giovedì 29 aprile 2010

Caltagirone sfratta i francesi da Acea

Meno francesi e più privati. È questa la ricetta di Francesco Gaetano Caltagirone per rilanciare l’Acea. Fresco della vicepresidenza pesante conquistata alle Generali e forte del suo 10% e rotti di capitale, l’imprenditore romano ha finalmente scoperto le carte. Per mesi si è parlato dei suoi progetti nella multiutility, dei rastrellamenti di azioni, dei dissapori con i soci d’Oltralpe. Il chiarimento è arrivato ieri, fuori dai denti, dallo stesso Caltagirone. «Siamo assolutamente scontenti della joint venture tra Acea e Gaz de France», ha spiegato senza mezzi termini l’imprenditore nel corso dell’assemblea della Caltagirone spa.
Nessuna strategia, nessun complotto. Solo numeri. Quelli relativi ai risultati del settore elettrico, gestito dalla coabitazione Acea-Electrabel. «Facendo riferimento al bilancio 2008», ha tuonato Caltagirone, «questo segmento del business partecipa solamente al 12% dell’utile di Acea pur avendo un fatturato pari a più del doppio di quello dell’acqua». L’affondo di Caltagirone arriva proprio mentre la società, dopo mesi di braccio di ferro, ha messo sul piatto una richiesta di risarcimento contro i francesi che potrebbe arrivare anche a un miliardo di euro per aver violato gli accordi previsti dall’alleanza. Difficile ricostruire tutti i passaggi e tutte le spinte che nel corso degli ultimi due anni hanno portato alla rottura tra la società romana e il colosso pubblico dell’energia d’Oltralpe. Di sicuro, però, le parole usate ieri dal secondo socio di Acea (dopo il Comune, che controlla il 51%) dimostrano che il negoziato passa ormai anche per l’imprenditore.
A rappresentare Caltagirone nel nuovo consiglio di amministrazione di Acea che sarà votato oggi dall’assemblea ci sarà il figlio Francesco, presidente di Cementir, e l’ex commissario Consob, Paolo di Benedetto. Le trattative con i francesi (anche loro avranno due rappresentanti) riprenderanno il prossimo 3 maggio, nel corso della prima riunione del cda dopo l’insediamento. L’accordo sembra ancora lontano, ma su una cosa i due contendenti la pensano allo stesso modo. Nessuno ha intenzione di arrivare fino in fondo sulla strada di un arbitrato internazionale che potrebbe congelare l’attuale situazione per oltre due anni.
Ma lo stimolo di Caltagirone non si limiterà alla partita francese. Ieri l’imprenditore romano ha infatti puntato il dito anche su una gestione troppo attenta alla politica e poco all’efficienza. «Serve un grande riordino», ha detto durante l’assemblea della capogruppo che, malgrado la crisi, ha confermato la cedola a 0,08 euro.  «Il fatto che Acea sia stata per anni pubblica», ha aggiunto, «e che sia adesso per metà pubblica ha creato delle cattive abitudini ed ora c’è bisogno di una iniezione di cultura privata». A fronte di queste richieste, ha detto, ci saranno «tante proteste e tante agitazioni, ma noi vogliamo la politica fuori dall’azienda». Caltagirone si è detto consapevole che «portare questa cultura in questa azienda è una enorme fatica», ma ha però promesso che farà sentire la sua voce, «dal momento che abbiamo dalla nostra parte la ragione e la legge». Quanto al fatto che il gruppo sia salito a oltre il 10% malgrado la sterilizzazione dei diritti di voto all’8%, nessun mistero: «Vuol dire solo che crediamo nell’azienda e che facciamo una scommessa economica». In molti restano comunque convinti che le manovre dell’imprenditore siano già proiettate sui prossimi mesi, quando gli assetti di Acea saranno comunque rivisti alla luce della cessione del 20% annunciata dal sindaco Gianni Alemanno. Il quale ieri si è sentito in dovere di smorzare le parole di Caltagirone sull’attacco alla politica: «Credo che il suo giudizio fosse riferito a quanto ereditato dal passato, che è francamente inquietante».

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