila unità. Sul fronte occupazionale, pur a fronte di prospettive ancora negative, la flessione prevista per il 2010 (circa 173 mila dipendenti in meno, con un calo dell’1,5%) dovrebbe essere meno accentuata rispetto a quella dello scorso anno (-2%). Alla stima si arriva ipotizzando 820 mila assunzioni, con un incremento di circa 50 mila posti di lavoro (in gran parte personale qualificato) rispetto al 2009, mentre dovrebbero restare più o meno stabili le uscite.
La frenata della disoccupazione è chiaramente il frutto di una debole ripartenza dell’economia. A partire dall’industria. Le previsioni per il secondo trimestre del 2010 sembrano, secondo Unioncamere, confermare «il graduale ma deciso percorso di recupero manifatturiero intrapreso a partire dalla seconda metà del 2009. I risultati conseguiti tra gennaio e marzo hanno infatti superato i picchi fortemente negativi dell’anno precedente. Il treno della ripresa tocca, però, solo marginalmente le piccole e le micro-imprese, che rischiano di dover annaspare ancora a lungo. I miglioramenti rilevati da Unioncamere riguardano infatti principalmente le imprese sopra i 50 dipendenti, che hanno chiuso il trimestre sostanzialmente in pareggio (0% la produzione, -0,3% il fatturato). Al di sotto, seppure senza raggiungere i cali di fatturato a doppia cifra del 2009, i ricavi e la produzione sono scesi del 4,5%.
Anche sul commercio le imprese procedono a doppia velocità. Anche grazie al decreto incentivi che ha sostenuto soprattutto le aziende di grandi dimensioni. A soffrire maggiormente sono le piccolissime imprese. In particolare quelle sotto i 20 dipendenti, che nel primo trimestre dell’anno hanno visto un calo delle vendite del 3,9% rispetto al meno 0,3% registrato invece dalle aziende più grandi. «Se la componente più dinamica del nostro sistema imprenditoriale potrebbe uscire irrobustita da questa fase così difficile», ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello, «restano alte le difficoltà delle imprese più piccole, in particolare quelle artigiane». Sarà fondamentale, in questa fase, riaprire i rubinetti del credito. E spingere le banche a una maggiore attenzione verso il territorio.
«Preoccupa, infatti», ha sottolineato Dardanello, «che il miglioramento degli indicatori dipenda in buona parte da una riduzione della domanda di credito, più che da una maggiore e migliore offerta». Gli imprenditori, insomma, hanno messo mano al portafoglio. Una scelta di responsabilità, secondo il presidente di Unioncamere, «che però non rappresenta certo una soluzione sostenibile».

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