giovedì 15 aprile 2010

I Benetton lasciano i prodiani. Cerchiai alla guida di Atlantia

Quello schiaffo al progetto fortemente voluto e sostenuto da Romano Prodi non gli è proprio andato giù. Dopo 8 anni passati alla guida della società autostradale italiana è l’unico rimpianto che ieri, lasciando il posto a Fabio Cerchiai, Gian Maria Gros-Pietro ha voluto gettare in pasto ai cronisti: lo sgambetto dell’ex ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, alla fusione tra la società dei Benetton e la spagnola Abertis. Del resto, il legame con Prodi viene da lontano. Fu proprio il professore bolognese, quando nel 1997 era alla guida del governo, a portare Gros-Pietro alla testa dell’Iri in sostituzione di Michele Tedeschi.
A lui Prodi affidò il delicato compito di liquidare l’istituto in un triennio di rimodellare, attraverso le privatizzazioni, il capitalismo nazionale. «La mancata fusione con Abertis», ha detto, «avrebbe consentito di creare il primo operatore mondiale. È stata una battaglia dura che ha avuto un sotto prodotto positivo: la riaffermazione dei diritti della società concessionaria applicati per legge e a livello europeo».
Al di là di questo, Gros-Pietro si è detto orgoglioso del suo bilancio di presidente di Autostrade prima e Atlantia poi. Poltrona che da oggi, dopo il voto assembleare che ha ratificato le scelte dei Benetton, dovrà lasciare a Cerchiai.
Una sostituzione che ha degli obiettivi ben precisi. La scelta della famiglia di Ponzano veneto è infatti caduta sull’ex numero uno dell’Ania (la società che raccoglie le compagnie di assicurazione) in base ad una logica ben precisa. Che riguarda principalmente il nuovo inquilino del Leone di Trieste.
Da Cerchiai, che delle Generali è stato, impiegato, direttore generale e amministratore delegato dal 1997 al 2002, i Benetton si aspettano un’opera di mediazione e di collegamento tra la holding di famiglia, Sintonia, e gli altri soci di Atlantia. Primo fra tutti Cesare Geronzi, che attraverso il colosso delle assicurazioni detiene il 3,3% della società autostradale. Ma anche la Caritorino di Fabrizio Palenzona, che è l’altro socio di peso di Atlantia con oltre il 6%. Ruolo fondamentale, quello di Cerchiai, dal momento che gli azionisti non sono ancora legati da alcun patto vincolante, malgrado i tentativi dei Benetton, che detengono il 38% del capitale.
Oltre al cambio di vertice, l’assemblea di ieri non ha dovuto esprimersi su questioni di grande rilievo. Con 4,6 miliardi di euro, Atlantia ha una posizione finanziaria solida e «una grandissima serenità» per sostenere un’accelerazione del piano di investimenti, ha spiegato l’ad Giovanni Castellucci. Secondo il quale il gruppo è riuscito a superare con risultati positivi anche «l’anno peggiore della crisi economica», 2010 e 2011 «non saranno altrettanto duri».  Il gruppo, ha aggiunto Gros-Pietro, quest’anno investirà 1,3 miliardi sui 900 chilometri più importanti della rete italiana per «costruire terze, quarte e quinte corsie e permettere agli italiani di viaggiare in condizioni migliori». Per l’estero - dove la presenza del gruppo è aumentata da 104 a 916 chilometri - ci saranno 100-200 milioni, per acquisire partecipazioni utili a consolidare la presenza soprattutto in Cile e Brasile, e più in là anche in India, dove i tassi di crescita sono più elevati. Atlantia lascia alle spalle un 2009 con ricavi per 3.611 milioni (+3,9% sul 2008), mol a 2.204 milioni (+4,2%) e utile netto in flessione del 6% a 691 milioni. Il dividendo sale del 5,1% a 0,746 euro per azione e potrà tornare a crescere del 10% quando la ripresa economica sarà concreta.

libero-news.it